Gianni Riotta: Anno 1954, nasce il rock e regala sogni di libertà

08 Aprile 2004
Ta ta ta ra ta ta ra ta tà! Ta ta ta ra ta ta ra ta tà! Mezzo secolo fa, il 12 aprile del 1954, Bill Haley, un paffuto ragazzo americano con il ciuffo alla brillantina che si dirà poi «Rockabilly», si chiuse in uno studio di New York City con i musicisti della sua band «The Comets», le comete. Erano bianchi, paciosi, venivano dai quartieri residenziali dell'America sonnolenta del presidente Dwight Eisenhower, dove i neri stavano a posto, il papà andava a lavorare con il cappello e il giornale nella tasca del cappotto, il prato era verde e rasato e, a casa rimproveravano Bob Dylan «non alzare la voce!».
Ta ta ta ra ta ta ra tà! in quello studio oscuro di New York si alza invece per la prima volta l'inno del rock and roll. Il mondo freddo, grigio e violento della Guerra Fredda, intento ad accumulare missili balistici nei silos, resta attonito. Ta ta ta ra ta ta ra tà è nata «Rock around the clock» e le ragazzine con la gonna scozzese pieghettata in attesa del fidanzato ufficiale, i ragazzini con gli occhiali da timido e un futuro da impiegati in una ditta di materie plastiche, si fermano. « One, two, three o'clock, four o'clock rock », il sensuale ritmo blues della musica afroamericana incontra le emozioni dei bianchi e con la prima cultura transgenica di massa nasce un linguaggio di libertà primitiva, erotismo, ribellione che i ragazzini di Bill Haley, giacche di satin e colletto di velluto, mai avrebbero immaginato di evocare.
«Rock around the clock» sarà la colonna sonora di trecento pellicole e in Italia diventerà sigla del primo programma cult alla radio «Alto Gradimento», Arbore&Boncompagni contro i mezzobusti Rai 1970. Al debutto non fa grandi ascolti, troppo innovativa per andare oltre la consolle dei disc jockey d'avanguardia come Alan Freed a Cleveland, che conia la frase «state ascoltando il rock and roll». Haley ha preso un ritmo nero «Shake Rattle Roll», dai versi ritenuti «osceni» e l'ha candeggiato per il pubblico bianco perbene. Non basta la sua «civiltà» per sterilizzare «l'eros» del rock, avrebbe osservato il filosofo Herbert Marcuse pochi anni dopo, e il messaggio crudo passa. «Rock around the clock» deve aspettare un anno, poi il film «Blackboard jungle» ne fa la colonna sonora della rivolta. Lo studioso Paul Goodman battezza «la gioventù assurda», che si ribella allo status quo del dopoguerra dimenando il bacino, saltando in aria, rompendo il ritmo del consenso. Verranno poi i talenti meticci di Elvis Presley, Buddy Holly, Chuck Berry, Little Richard, ma prima di tutti c'era «Rock around the clock». «Non capivo niente di musica, poi ho sentito "Rock around the clock" e ho capito che era la mia vita» confesserà John Lennon.
«La guerra fredda - dirà l'ambasciatore americano all'Onu Richard Holbrooke - chiude la gioventù occidentale in una gabbia, dorata ma gabbia: da questo nasce la ribellione» che comincia mettendo il nero disco di vinile sotto le puntine graffianti del giradischi ta ta ta ra ta ta ra ta tà. Da Radio Lussemburgo, dentro la valigia di qualche raro studente con borsa di studio, il rock passa di soppiatto la cortina di ferro. Nel mondo congelato dal Cremlino, in cantine umide di Praga, alle feste della poetessa Achmadulina a Mosca, nei bar di Berlino Est con lo scrittore Wolf Biermann, i coetanei nati dalla parte sbagliata del Muro ascoltano il rock. Il futuro presidente cecoslovacco Vaclav Havel racconterà di quanto la cultura di massa occidentale, il rock, Lennon, abbiano spiegato alla sua generazione il senso della libertà, della rivolta, dell'individuo che cerca se stesso nella gigantesca società moderna. Bill Haley si impomatava il ciuffo e pizzicava la chitarra negli accordi di «Rock around the clock» senza sospettare che fenomeno storico, sociale e culturale si stesse avviando. Best seller di tutti i tempi con «Bianco Natale» di Bing Crosby, «Rock around the clock» è oggi citato nelle università, nelle enciclopedie come la sveglia che interruppe il sonno di milioni di persone.
Se, per festeggiare la mezza età del rock and roll, metterete il lucido compact disc a darvi un brivido con il martellante Ta ta ta ra ta ra ta tà riflettete sulla battaglia geopolitica che le democrazie seppero vincere mostrando anche le proprie divisioni e diversità, le proprie frizioni. Affascinando con la tumultuosa energia interna che i benpensanti presto cercarono di censurare come «eversiva per l'ordine pubblico». Era vero il contrario: non furono alla fine solo (però, cari ragazzi in rivolta di oggi, non saltate quel «solo!» se volete capire la storia) i missili intercontinentali nei silos a far vincere la guerra fredda. Fu soprattutto la libertà di un mondo che, malgrado il razzismo e le discriminazioni residue, seppe accettare la rivolta dei suoi figli. La colonna sonora della guerra fredda, il rock and roll nato, come tanti di noi, nel crudele '54, ci ricorda che la forza emozionante della libertà è l'arma finale. Osama Bin Laden detesta il rock and roll, ma a Bagdad tanti ragazzi spengono Al Jazira per ascoltare videomusic su Mtv. E in questi giorni si imbatteranno nelle note fortunate e felici, ta ta ta ra ta ra ta tà!

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …