Riccardo Staglianò Tutta la città presa nella rete ecco la rivoluzione del wireless

18 Giugno 2004
Per una cosa che chiamavano junk band, la "banda monnezza" buona giusto per far funzionare elettrodomestici prosaici tipo forni a microonde, è una bella rivincita. ‟Newsweek” dedica la copertina ("Il futuro del wireless") e uno speciale a tutte le tecnologie che consentono di collegare tra loro gli apparecchi elettronici più diversi, senza fili. Wi-fi in testa, il protocollo di trasmissione noto come 802.11b che utilizza frequenze radio di circa 2,4 Ghz per connettersi, tra l'altro, a internet ad alta velocità. La suggestione del wireless è forte: essere connessi sempre e dappertutto, condividere informazioni, foto, video con persone lontane, creare una sorta di guaina mediatica che avviluppa il pianeta e che non prevede cavi e scomode prese cui attaccarsi. Il settimanale americano fa il giro del mondo sulle tracce di questa rivoluzione. Racconta dei poliziotti londinesi che, per contrastare lo spaccio di droga in una zona di Soho, avevano cominciato a piazzare webcam senza fili dentro ai lampioni e, dopo una sola settimana, si erano procurati video-prove da portare in tribunale per incastrare i pusher. E così, nei prossimi sei mesi, ne installeranno altre 50. Ma anche di Seul, capitale degli hotspot, i "punti attivi" per collegarsi a internet a larga banda. La Corea del sud ne può vantare 13 mila (in Italia, stando a un censimento effettuato a maggio dal Politecnico di Milano, sarebbero poco più di 800 ma è un numero in forte crescita) e i ragazzi sembrano servirsene a man bassa: "Mi sento insicura quando non sono connessa", ammette Lee Hye Ryung, un'adolescente che naviga durante il tragitto quotidiano di 45 minuti verso scuola, chatta e prende appunti, tutto con un pc portatile collegato senza fili. Poi c'è New York, inevitabilmente. Lì ben 500 ex telefoni pubblici sono stati riconvertiti in hotspot. La gente ci si avvicina e apre la connessione, così come può fare in 112 caffè ‟Starbucks” e in 60 ‟McDonald's”. Il wireless ha contagiato anche il Baltico. A Tallinn, in Estonia, si è passati da 3 hotspot nel 2000 a oltre 300 oggi. Qui la media di possessori di cellulari è di 3 su 4, e ci fanno di tutto, compreso pagare una birra o il parcometro (che, tra l'altro, vi chiama quando il tempo del parcheggio sta per scadere) mentre i membri del governo conducono online almeno un consiglio dei ministri alla settimana. Solo il Giappone - e il nostro Paese - li supera quanto a telefonini. A Tokyo quasi ogni persona che ha più di 12 anni ne possiede uno (82 milioni di abbonati, di cui un quinto Umts). E delle loro varianti diventano delle sorte di balie per i bambini nipponici. è il caso del ‟Cocosecom”, un apparecchio dotato di Gps in grado di tenerli costantemente sotto controllo e individuarli - a beneficio dei genitori - con un margine di errore di soli 10 metri. Per non dire di Bagdad che, giocoforza, dipende quasi esclusivamente dai cellulari dal momento che solo un terzo delle linee telefoniche di prima della guerra sono state, più o meno, ripristinate. O di certi autobus indiani che, grazie a un progetto del ‟Mit”, si sono trasformati in hotspot viaggianti: quando si fermano nelle varie stazioni le persone che hanno un pc portatile equipaggiato possono approfittarne per collegarsi. Il segreto del successo del wi-fi lo spiega bene Kevin Werbach, ex consulente della ‟Federal Communication Commission”: "Costa poco e non richiede grandi investimenti". Erano stati proprio alla Fcc, solo pochi anni fa, a liquidare le sue frequenze come "banda monnezza". Ma anche gli sms nacquero così, utilizzando una parte della rete gsm che non interessava a nessuno. E adesso nessuno vuole farne a meno.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …