Gianni Riotta: Il giornalismo firmato Scalfari

08 Aprile 2004
"Uno dei compagni di liceo con cui ero più legato, era stato un ragazzo meridionale..., Eugenio Scalfari... si può dire che la nostra vita "politica" cominciò con le discussioni con Scalfari... espulso dal Guf (gli universitari fascisti ndr) e cospiratore in gruppi dalle ideologie allora molto confuse. Una volta mi scrisse chiedendomi l' adesione a un partito in formazione... il "partito aristocratico-sociale"... con Eugenio venivo a seguire il risveglio dell' antifascismo clandestino e ad avere un orientamento nei libri da leggere: leggi Huizinga, leggi Montale, leggi Vittorini, leggi Pisacane... si discuteva anche molto di scienza... Eddington, Planck, Heisenberg, Einstein... in un giorno d' estate, Eugenio Scalfari ed io creammo un intero sistema filosofico: la filosofia dello slancio vitale. Il giorno dopo apprendemmo che l' aveva già inventata Bergson. Io scrivevo allora dei raccontini... Li mandavo a Roma a Scalfari che riuscì a farne pubblicare uno... Con Scalfari... nell' estate del 25 luglio 1943, trovammo come piattaforma comune quella di dirci "liberali"". Così, nel 1960, lo scrittore Italo Calvino ricorda sulla rivista Il Paradosso il compagno di banco di Sanremo, Eugenio Scalfari, e a rileggerlo nel giorno dell' ottantesimo compleanno del direttore del settimanale L' Espresso, deputato e fondatore del quotidiano la Repubblica, si può dire con serenità che, fin da ragazzo, Scalfari ha avuto nitido il destino. Editore, con la pubblicazione dell' apologo di Calvino, giornalista, con la discussione perenne su tutto, impegnato in politica, con la ricerca di un' uscita ideologica dal fascismo e l' affannosa milizia in quel lembo d' Italia che va dalla sinistra liberale al Partito d' Azione al socialismo radicale. Il desiderio di ammodernare il discorso pubblico con la divulgazione, sia in economia che nella scienza e nella tecnologia. Se il giornalismo è l' arte di mediare tra il governo, la conoscenza, l' informazione, il mondo e la gente comune per formare quella che il filosofo Jurgen Habermas definì "opinione pubblica critica", non c' è dubbio che Scalfari sia stato, per ognuno dei suoi anni, un giornalista. Diffidente dagli specialismi, persuaso che solo il percorso diagonale faccia comprendere la situazione, ma al tempo stesso, e a fondo, un giornalista italiano, scettico fino all' ostilità verso l' obiettività anglosassone, contro cui ha scritto parole di fuoco, e chiamando invece alla scrittura schierata, partigiana. Scalfari ha ringiovanito il panorama dei media italiani, diviso nei primi anni Settanta tra due paradigmi, la lezione appassionata di Indro Montanelli e il distacco britannico di Piero Ottone. Accusato dai suoi critici di avere creato un "giornale-partito", Scalfari non ha mai fatto mistero di ritenere ignavo l' aplomb inglese nella mischia della Prima Repubblica. Lasciata la direzione a Ezio Mauro, Scalfari ha ammesso, parlando con amici, di sentirsi padre del "nuovo giornalismo", ma con la stessa autoironia con cui riconobbe il primato di Bergson, "sia del positivo che del negativo del nuovo giornalismo". In particolare, guardando indietro, rimpiange certi toni troppo forti, certe notizie gonfiate, anche se subito, con orgoglio, si arrocca "era impossibile fare altrimenti in quegli anni". Parlamentare tra gli scranni socialisti, in prima fila in un corteo del 1968 a Milano "contro la repressione", interlocutore del Pci di Berlinguer e della Dc di De Mita, Scalfari ha finito per ritrovarsi dalla stessa parte della barricata con Montanelli (da cui lo divisero feroci polemiche) accomunati dall' opposizione a Silvio Berlusconi. E questo dice quanto la storia e la cultura della Seconda Repubblica siano, nel bene e nel male, perché c' è un bene e un male in entrambe, diverse dalla Prima. Un elzeviro per il compleanno del fondatore di un giornale concorrente sarebbe però una torta senza glassa se ricordasse solo lo Scalfari giornalista, ignorando lo Scalfari privato, il pianista delle notti di dolce vita a Roma, il pater familias della casa di Velletri con la moglie Simonetta De Benedetti e le figlie Enrica e Donata, il "Barbapapà" delle ansie e degli affetti di redazione, l' uomo capace di sedurre tanti e tante. Ma anche capace, qualità rara oggi, di dare udienza a un esordiente o di continuare a ritenere propri "ragazzi" i cronisti ruspanti di una generazione fa. E di accettarne ora le critiche, riflettere sulle qualità di quel giornalismo equanime di cui diffida, solo per ricolpire alla fine con orgoglio: "nella nostra situazione non si poteva...". Dieci anni fa mi disse "sono innamorato di me... ma le sole schegge felici della vita si conoscono superando il narcisismo". Sulla torta degli 80 anni "l' aristocratico-sociale" Scalfari può far riprodurre a lettere di zucchero questa massima, insieme lode e critica del suo modello. L' uomo Scalfari può invece soffiare sulle candeline con la felicità di una vita piena e i nostri auguri.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …