Giorgio Bocca: Il ritorno degli affaristi

14 Ottobre 2003
È tempo di corruzione sistemica, universale, morale. Chi non ruba è un perduto, un disadattato, un eretico del dio denaro. Il modello vincente è quello di Vespasiano che alle obiezioni su una tassa sull´urina puzzolente gli ricorda: "Pecunia non olet". A fare un elenco delle ragioni attuali, sociali e politiche per cui la corruzione è d´obbligo non si finirebbe più. Comincerei dalla scomparsa dei controlli di classe. Nel primo dopoguerra i figli dei proletari tiravano uova sulle automobili di lusso dei ricchi che andavano alle prime teatrali. Erano le sacre rappresentazioni dell´odio e magari dell´invidia di classe, ma anche un monito a rispettare le regole elementari della convivenza sociale. Da quando gli dei "se ne sono andati" con la fine dell´utopia comunista, controlli sociali e regole sono scomparsi: i ricchi non si nascondono più nelle loro ville, non alzano più il ponte levatoio dei loro castelli, stanno tutti in bella vista.
L´unica industria italiana in piena espansione è quella delle barche che costano sopra i cento milioni, il locale notturno più ambito è il più costoso, il mio conterraneo Flavio Briatore lo ha capito fra i primi.
Il freno più efficace alla corruzione, il controllo sociale non c´è più, scomparsa la vergogna di esser presi con le mani nel sacco, scomparsa persino la vergogna di essere ladri dichiarati nei partiti della sinistra: il sindaco diessino di Brindisi incassava tangenti in compagnia di consiglieri di Forza Italia o di An.
Un altro deterrente era l´esempio, la corruzione veniva limitata dall´obbligo sociale e politico di dare il buon esempio, certamente a coloro che occupavano cariche pubbliche. Il capitalismo sfrenato se la ride degli esempi virtuosi, il governo Bush votato dal popolo americano come il migliore possibile conta fra i suoi ministri alcuni fra i petrolieri, fabbricanti di armi, e finanzieri più corrotti e corruttori, il governo russo dell´amico Putin annovera i capi mafia della privatizzazione di Eltsin. Berlusconi è arrivato al governo dell´Italia sull´onda di un capitalismo estremo, che non conosce regole e che non accetta controlli. I principi li rispettano solo gli sciocchi o i pavidi.
Una società dell´America che muove guerra al terrorismo ha costruito sotto la copertura di un´azienda coreana una gigantesca condotta d´acqua nella Libia del terrorista Gheddafi.
Scuse e giustificazioni non mancano alla corruzione. La concorrenza della mafia non è sopportabile se non si è suoi complici o imitatori. Quella dei paesi emergenti come la Cina o la Thailandia non è contenibile se non si fanno fare le scarpe o le maglie dove gli operai sono sottopagati e privi di ogni diritto. Rubare all´estero con il globalismo non è poi diverso dai furti nei paesi colonizzati, anzi si guadagna di più e si corrono meno rischi. L´esempio è questo, il capo del governo, Berlusconi, esorta i nostri imprenditori a commerciare e a produrre nei paesi dell´Est russo, ex comunisti, dove l´evasione fiscale è assicurata e lo sfruttamento operaio totale. Questo è il comunismo che gli piace. Il moralismo della sinistra che fu è un lusso del passato, ora sembrano tutti d´accordo sul fatto che il costo della politica va sostenuto dal denaro pubblico e dalle tangenti ai ladroni appaltatori: anche questa è una loro punizione, non è vero? Il guaio è che a stare nello stesso cesto con le mele marce, anche quelle buone si guastano, e la cultura vincente diventa quella del marciume. Nella sorpassata, immoralissima società borghese chi faceva bancarotta si suicidava, nella nostra dove il denaro non solo non olet ma profuma, anche quelli presi con le mani nel sacco se ne vanno in giro a testa alta. C´è una grande, diffusa commozione per quei suicidi di Mani Pulite che non lo sapevano, non lo avevano intuito. La democrazia dicono sta negli esempi non nelle Costituzioni, nel costume non nelle leggi. Ma in tutto il mondo libero non si ha il coraggio di considerare le stock option per quello che sono, un furto dei manager a danno dei risparmiatori che in questo stato delle cose, un presidente della Camera come Casini rivolga degli appelli ai concittadini perché non rubino e non frodino, non sembra andare al di là della cara e vecchia ipocrisia, che però ci tocca di rimpiangere nella tracotante esposizione dei corrotti, nella incontenibile quantità dei cattivi esempi.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …