Gianni Riotta: Prima dei «new media» c' è una tv indipendente

05 Dicembre 2003
La legge Gasparri rilancia il conflitto di interessi del premier Silvio Berlusconi con la tutela di Mediaset, toglie ossigeno pubblicitario ai cianotici quotidiani italiani, assicura al governo il controllo della Rai, rinvia ogni garanzia di pluralismo all' alea della tecnologia digitale, ignora il mandato di chiarezza della Corte costituzionale e contraddice forma e sostanza del messaggio del presidente Carlo Azeglio Ciampi sulla libertà di informazione. E' una pessima legge. Giovanni Sartori e Sabino Cassese ne hanno illustrato sul Corriere della Sera i pericoli. Per Sartori la Gasparri comporta «una concentrazione di poteri (...) manifestamente incostituzionali». Per Cassese si muove in un ambito di «oscurità normativa». Piero Ostellino la considera «un' auto lanciata a grande velocità verso un burrone». Vi basta? A me sì. Il dibattito sulla liceità della Gasparri, a petto della Costituzione, infuria accompagnato dalla polemica, «Ciampi firmerà o no?», con tanti «bene informati» pronti a giurare di sì e altrettanti «bene informati» che assicurano di no. Titanic si fida del presidente: se apporrà la sua firma vorrà dire che non ha individuato incongruenze. Ma anche se la legge Gasparri non violasse la lettera della Costituzione resterebbe comunque dannosa e di parte. Il sistema maggioritario che l' Italia ha adottato, lo ricorda Ciampi, richiede ricca libertà di espressione, perché la maggioranza dispone già di un premio politico. Se a questo potere si aggiungono le reti private, la lottizzazione della Rai, la compravendita di testate stampa accanto a quelle schierate in scuderia e la minaccia del mercato pubblicitario sui giornali indipendenti, il panorama si fa gramo. Gli effetti saranno nefasti, per tutti. Dentro la maggioranza, gli alleati, uomini di Alleanza nazionale per primi, vedranno la loro esposizione in video e in prima pagina salire, o scendere, secondo la loro fedeltà. L' opposizione vedrà affievolirsi le voci raziocinanti (Barenghi cacciato dalla direzione del manifesto!) a vantaggio dei faziosi. Imprenditori e sindacati saranno esposti alla tenaglia dei media controllati dal governo, perdendo potere negoziale. La democrazia libera e piena di voci, anche stridule, non è solo un sistema giusto, è soprattutto un sistema efficiente, commette meno errori perché il dibattito promuove scelte ponderate. Quando Berlusconi lanciò le sue reti, la qualità dell' informazione migliorò e il Tg5 di Enrico Mentana stimolò i sonnolenti Tg Rai a evolversi. Oggi, sulla rivista The New Yorker, Mentana conclude amaro che nella tv italiana si può essere due cose: o un uomo di Berlusconi o un uomo di Berlusconi. Gasparri affida la nostra libertà al digitale e conta così di sfuggire al mandato della Corte costituzionale. Credete a chi, come me, coltiva con amore le nuove tecnologie dei media. Prima di dare al popolo le brioche dei new media occorre assicurare il pane di stampa e tv indipendenti. Guardate il recente Indice del Digitale, curato dall' International Communication Union(www.itu.int). In una «classifica del digitale», dove 1 è il punteggio migliore e 0 il peggiore, la Svezia è in testa con lo 0,85 e la Nigeria ultima con lo 0,04. L' Italia è solo ventunesima, dietro Corea, Hong Kong, Finlandia. Non siamo neppure tra i primi dieci nella classifica europea avulsa e non sprofondiamo indietro solo perché il boom dei telefonini ci assiste. Il nostro «indice digitale» complessivo è in grave ritardo e non possiamo affidargli la libertà di pensiero. Le preoccupazioni sul conflitto di interessi di Silvio Berlusconi arrivano al dunque. La Gasparri è una legge pessima e va modificata, in radice.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …