Mario Porqueddu: Graziano Predielis, il simbolo dei «ciclisti urbani»

03 Luglio 2003
L’altro giorno a Milano alla presentazione del libro Critical Mass, l’uso sovversivo della bicicletta, insieme con un politico e un giornalista c'era un tipo che diceva di chiamarsi Graziano Predielis. Sul "Corriere della Sera" del 25 ottobre 2002 è stata pubblicata una lettera - "La città che vorremmo" - firmata Graziano Predielis. "La Repubblica" del 10 maggio scorso ha intervistato un ragazzo che si è presentato come Graziano Predielis e ha svelato l’arcano: "Siamo tutti Graziano Predielis. Il nostro è un nome collettivo". Perché Graziano Predielis, quello vero, è morto investito da un’auto il primo giorno di giugno del 2002.
Lo chiamavano "caramella", per via di un vecchio lavoro: da giovane a Este vendeva dolciumi. Più avanti negli anni, questa volta a Monselice, aveva iniziato a commerciare automobili, marca Peugeot. E a travolgerlo, poco più di un anno fa, è stata proprio una Peugeot. Era sera e Graziano tornava da Este, in sella alla bici, diretto a Baone: un paesino poco più sopra dove, dal 1988, viveva assieme alla moglie Dorina. Al volante dell’auto, una "106" verde, c’era un ragazzo molto giovane. L’ha buttato giù dalla bici e ha trascinato il suo corpo per qualche metro, poi lo ha lasciato per terra con la testa spaccata e una gamba staccata dal tronco.
Graziano Predielis è morto sul colpo: aveva 65 anni, tre figli e altrettanti nipoti, da non molto era andato in pensione. Il ragazzo al volante, A. B., pure lui di Baone, prima è scappato, passando da casa a parlare col padre, poi è ritornato sul luogo dell’incidente. Una stradina stretta che lì si chiama ancora via Meggiaro e poco dopo diventa la provinciale numero 6, "Ca Borin". Il pensionato la percorreva ogni giorno, avanti e indietro, sulla sua bicicletta. Quando l’hanno investito era buio, e il fanale della bici era spento, ma la tragedia è avvenuta proprio sotto un lampione. Dopo i rilievi dei carabinieri, la Procura ha proceduto d’ufficio. A dicembre è iniziato il processo, che non è ancora finito. Quel giovane che guidava la Peugeot 106 ora circola in bici: "I suoi genitori - dicono qui - sembra siano invecchiati di 10 anni".
Dorina Predielis continua ad apparecchiare per tre, ma poi cena soltanto con Pericle, il figlio più grande. Ogni giorno da quando il marito è stato sepolto passa a prendere la cognata per andare con lei al cimitero. Senza immaginare che nel frattempo il suo Graziano è stato "adottato" da alcuni dei tanti ciclisti urbani - in tutto ormai sono migliaia - che da oltre un anno si aggirano per le strade di varie città d’Italia, un po' per segnalare un’alternativa, un po' per protesta e un po' perché a fare così si divertono un sacco.
Un pezzo della storia di quest’uomo, che suo malgrado è diventato un simbolo, è custodito in una busta di plastica verde lievemente spugnosa. E' una busta che sa d’altri tempi e per tenerla assieme ci vogliono i punti della pinzatrice. Monica, figlia di Graziano e Dorina Predielis, la maneggia con cura: "Me la ricordo da sempre. Sono anni che gira per casa". Conserva foto e pagelle, passaporti e biglietti appartenuti a tre generazioni della sua famiglia. Per esempio: in mezzo alle immagini di Graziano Predielis c’è la ricevuta del versamento fatto nel ‘39 da Enrico, suo padre, per la tessera del fascio. "Per forza, altrimenti era olio", dice Monica rimettendola a posto. Monica ha 40 anni e lavora al Comune di Este. E' la seconda figlia di Graziano e Dorina ed è a lei che i fratelli Cristiano, il minore, e Pericle lasciano il compito di raccontare qualcosa del babbo. "Mio padre - ricorda - è nato a Baone il 7 aprile del ‘37. Dopo l’avviamento, le scuole professionali di allora, il primo lavoro lo ha trovato in un panificio. Suo papà, invece, era falegname. Lavorava il ciliegio e qualcuno a Baone se lo ricorda ancora perché faceva le "bagoine", i bastoni per gli anziani". Oggi lei tiene gli anelli in una scatola intagliata dal nonno. "Se fosse dipeso da lui, papà avrebbe messo al mondo una decina di figli - prosegue -. Andava al ritmo di uno ogni 16 mesi, ma la mamma l’ha fermato al terzo. Soldi non ne giravano tanti e in casa lavoravamo tutti. Noi ragazzi, dopo la scuola, papà, che intanto era diventato rappresentante di dolci, e mamma che era cuoca dell’asilo". Poi Graziano aveva iniziato a vendere auto. Le macchine gli piacevano: "Aveva una mini rossa alla quale teneva tanto. Una volta, andando a pescare sul delta del Po, ci siamo saliti in otto. Guidava lui. Al ritorno i carabinieri ci hanno fermato, ma non ci hanno fatto la multa. "Poveri cani", avranno pensato". In chiesa ci andava soprattutto se moriva un amico. "Non era un "basabanchi", un cattolico fervente - dice Monica -. Ma non ha mai bestemmiato, cosa rara da queste parti, e nel portafogli teneva la foto di Padre Pio". In compenso, e su questo è unanime il giudizio del paese, da buon veneto gli piaceva il vino: "Qui, si sa, bevono tutti. Lui la sera spesso andava a Este, al bar del circolo Pci. Ma non credo per passione politica, piuttosto per bere qualcosa in compagnia. Poi, prima di rincasare, comprava un gelato per mamma. Al mattino c’erano le coppette vuote sul comò".
Monica racconta e intanto il tavolo si riempie di foto e vecchie carte. Dalla busta verde esce un’immagine del 1957: nella camerata di una caserma di Bari Graziano fa il "Presentat-arm" in mutande ed elmetto con i compagni del 9° C.a.r. Poi, ecco un libretto con la copertina blu: "Prontuario di elettrotecnica". Sulla prima pagina Predielis ha scritto una frase in latino: "In labore fructum". La storia va avanti. "Papà era un bravo cuoco. Le sue specialità erano trippa e baccalà. Ma si metteva ai fornelli solo la domenica e, dopo, la cucina era un casino. Era goloso di "galanni", frittelle simili alle chiacchiere: a carnevale mamma gliele preparava ripiene di mostarda". E ancora: Graziano amava cacciare. Ha trasmesso la passione al figlio minore, Cristiano, che adesso ricorda: "Da bambino nei giorni di festa, quand’era stagione di caccia, lo sentivo che si svegliava e mi facevo trovare fuori dal bagno. Lui mi dava una pacca sulla spalla e mi diceva: "Dai bocia, andiamo". Il primo fucile me l’ha regalato a 7 anni, calibro otto a doppia canna". Domenica scorsa a Baone hanno inaugurato il primo tratto della pista ciclabile che collegherà il paese alle strade di Este. Quella che forse avrebbe salvato la vita a Graziano Predielis.

Critical mass

"Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico." Con questa affermazione i numerosi esponenti della teoria di Critical Mass (massa critica) rivendicano il diritto di percorrere le grandi città del pianeta andando in massa in bicicletta, per rallentare il traffico e imporre in q…