Riccardo Staglianò: Il mondo in crisi di nascite. Italia, nel 2050 meno 8 milioni

18 Giugno 2004
Sono gli ultimi lenti avanzamenti, prima della Grande Retromarcia. Siamo oltre 6, 2 miliardi nel mondo, hanno calcolato i demografi del ‟U. S. Census Bureau”, ma cresciamo meno e presto non lo faremo più. Nel 2002, infatti, l'umanità è cresciuta dell'1,2 per cento, guadagnando 74 milioni di unità rispetto all'anno precedente. Ma se il numero in sé sembra di tutto rispetto (per dirla altrimenti, si tratta di 200 mila persone in più al giorno, al netto di nascite e morti), è lontano dagli 87 milioni registrati tra '89 e '90 o dai tassi di crescita del 2,2 per cento raggiunti negli anni '60. E, da quello che si può prevedere, la tendenza assumerà nei prossimi decenni il segno negativo. Tuttavia, se le previsioni americane si riveleranno giuste e il trend confermerà quanto osservato in questi anni, fino al 2050 continueremo a crescere: saremo 9,1 miliardi, ovvero un aumento di circa il 50 per cento rispetto al dato odierno. Principale responsabile del progressivo - e apparentemente inesorabile - spopolamento è il tasso di natalità, mai così fiacco. Nel 1990 le donne partorivano in media 3,3 figli a testa che sono diventati 2,6 nel 2002, appena sopra il fatidico 2,1 che fissa la soglia allarmante della "crescita zero". Traguardo che il nostro paese taglierà tra i primi. Se le stime dell'ufficio del censimento statunitense parlano - come media mondiale - del 2050, l'Italia entrerà nella sua recessione demografica già a partire dal 2010. A meno che la tendenza non si inverta, quindi, la "quantità" degli italiani rimarrà identica da qui ad allora: poco meno di 58 milioni. Per poi imboccare la discesa, con 56,2 milioni nel 2025, 50,4 milioni nel 2050, e giù rotolando. Saranno città con meno parchi giochi e con più ospizi quelle di cui avrà bisogno il futuro che le stime dei demografi americani consentono di tratteggiare. Nel 2050, per dire, le persone di 65 anni e oltre saranno più che triplicate rispetto a oggi. Tanti nonni a disposizione di un numero di nipoti destinato a contrarsi, soprattutto nei paesi industrializzati. In Africa e nei paesi in via di sviluppo, invece, le cause principali sono altre. Non necessariamente cattive, come l'aumento della contraccezione in paesi che non la praticavano quasi per niente. Pessime, come il dilagare dell'Aids che ridurrà a livelli da inizio del secolo scorso l'aspettativa di vita (30 anni per chi nascerà nel 2010) degli abitanti di molti stati africani. Un rischio di vera e propria pandemia cui un rapporto dell'autunno scorso del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) dedicava già ampio spazio. L'Hiv/Aids, denunciava l'agenzia Onu, è diventata una "malattia dei giovani" dove circa la metà nei nuovi contagi e almeno "un terzo degli oltre 333 milioni di nuovi casi di malattie a trasmissione sessuale curabili, si verificano tra persone di età comprese tra i 15 e i 24 anni". Tanto più pericolosa perché solo una piccola percentuale saprebbe di aver contratto il virus e come si trasmette. Senza contare che la categoria demografica più a rischio, quella degli adolescenti, è molto ampia (1 miliardo e 200 milioni, ovvero una persona su cinque), tenderà a rimanere stabile nei prossimi decenni ed è concentrata per la stragrande maggioranza (87 per cento) proprio nei paesi in via di sviluppo.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …