Gianni Riotta: Tocca alle democrazie interrompere la faida

13 Maggio 2004
Come era tragicamente prevedibile, all'orrore delle foto digitali di Abu Ghraib segue il video della rete tv Al Arabiya. Nick Berg, 26 anni, in tuta arancione, paga con la decapitazione la follia oscena degli aguzzini di Bagdad, e alla fine il suo capo, sanguinante, è levato per i capelli, come Perseo fa con il mostro Medusa. Anche a Gaza, dopo l'eliminazione dei leader di Hamas, arriva la vendetta e la decapitazione di un soldato israeliano. Giochi adesso chi vuole il torneo macabro da ragionieri della ferocia, conta di più la soldatessa con l'indice puntato al pube del detenuto iracheno o la testa mozzata del ragazzo Berg? Lo sceicco Yassin fulminato sulla sua carrozzina o il militare trucidato dalla folla? Tocca alle democrazie interrompere la faida, possono vincere la guerra, ma perderanno se stesse inseguendo i terroristi nella rivalsa di sangue. Smarrire l'identità etica sporca storia e futuro e costa la sconfitta militare. Il comandante della 82esima Divisione Aerotrasportata, generale Charles Swannack, dice "strategicamente stiamo perdendo la guerra". Il colonnello Paul Hughes, già direttore della pianificazione a Bagdad, annota: "Quando mio fratello è morto in Vietnam, giurai che non avremmo mai perso altre guerre per strategia priva di coerenza. Stiamo ripetendo l'errore". Swannack e Hughes, e con loro il generale Antonio Taguba che ha coraggiosamente denunciato le sevizie dei commilitoni, conoscono la lezione dello storico militare van Creveld: eserciti che corrompono la disciplina, con torture e abusi, perdono morale, autorità e guerre. Così i francesi in Algeria, gli inglesi in Irlanda del Nord, gli americani in Vietnam, i portoghesi in Angola, i russi in Afghanistan. Le furie evocate dal carcere speciale di Guantanamo e scatenate ad Abu Ghraib ricorrono nella storia americana. Lo studioso Richard Hofstadter le descrive così nel classico saggio del 1965 Lo stile paranoico della politica americana: "Il politico paranoico... vive sulle barricate della civiltà, per lui il conflitto non si media via negoziato, come per i politici tradizionali, ma nella lotta tra Bene e Male. Il nemico è un essere maligno, da eliminare... Il sogno del trionfo totale ispira obiettivi grandiosi, non realistici, e conduce a frustrazione e sconfitta". Pochi giorni dopo l'11 settembre, all'Accademia militare di West Point, una docente tracciò un grafico sulla lavagna davanti ai cadetti, chiedendo: "Privilegeremo la sicurezza contro il terrorismo o la libertà e i diritti?". I ministri Ashcroft e Rumsfeld votano sicurezza, riducendo con il ‟Patriot Act” le garanzie ai cittadini e umiliando con la detenzione senza processo 9.000 combattenti nemici detenuti. La tragedia del World Trade Center fa scattare la "paranoia politica" di Hofstadter. Il presidente Bush dovrebbe ribaltare strategia e stato maggiore ma ha perso iniziativa ed energia, ipnotizzato dalla forza perde legittimità. Sembra nel panico e nella confusione, come nelle ore successive all'attacco contro il World Trade Center, quando non riuscì a unificare emotivamente il Paese. La vittoria del democratico John Kerry non basta a mutare il quadro. Militarmente occorre snidare terroristi e miliziani, politicamente conquistare il consenso degli iracheni, diplomaticamente riunire gli alleati: a microfoni spenti i democratici implorano italiani e inglesi: "Non ritiratevi, altrimenti chi ci fa da interlocutore con l'Onu?". Una chiave di tolleranza è indispensabile per riconquistare il consenso davanti a un nemico che reagisce ad Abu Ghraib giustiziando Nick Berg. A Najaf centinaia di dimostranti hanno intimato all'imam fondamentalista al Sadr di togliersi dai piedi. Altro che cani aizzati e slip da donna, la maggioranza degli iracheni si rivolta contro Abu Ghraib ma non vuole al governo i boia di Berg. Non ascoltate le cantilene di moda contro "la truffa democrazia". È malridotta, ma se la smarriamo saremo tutti Berg o detenuti nudi.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …