Marco D’Eramo: Mercante d’armi, e di gladioli

02 Settembre 2003
È vegetariano, è un donatore dell’Unicef: è lettore accanito dei classici russi, ma ama anche gli autori new age tipo Paolo Coehlo e Carlos Castaneda; è ecologo e vorrebbe "prendere uno dei suoi elicotteri e andare nella Russia artica a girare film sulla natura vergine per il National Geographic", ha detto al New York Times (NYT) . Ha 36 anni, è alto uno e 80, con un po’ di pancetta; parla correntemente sette lingue oltre al russo – tutte imparate sul posto, dice: farsi (il persiano moderno), francese, inglese, portoghese, spagnolo, xhosa e zulu; in una delle 87.700 pagine che Google repertoria su di lui, gli viene attribuito un quoziente d’intelligenza elevatissimo (170). Ed è uno dei maggiori mercanti di armi del nuovo mondo sorto dalle ceneri della guerra fredda.
Si chiama Victor Anatolijevic Bout. È nato il 13 gennaio 1967 a Dushanbe, nell’attuale Tajikistan, si è laureato nell’Istituto militare di lingue straniere di Mosca, ha frequentato l’Accademia militare dove ha ottenuto un diploma in economia, ha servito nelle forze armate sovietiche come interprete e navigatore in un reggimento dell’aviazione. Nel 1991, quando l’Urss crollò, era in missione in Angola con l’Onu. Quello stesso anno comprò tre Antonov per 100.000 dollari ("Non mi è mai stato difficile trovare soldi") che affittò a partire da Mosca, con o senza equipaggio. Nel 1993 fondò la compagnia Transavia Export Cargo e spostò la sua base operativa negli Emirati arabi uniti (Eau), nell’emirato di Sharjha. I primi affari li fece con i gladioli sudafricani: li comprava a 2 dollari l’uno a Johannesburg e li rivendeva a 100 dollari l’uno a Dubai, e ogni volo portava un carico di venti tonnellate di gladioli!
Ma Victor Bout in quegli anni commerciava non solo in gladioli. Già dai primi tempi della sua installazione a Sharjha, cominciò a trasportare armi, diamanti, soldati e persino osservatori Onu. Nel 1993 trasportò soldati belgi inquadrati nel contingente Onu in Somalia. Nel 1994 aiutò la Francia nell’"Operazione Turchese" in Ruanda e trasportò lì persino 2.500 truppe d’élite francesi. Fino al 1995 rifornì abbondantemente di armi il generale Massud dell’Alleanza del Nord in Afghanistan, dal cui affare sembra che ottenne un ricavo netto di 50 milioni di dollari: il che deve aver molto contribuito alla grande considerazione che Victor Bout ha ancora oggi per Massud, ucciso nel settembre 2001. Ma nel 1995 l’Alleanza del Nord perse il potere a Kabul, presa dai Taleban. Victor Bout spostò la sua base operativa a Ostenda (molto vicina ad Anversa, il centro del mercato mondiale dei diamanti) e cambiò il nome della sua società in Trans Aviation Network Group. Nel maggio di quell’anno un suo aereo carico di armi per Massud fu intercettato dai Taleban e requisito a Kandahar. L’equipaggio fu tenuto prigioniero per più di un anno, finché Bout trovò un accordo con i suoi nuovi clienti afghani. Quello stesso anno Bout fondò in Liberia un’altra compagnia, Air Cess, di cui sarebbe diventato presidente Charles Taylor, l’appena deposto dittatore liberiano, e che avrebbe trasferito a Ostenda nel dicembre 1996, per ritrasferirla a Sharjha e a Ras-al-Khaimah nel luglio 1997.
Sempre nel 1997 Bout mette su una base operativa in un campo di aviazione abbandonato a Pietersburg, in Sud Africa. Costruisce un impianto refrigerante per surgelare i polli: un pollo surgelato costa un dollaro al chilo in Sudafrica e 10 dollari in Nigeria. Ed è tutto un turbinio di compagnie: nell’agosto 1997 è formata Air Cess Swaziland che si unisce a un consorzio locale, Air Pass. Nel 1998 è registrata in Guinea Equatoriale Cessavia, mentre nella Repubblica dell’Africa Centrale registra Central African Airways. Sempre nel 1998 compare ad Alma Ata, in Kazakhistan la Irbis, una compagnia cargo che non ha aerei ma usa solo vettori Air Cess. Vi sono poi Transavia Travel Cargo, Santa Cruz Imperial, Flying Dolphin, San Air General Trading (la maggior parte dei dati su queste compagnie sono tratti dalla rapporto Onu del 21 dicembre 2000 sul ruolo del trasporto nella violazione delle sanzioni contro l’Unita in Angola). Secondo la Komsomolskaya Pravda (del 2 febbraio 2002), la flotta di Bout comprenderebbe una sessantina di aerei cargo. Nel maggio 1997 è Bout che evacua in Marocco il deposto dittatore dello Zaire, Mobutu Sese Seko. Nel 1999, oltre che polli congelati in Nigeria e gladioli a Dubai, trasporta anche truppe del contingente di pace Onu a Timor Est.
Sono anni di turbinosi affari per Bout che, secondo il Guardian e Frontline, ha almeno cinque passaporti e viaggia sotto le identità di Boutov, Butt, Badd, tutti con Viktor o Victor come primo nome (la polizia di mezzo mondo lo chiama "Victor B."); ma si fa chiamare anche Vadim Aminov e Victor Bulakin; vende e trasporta equipaggiamento minerario, diamanti, kalashnikov, pallottole, elicotteri da combattimento. Il NYT parla di un contratto della San Air General Trading per due elicotteri da guerra russi Mi-8t, quattro lanciamissili e tre lancia bombe (il tutto per un valore di 2 milioni di dollari inclusi i pezzi di ricambio), ufficialmente per la Costa d’Avorio, in realtà per la Liberia. Un solo contratto con l’Unita in Angola valeva più di 15 milioni di dollari: per questo prezzo l’Unita ricevette artiglieria antiaerea, artiglieria da campo, missili anticarro, sistemi missilistici, proiettili di mortaio e 20.000 mine. Si conoscono almeno 38 transazioni in cui Bout ha violato le sanzioni Onu. Nella seconda metà degli anni ’90 Bout ha clienti in Afghanistan, Angola, Burkina Faso, Camerun, Congo, Congo Brazzaville, Filippine, Guinea Equatoriale, Kenya, Liberia, Libia, Repubblica Centrafricana, Repubblica democratica del Congo (ex Zaire), Ruanda, Sierra Leone, Sud Africa, Sudan, Swaziland, Uganda. Possiede (o possedeva fino all’anno scorso) una tenuta agraria in Uganda, una villa lussuosa a Sharjha, una casa a Kigali, capitale del Ruanda (dove alloggiava tanti piloti russofoni che i locali hanno soprannominato la casa "il Cremlino"). L’equazione armi = diamanti trova la sua più chiara applicazione in Bout che ha trasportato sia gli uni che le altre e ha venduto al Congo i macchinari per scavare nuove miniere di diamanti. Non solo, ma sempre i diamanti intervengono nei rapporti tra Bout, Taylor e la Liberia, come ha rivelato nel 2002 alle autorità belghe il mercante di armi di cittadinanza keniota (ma dal chiaro nome indiano) Sanjivan Ruprah, socio di Bout e finora la miglior fonte sugli affari di quest’ultimo: Ruprah – che ha un passaporto diplomatico liberiano – possedeva varie miniere di diamanti in questo paese.
Le fonti a cui attinge Bout sono i vecchi arsenali dell’ex Unione sovietica, in particolare quelli in Ucraina e Moldavia (anche se altre fonti parlano pure della Bulgaria). Quando l’Ucraina dichiarò la sua indipendenza, l’Armata rossa lasciò le sue basi, comprese quelle nucleari, con un immenso arsenale che nel corso degli anni è stato usato come fondo di magazzino da tutti i mercanti di armi del mondo, compreso il mercante ucraino Leonid Efimovic Minin con cui – guarda un po’ – Bout ha fatto numerosi affari. Odessa è diventato il maggior porto bellico del mondo, un po’ quel che è Rotterdam per il resto delle merci (e Victor Bout aprì negli anni ’90 un ufficio anche a Odessa). È stato calcolato che tra il 1992 e il 2000 dagli arsenali ucraini siano stati messe in commercio armi per un valore di 32 miliardi di dollari! A un centinaio di km a nord di Odessa, lungo il fiume Dniester si stende la provincia russofona Trans-Dniester della repubblica moldava. Il capoluogo della Trans-Dniester, Tiraspol, era base della 14esima armata sovietica che si è lasciata dietro 40.000 tonnellate di armi, compreso materiale nucleare, oltre a fabbriche di armi ancora funzionanti. Tiraspol è per un mercante di armi quel che un magazzino incustodito di liquori è per un alcolizzato.
Ma, in questo commercio non basta la materia prima: Bout è sopravvissuto ad anni in cui l’amministrazione Clinton ha cercato di dargli la caccia in tutti i modi, mentre l’amministrazione di Bush il giovane si è dimostrata ben più tollerante, tranne un breve periodo di allarme subito dopo l’11 settembre perché Bout vendeva armi ai Taleban. Come ha potuto sopravvivere ai mandati di estrazione chiesti agli Emirati arabi dagli Usa e alle accuse di riciclaggio di denaro sporco e ai mandati internazionali spiccati dalla magistratura belga?
Il fatto è che questi mercanti di armi costituiscono solo la facciata del commercio che è tenuto sotto controllo da istanze ben più alte. Non a caso il socio di Victor Bout nella compagnia Flying Dolphin (che trafficava direttamente con Bin Laden e aveva sede legale a Sharjha e a Bucarest) è lo sceicco Abdullah bin Zayed bin Saqr al Nayan, membro della famiglia regnante, che, tra l’altro, è stato ambasciatore degli Eau negli Stati uniti. Altro protettore di Bout era il sultano Hamad Said al Suwaidi, consigliere del sovrano di Sharjha. Ma, dopo l’11 settembre 2001, nonostante tutti questi appoggi, gli Emirati dovettero concedere l’estradizione nel 2002 e la moglie di Bout, Alla, chiuse il negozio di moda che vi gestiva. Ora però Bout vive nell’agio e indisturbato a Mosca dove lo ha intervistato il NYT.
Un esempio del livello a cui si muovono questi trafficanti, ci è venuto nel 2000 dal presidente dell’Ucraina Leonid Kuchma, le cui conversazioni erano state registrate da una sua guardia del corpo (Mykola Melnychenko, ex Kgb) che aveva messo delle cimici nell’ufficio presidenziale. I nastri indicano che Kuchma approvò la vendita di 4 sistemi radar avanzati a Saddam Hussein (allora sotto sanzioni Onu) per 100 milioni di dollari, e chiese al suo servizio segreto di "occuparsi" di un giornalista ucraino che indagava sui contatti governativi del traffico d’armi. Il cadavere del giornalista fu ritrovato due mesi dopo in un bosco, senza testa, corroso dall’acido. In tutto tre giornalisti e cinque parlamentari sono morti in Ucraina negli ultimi anni in circostanze sospette.
Ma forse il mistero dell’incredibile capacità di sopravvivenza di questo ecologo vegetariano lettore di Castaneda e finanziatore dell’Unicef, si spiega se si sommano tre circostanze. In primo luogo sembra che quest’insuperabile linguista sia nato come agente del Kgb e che in quanto tale fosse in Angola nel 1991. Inoltre, secondo il Guardian che cita un rapporto Onu, il padre di sua moglie, Zuiguin, era un alto dirigente del Kgb, forse persino un suo vicepresidente. In terzo luogo, il factotum di Bout è uno strano personaggio, Richard Ammar Chichakli (nato nel 1959), residente a Dallas, Texas; un siriano che si dice nipote dell’ex presidente della Siria e figlio di un ex sottosegretario alla difesa siriano. Secondo il NYT, "ha servito anche nell’esercito Usa e si è addestrato in "aviazione e intelligence"". Il prestigioso quotidiano newyorkese sembra molto pudico nei confronti di Chichakli, mentre invece la Komsomolskaya Pravda dice chiaro e tondo che costui è un "ex agente dei servizi segreti Usa". E così il cerchio si chiude con Kgb, Cia e mercanti d’armi tutti insieme a costruire il nuovo ordine mondiale.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …