Gianni Riotta: Questa sinistra moderata che non sa commuovere

28 Maggio 2004
Sottovoce, i leader della sinistra moderata assicurano di non essere d'accordo, ma l'opposizione si allinea sull'Iraq con un Fausto Bertinotti in gran spolvero, felpato e ferreo nell'imporre il "tutti a casa" alle nostre truppe, che rivendica ora anche per l'Afghanistan. Poco importa che lo sfidante democratico di George W. Bush, John Kerry, chieda agli alleati di restare, poco o nulla che Kofi Annan e l'Onu assicurino che solo la forza multinazionale può dare stabilità e che perfino Hans Blix, sì l'ex ispettore scandinavo nemesi sulle armi di Saddam, dichiari candido a ‟La Stampa”: "L'Onu non può sostituire gli Usa". La scelta del centrosinistra risponde a un'opportunità elettorale, fare il pieno di voti pacifisti alle Europee, ma lascia aperto un dilemma strategico. Perché mai, cioè, la sinistra radicale detiene il monopolio delle passioni e delle emozioni, perché solo i movimentisti sanno evocare un Pantheon di eroi, usando la politica come arena etica? Perché la sinistra raziocinante crede che basti elencare le idee giuste in un istituto di ricerca, avere la battuta azzeccata al talk show di stagione e lucidare le note a piè di pagina, per contare? Ponendo questi interrogativi agli uomini della sinistra moderata, Prodi, Veltroni, Fassino, Rutelli, Letta, Bersani, Amato, Debenedetti, Ranieri, per nominarne solo alcuni, si ottengono spalle strette e risposte d'attesa, per ora va così. Ma andrà sempre così finché la sinistra pragmatica non avrà il coraggio di cambiar musica. Di capire che, accanto ai ragionamenti, ai calcoli, ai progetti, ai seminari perbene, deve saper colpire l'immaginazione e l'anima dell'opinione pubblica, commuovendo e non solo snocciolando statistiche. Lo studioso Stan Davis dimostra che, nei dibattiti tra no global e teorici dello sviluppo, i primi fanno sempre buona figura parlando dei bambini denutriti, e i secondi passano per Paperoni, malgrado - come si dirà oggi alla Conferenza di Shanghai della Banca Mondiale - dal 1981 il numero di esseri umani che la sfanga con meno di un dollaro al giorno sia diminuito di 375 milioni, un'America in meno. La passione della democrazia, dello sviluppo, della ricerca, della libertà, dei diritti civili e umani dove sono finite? Perché la sinistra illuminata non attacca Castro e la sua dittatura dicendo: "Oggi il Che starebbe con i dissidenti a Cuba!"? Perché non cita le tre cifre dell'orrore contemporaneo, 900 miliardi l'anno in spese militari, 360 miliardi in sussidi all'agricoltura ricca e solo 50 in aiuti allo sviluppo dei poveri? Perché non guarda al Sudan, dove è in corso un genocidio silenzioso, e, denunciate le sevizie ad Abu Ghraib, non mette all'indice gli aguzzini in Siria, i soldati israeliani che spezzano le ossa agli arrestati, i palestinesi che giustiziano i delatori senza processo? Il sindaco Walter Veltroni potrebbe aprire Roma a un Forum permanente dei diritti, dalla Cina all'Egitto, alla Russia, al Venezuela e la Palestina, dove parli il Che Guevara di Timor Est, Jose Ramos Horta, premio Nobel per la pace persuaso che prendere le armi contro i dittatori sia giusto. Dove parli Ivo Daalder, che ha proposto sul ‟Washington Post” l'alleanza dei Paesi democratici, dagli Usa al Lussemburgo, per discutere dei propri valori e di come diffonderli nel mondo, magari con più successo della guerra unilaterale di Bush. Può nascere un Corpo della Pace, volontari finanziati dai Paesi ricchi? Le idee della sinistra radicale commuovono in tv, ma spesso nascondono egoismo, negano diritti a chi non ce li ha, vezzeggiano dittatori decrepiti, perpetuano ingiustizie economiche e sociali con dazi e protezionismo. Se la sinistra delle riforme non ha l'eleganza di Roosevelt e Kennedy (rileggete i vecchi articoli kennedyani di Furio Colombo, Baldini&Castoldi), la passione di Havel, i piani di Brandt e Palme, l'energia malinconica di Keynes, e perfino la sensualità accattivante di Clinton, si vedrà messa alle corde da tribuni che, alla fine, non sono capaci né di vincere le elezioni, né di aiutare i poveri.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …