Maria Giulia Minetti: Il Premio Bagutta a Eva Cantarella

02 Dicembre 2002
Quattro ristampe da febbraio a oggi, un´andatura da long-seller (che è quel tipo di best-seller che viene fuori sulla distanza, un fondista degli scaffali), e va bene che ha avuto un diluvio di recensioni eccellenti, va bene che l´autrice era nota «fin da prima», ma come ha fatto Eva Cantarella - Premio Bagutta per la saggistica - ad avvincere tante persone con un libro che lei sintetizza così: «Itaca e la nascita del diritto: questa è la storia che ho voluto raccontare». Il titolo, «Itaca. Eroi, donne, potere fra vendetta e diritto» è forse un po´ più accattivante, ma non troppo. E allora? Qual è l´amo, anzi l´esca nascosta nelle pagine per far abboccare il pesce-lettore? L´esca è il racconto omerico «raccontato» in un altro modo. Un modo che per Eva Cantarella dovrebbe, alla fine, riportare alla fonte, «alla rilettura dell´Odissea, che è uno dei libri più belli del mondo». Ma intanto, invece che come un libro di avventure, invece che come un romanzo di formazione, lei legge l´Odissea come un libro di storia, e individua nel ritorno di Ulisse a Itaca, nel ristabilimento dell´ordine sull´isola, nel passaggio dalla strage dei proci alla clemenza per singoli personaggi «giudicati non colpevoli» la nascita, l´embrione di una società che passa dalla legge della vendetta alla Legge. E chiunque conosca le altre opere dell´autrice, sa come la Legge, nelle sue mani, diventi quasi argomento di romanzo. Come adoperando il filo del diritto come un filo di Arianna nei labirinti della società e della storia Eva Cantarella abbia tracciato il ritratto della condizione femminile nell´antichità («L´ambiguo malannno»), quello straordinariamente complesso dell´omosessualità («Secondo natura»), quello eccezionale e stupefacente della donna nella Roma della Repubblica e dei Cesari («Passato prossimo»), riuscendo sempre a stupire con una dottrina, una competenza «a disposizione» del racconto. In «Itaca» il racconto finisce col coincidere con quello di Omero, perché di comportamenti individuali, rapporti sociali, contese, viaggi e popoli strani anche lei si occupa: «Ho dovuto ripercorrere tutto il poema per ricostruirlo nella prospettiva storica che mi interessava». Prospettiva storica inesauribile. La differenza tra un regime della vendetta e uno Stato regolato da norme generali del diritto continua a riproporsi, «è un tema attualissimo. Di cos´altro si occupa chi si chiede se tenere i prigionieri accusati di terrorismo a Guantanamo sia un atto di ritorsione o di guerra? Alla Law School della New York University (dove Eva Cantarella ha un incarico, da dove è partita ieri in gran fretta per venire a ricevere il premio, ndr) c´è un grande dibattito su vendetta e diritto, che cosa sia la vendetta e che cosa sia la guerra legittima...». Ma il paragone con l´attualità («Niente a che fare con l´"attualizzazione", intendiamoci», puntualizza) va ben oltre. «Quando mi sono messa a scrivere "Itaca" avevo in mente anche qualcos´altro. Mi piaceva l´idea di affrontare Omero facendo capire a tutti che non è solamente una grande favola, cibo per la fantasia e il divertimento, ma che ai tempi suoi aveva un funzione che può essere paragonata a quella che oggi ha la televisione. La poesia epica era il mezzo di comunicazione di massa del suo tempo...Gli aedi non cantavano soltanto davanti ai signori, andavano per le strade, per città e villaggi. E cosa proponevano?
I valori fondamentali, le regole di comportamento, forse addirittura le tecniche... Tutte quelle descrizioni di navi, di vele, di armi. C´è chi pensa che servano proprio a divulgare il sapere tecnologico. In effetti, se uno rilegge la partenza di Ulisse dall´isola di Ogigia, dov´è stato per anni con la ninfa Calipso, e si sofferma sulla minutissima descrizione della costruzione della zattera, il legno, il taglio, le connessure... Ma comunque, la cosa che mi interessa qui è la funzione di trasmissione dei valori e di controllo sociale esercitata dalla poesia epica». Controllo sociale come? «Be´, se uno legge i poemi con attenzione si accorge che nessuno dei protagonisti "è". Invece, "è detto". Cioè, quello che conta è la fama: Penelope non è fedele, è detta fedele. Importa la "demou femis", la voce del popolo. La poesia ti insegna che tu puoi sopravvivere soltanto se sei stimato dagli altri, esisti se la voce popolare dice che sei buono...». L´«Odissea», racconta in sostanza Eva Cantarella nel suo libro, segna un passaggio di valori. Per «essere detto» buono, per avere fama di eroe, non c´è più bisogno di sottomettersi all´imperio della vendetta; subentra, con il ritorno di Ulisse a Itaca, il dominio della giustizia, della riflessione morale, dell´individuo che pensa e giudica da sé, non più diretto dagli dei. Insomma, l´«Odissea», a voler essere blasfemi, a spingere al paradosso il paragone con la televisione, è un po´ come il primo programma senza censura, o per lo meno con la censura allentata, che suggerisce la nascita di un nuovo, diverso comune senso del pudore... «Ho fatto un grande sforzo di scrittura - ammette l´autrice - forse il maggiore da che scrivo libri divulgativi. Io credo che in questo momento per noi classicisti questi libri, questo tipo di scrittura, siano della massima importanza. Sempre più svanisce il sapere classico, personaggi, fatti, opere per secoli familiari sembrano ormai annebbiati. Libri come questo fanno rivivere quel sapere, lo rendono di nuovo verde. Forse, oso appena sperarlo, inducono qualcuno a cercare le fonti».

Itaca di Eva Cantarella

L'Itaca di questo libro è una piccola città greca che, tra il nono e l'ottavo secolo a.C., si appresta ad assumere i caratteri di una polis. Eva Cantarella illustra le caratteristiche di questa città, la sua organizzazione, i meccanismi sociali che ne garantiscono la sopravvivenza, la nascita delle…