Gianni Riotta: L'avvocato che rifiuta le crociate

08 Luglio 2004
Tutto comincia da Elvis, Love me tender, In the ghetto, Are you lonesome tonight. Il giovane avvocato, ravviandosi il ciuffo come il grande Presley, difende una casa discografica dall'accusa di piratare le canzoni del genio che restituì la musica ai giovani. Abito a tre bottoni, modi garbati, lo sguardo timido verso il giudice e la facondia a sedurre le giurie. L'accento del Sud, melodico, sensuale, ricco di twangs, cadenze musicali del blues, rende presto il giovane legale John Edwards popolare in tribunale. Rappresenta le vittime degli incidenti, lo studio pubblicizzato da cartelli stradali e un numero verde. Il caso di una bambina, menomata in un tuffo in piscina, gli fa vincere un risarcimento principe, 25 milioni di dollari (21 milioni di euro). Presto Mister Edwards non si occupa più di dischi pirati, ma è invocato per ogni ingiustizia del North Carolina e dintorni. Accumula 152 milioni in indennizzi, un terzo lo incassa in parcelle. Quarantenne, con un patrimonio personale calcolato tra 20 e 50 milioni di dollari, John Edwards si presenta al Senato e viene eletto a sorpresa. Poi azzarda la candidatura alla Casa Bianca, finisce secondo senza mai affondare i colpi contro il capolista John Kerry e ieri ottiene il premio che cercava: sarà lui a correre nel ticket, l'accoppiata del partito democratico, cercando di scalzare il secondo Bush dalla Casa Bianca dopo solo un mandato, come riuscì a Bill Clinton nel 1992 con George H. W. Bush. Alla vigilia della scelta, Edwards incontra un gruppo di europei in una località riservata, per presentarsi al mondo. Come fa? gli han chiesto, era senza un capello fuori posto nel vento e nel gelo del New Hampshire, in campagna elettorale ed è perfettamente in piega in questo caldo. Sorride, "Noi del Sud amiamo presentarci in ordine, da gentleman". Qual è la posta in gioco in questa campagna elettorale? "L'elezione di John Kerry. È difficile spiegare quanto l'America sarà differente quando Kerry sarà alla Casa Bianca". Chiedo perché e John Edwards, brillante avvocato, senatore novizio che balza sulla platea globale dopo un solo giro, fa sfoggio della qualità migliore dell'aspirante vicepresidente, seguire il presidente con la nonchalance di Ginger Rogers guidata da Fred Astaire: "Kerry è stato un eroe di guerra, ha parlato di valori tornando a casa dal Vietnam, al Senato s'è affermato come un leader risoluto e perbene, capace di agire con spirito equanime per esempio sulla spinosa vicenda dei prigionieri di guerra americani ancora dispersi. La sua America sarà diversa da quella di Bush, che ha agito con arroganza senza ragioni e unilateralità gratuita". Ma a lei interessa il posto di vice? insisto per verificare quanto Edwards sia già nella parte. La replica è perfetta: "Mi interessa che sia eletto Kerry". Non è una bugia, perché da ieri i destini dello schivo bramino liberal di Boston e dell'eloquente ragazzo nato in South Carolina sono intrecciati. La formula è quella di reclutare l'avversario delle primarie, vincente nel 1960 con John Kennedy e Lyndon Johnson e nel 1980 con Ronald Reagan e George Bush padre. Tra i due in campagna elettorale, malgrado qualche scintilla finale causata dal testosterone delle primarie, un lungo dialogo di fair play, il senatore del Massachusetts progressista a non intralciare le dialettiche del senatore del North Carolina, moderato e spesso conservatore, almeno rispetto a quel grande circo che è il partito democratico. "Io non appartengo a nessun partito organizzato - diceva Groucho Marx - sono un democratico" e non era una battuta, ma una raffinata analisi politica. I democratici vanno dall'onorevole Maxine Waters, nera californiana che considera Bush un usurpatore golpista, alla squadra di Edwards che il ‟New York Times” ha definito, sbagliando, "il nuovo Clinton". Bill Clinton era infatti energia pura e dispersione di energia, nella vita e in politica. Edwards procede in ordine giuridico preciso, indizi del caso, prove, norme di legge, debolezze dell'avversario. Vinse così contro il repubblicano che gli cedette lo scranno in Senato, pochi scommettevano che l'esperto di giurisprudenza del trauma cranico avrebbe prevalso contro Lauch Faircloth, bene agganciato alle clientele del Sud. Edwards ha elencato la lista dei punti deboli dell'avversario, aspetto non brillante, immagine da politicante, non capace di intercettare il voto degli afroamericani e dei poveri. Edwards si presenta come Robin Hood del foro, la vera strada di emancipazione dei poveri passa dalla giustizia che assicura benessere economico, ancor prima che dalla politica. Ada, la lobby progressista che assegna i voti migliori, 95 e 100 ai senatori Ted Kennedy e John Kerry, rimanda Edwards con uno striminzito 70. Non un repubblicano, ma certo qualcuno che le militanti di Maxine Waters voteranno solo perché non è Bush, mica per entusiasmo. Naturalmente è proprio la moderazione di Edwards, la sua bravura nei dibattiti e l'accento del Sud capace di far breccia tra gli elettori che dal 1968 son migrati tra i repubblicani ad avere assegnato a Edwards la candidatura. Gli stati in bilico, Ohio e Florida, Tennessee e New Hampshire, verranno decisi da elettori che adorano Elvis, parlano come Edwards e detestano le Maxine Waters. Già ieri la macchina elettorale di George W. Bush ha macinato spot su spot, "Kerry voleva il senatore repubblicano McCain come vice, ha dovuto accontentarsi di Edwards". Il primo disegno di Kerry era prendere a bordo il senatore repubblicano indipendente John McCain, legato dalla comune avventura in Vietnam. Alla fine McCain non se l'è sentita (e ha ricevuto in premio un discorso in prima serata alla Convenzione di New York). La Torre di Babele democratica è impazzita, i sindacati insistevano per il deputato protezionista Gephardt, gli ispanici per il governatore del New Mexico Bill Richardson, le femministe sostenevano la senatrice Feinstein, i matti un Bill Clinton ai limiti della Costituzione che non garantisce tre rielezioni (lui ha riso e s'è schermito). Kerry però sa che lo stratega di Bush, Karl Rove, ripete "Il vice più pericoloso per noi: Edwards". Kerry piace alla tradizionale base democratica, progressisti, tecnici, gente delle città, donne, intellettuali. Edwards piace ai democratici che votavano Reagan e che hanno ritrovato grinta con Clinton. E potrebbe piacere alla ristretta tribù americana degli indipendenti, gli elettori che tutti sognano nel 2004 e nessuno sa come agganciare. Come loro Edwards non crede più alle battaglie ideologiche, tasse, welfare, aborto, guerra, buon senso e accordo su tutto, prima dello scontro da crociata. Al dibattito con il vicepresidente Dick Cheney assisteremo a una partita tra la Grecia campione e il Milan di Sacchi. Cheney catenacciaro della politica, capace di rispondere con un ghigno, un mezzo sì, e, di recente in Parlamento, perfino con un "vaff..." all'anziano senatore Leahy. Edwards sorridente, affabile, mai aggressivo, sempre compunto come chi è sicuro che il diritto sia dalla propria parte. Lo guardo mentre cerca di convincere manager e politici che è lui l'uomo giusto per stare "a un battito di cuore dalla presidenza". Sorride, stringe mani, pacche sulla spalla, dopo un attimo siam tutti "Gianni, Juan Luis, Thierry!". Ride se gli ricordate il premio di "politico più sexy" della rivista ‟People” e getta indietro il ciuffo, ma quando la conversazione gira, gli occhi si stringono, come seguendo le date cruciali, 54 anni rieletto come vice, 58 anni, perfetto candidato alla Casa Bianca 2012 (e addio alle illusioni di Hillary Clinton). Maratoneta per hobby, sa come programmarsi. Da quando suo figlio sedicenne è morto in un incidente stradale, nel 1996, John Edwards vive solo per la moglie Elizabeth, gli altri figli e la politica. La sua nuova vita comincia ieri, sorrisi fuori, controllo perfetto dentro. "Ci sono due America, una che ha le scuole, gli ospedali, e la vita migliore del mondo, un'altra che non ha scuole, sanità e speranze. È ora di riunirle": questa, da qui a novembre, sarà l'arringa dell'avvocato Edwards davanti alla giuria d'America.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …