Gianni,Riotta: Torture, l' onore da riconquistare

03 Maggio 2004
Le armi di sterminio di massa di Saddam restano un mistero e la legittimità morale dell' intervento anglo-americano in Iraq si basa dunque sulla ferocia del regime Baath, le fosse comuni dei dissidenti, le torture nel famigerato carcere di Abu Ghraib, alla periferia di Bagdad. È con stupore e amarezza, "siamo lividi" dice il portavoce del Pentagono, che l' opinione pubblica americana prende atto delle rivelazioni nella rete tv Cbs sui maltrattamenti, gli abusi e le umiliazioni inflitte da soldati Usa a detenuti iracheni proprio ad Abu Ghraib, popolato oggi da 8 mila prigionieri. Le immagini di un uomo incappucciato, legato a cavi elettrici, issato su una scatola e minacciato "se cadi resti fulminato" non sapendo che i cavi erano staccati dalla rete, di prigionieri nudi scherniti da una donna soldato che finge di sparare con pollice e indice puntati, con una piramide umana di uomini nudi, costretti a stare in posa, uno con insulti graffiti sulla pelle, il corpo di un poveretto picchiato a sangue, un detenuto con cavi legati ai genitali, finti coiti tra detenuti nudi, i cani aizzati contro, hanno impressionato più della ritirata dei marines da Falluja, che costituisce una indiretta vittoria per i ribelli, che usando della tv come mediazione politica hanno costretto all' impasse la maggiore armata della storia. Oggi ricorre il primo anniversario dell' annuncio dato dal presidente George W. Bush dalla tolda della portaerei con lo striscione prematuro "Missione compiuta" e peggiore coincidenza non potrebbe immaginarsi. Il decano del Senato, Robert Byrd si leva a parlare: "Fallimento". Da Bagdad è il portavoce della coalizione, il generale Mark Kimmitt a riconoscere amareggiato: "Ci sono giorni in cui non si può essere fieri dei nostri soldati, pochi individui hanno messo a rischio il lavoro positivo di 150 mila soldati. Se non rispettiamo noi la dignità dei prigionieri come aspettarsi che lo facciano gli altri?". A far partire l' inchiesta la denuncia di un soldato americano, disgustato dalla condotta dei suoi compagni. Entrato in possesso delle foto che testimoniano gli abusi, il militare le ha consegnate ai suoi superiori, che hanno aperto il caso. Quando la Cbs ha avuto gli originali, il capo di stato maggiore generale Richard Myers ha chiesto tempo, temendo vendette contro le truppe di stanza in Iraq, ma presto la notizia si è diffusa e la rete ha lanciato lo scoop. I provvedimenti militari sono scattati con la severità che lo smacco di immagine impone: la generale Janis Karpinski, comandante di Abu Ghraib e della 800a Brigata di polizia è stata sospesa già da gennaio con sette suoi ufficiali e sei soldati, responsabili diretti degli abusi, affronteranno la corte marziale. Sono imputati di "atti crudeli, inumani, indecenti, percosse, violazione della disciplina militare, profanazione di cadavere e associazione a delinquere". Il "livore" del Pentagono è moltiplicato dall' assurdità della vicenda, non si tratta di sistematiche torture ma di umiliazioni sadiche inflitte a prigionieri inermi, non a caccia di informazioni che possano portare ad evitare un grave attentato, ma quasi per gioco, da militari ridotti al rango di teppisti ubriachi. L' ex colonnello dei marines Bill Cowan e l' ex dirigente Cia Bob Baer sintetizzano la reazione di tanti militari e agenti di intelligence: "Ho visitato Abu Ghraib subito dopo la liberazione - dice Baer - era la cosa peggiore che avessi mai visto. Mi son detto che se ci vuole una ragione per cacciare Saddam Hussein questo carcere ne fornisce a sufficienza. C' erano cadaveri azzannati dai cani, torture, cavi elettrici ai muri, era un luogo di morte". E il tenente colonnello Cowan: "Siamo andati in Iraq per impedire questi abusi e dà tristezza che si ripetano sotto il nostro mandato". La reazione della stampa araba è furiosa. La popolare rete tv Al Jazira ha mostrato a lungo le immagini, schermando il pube dei prigionieri. La foto della donna soldato che fa la pistolera con le dita davanti ai maschi nemici nudi è stata a ripetizione mandata in onda e il suo impatto psicologico sull' inconscio collettivo arabo costerà caro al Pentagono. Amnesty International, da Londra, parla di "situazione grave", l' attivista televisiva per i diritti civili yemenita Mustafa Rageh sostiene: "Di abusi del genere l' Iraq è pieno, Abu Ghraib è solo un esempio". I soldati accusati si difendono citando il caos e la mancanza di ordini superiori, la Cia che esigeva confessioni rapide, l' anarchia del dopoguerra. L' avvocato Gary Myers, che difende uno degli imputati, il sergente Ivan Frederick (un riservista, secondino nella vita civile) parla dell' "inebriante liquore che intossica il potere assoluto" e ammette che i detenuti venivano abbandonati fino a 72 ore di seguito in celle senza finestre né bugliolo di un metro per un metro, ma sostiene che quando Frederick informò dell' abuso i superiori, la risposta fu "chi se ne frega se dormono in piedi, tu obbedisci agli ordini". "Sono stati gli ufficiali ad insegnare al mio cliente come umiliare gli arabi", dice Myers. La donna che abusa dei nemici nudi e ora è detenuta in un carcere militare si chiama Lynndie England, ha 21 anni. Sua mamma Terrie prova a difenderla: "Una goliardata, e allora quel che gli iracheni fanno ai nostri? Solo noi dobbiamo osservare la convenzione di Ginevra?". La flebile difesa di una madre non scherma gli alleati dallo scandalo. Il premier inglese Tony Blair "condanna la vicenda" parlando però di "caso isolato", il premier australiano John Howard si dice "sconvolto" e loda l' inchiesta in corso. L' avvocato Myers accusa anche i tecnici di due aziende private, la Caci e la Titan Corporation, che avrebbero collaborato alla gestione della galera. Si parla di un licenziato e di un interprete incriminato per stupro. I siti internet www.caci.com e www.titan.com conducono ad aziende specializzate in sicurezza, la Caci promette "alti valori etici sul lavoro", la Titan "un' esperienza professionale condotta nella guerra al terrorismo". L' iracheno incappucciato come un razzista del Ku Klux Klan è legato ai cavi disconnessi, la soldatessa che scambia una galera per la discoteca di infimo rango creano un disagio morale che supera, nello squallore, tutte le polemiche per i detenuti di Guantanamo e fornisce materiale crudo all' arsenale della propaganda antiamericana. I teppisti in divisa di Abu Ghraib espongono i loro colleghi, tutti i militari della coalizione multinazionale e, soprattutto, gli ostaggi in mano ai terroristi al pericolo di ritorsioni, vendette e torture. Che lo scandalo sia emerso, reso noto al mondo e che i colpevoli verranno processati e puniti dimostra quanto ipocrita sia parlare di "macchina del consenso fascista" o di "giunta militare" a proposito dell' opinione pubblica Usa. Ma con l' impasse diplomatica affidata all' Onu, e le operazioni militari in scacco a Falluja, la partita per ottenere consenso e legittimità morale a Bagdad vive il giorno peggiore. È un superiore e valido standard etico contro Saddam la motivazione più convincente per la guerra, ma nel caos di Bagdad si rischia di perderlo. Un processo esemplare ai "bravi" di Abu Ghraib non è solo positivo, ma indispensabile a questo punto. Quanto al perché della condotta dei secondini è la "banalità del male", che lascia gli individui senza controllo ad esprimere sempre il peggio di se stessi

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …