Marco D'Eramo: La “Convention” repubblicana. Compassione e ultradestra, tocca a Bush

02 Settembre 2004
Fuori, nelle strade gli arresti dei dimostranti fioccano, ma dentro lo stadio del Madison Square Garden gli oratori ci spiegano che questo è il paese delle libertà e che per essa loro sono pronti a morire (o, meglio, a far morire). Mentre il governatore della California, ex campione di body building ed attore, Arnold Schwarzenegger, ci convince che questa è la nazione più accogliente del mondo, nerboruti agenti dei servizi segreti portano via a braccia una donna che protesta contro la guerra sotto il palco in cui siedono i notabili (il vice presidente Dick Cheney, l'ex sindaco di New York Rudolf Giuliani, il leader della maggioranza al senato Bill Frist...), in quadro che a filmarlo richiama le scene in cui Sergei Eisenstein ritraeva i cupi, maligni boiardi di Ivan il Terribile. Per tutta la giornata, gli organizzatori della Convention repubblicana avevano sguinzagliato le delegazioni dei vari stati a dimostrare quanto i repubblicani sono "compassionevoli". La delegazione del Minnesota si era data appuntamento alle 10.30 del mattino alla sede dell'Esercito della salvezza a Bedford per raschiare e dipingere un corridoio e due aule del centro. La Pennsylvania era stata spedita nella Mission della Bowery: "I delegati prepareranno e serviranno pasti, organizzeranno dispense di cibo e vestiti, faranno leggere riparazioni dell'edificio e puliranno la cappella". Maine e New Hampshire mandati a Staten Island a pulire i parchi e la riva del mare, e così via.
Ma nello stesso momento nella sala da ballo del lussuoso albergo del Waldorf Astoria si teneva un affollatissimo incontro a porte chiuse intitolato "Il raduno della famiglia, della fede e della libertà", organizzato in segreto dai cristiani conservatori per "celebrare l'America e il presidente George W. Bush". La riunione è stata scoperta da un reporter del ‟New York Times” che è riuscito a farsi invitare. Qui il senatore del Kansas, Sam Brownback, ha chiesto ai presenti di combattere "per vincere la guerra di civiltà" tra concezione religiosa della società e cultura laica (i nemici). Erano presenti il vicedirettore politico della campagna elettorale di Bush, Christian Myers, e l'ufficiale di collegamento della Casa bianca con i gruppi cristiani.
Dalla Convention emergono così le due principali caratteristiche della strategia repubblicana. La prima sarebbe stata chiamata nel Medio evo "la teoria della doppia verità": c'è una verità - che va ammannita al pubblico tv e ai mass media - che ci parla di un partito repubblicano "compassionevole" (anche se solo per quattro giorni ogni quattro anni), moderato, inclusivo. I repubblicani starebbero alla vita politica Usa come gli Stati uniti stanno al resto del mondo, è la proporzione matematica elaborata da Schwarzenegger: il partito repubblicano sarebbe il luogo che accoglie a braccia aperte le esperienze più diverse per metterle a frutto (ma il rapporto potrebbe essere inteso in termini assai meno elogiativi). Se per "compassione" s'intende andare a dipingere un corridoio ogni quattro anni, allora sì, i repubblicani sono compassionevoli.
Ma c'è una seconda verità riservata alle riunioni a porte chiuse, agli edotti delle segrete (e meno segrete) cose, assai meno compassionevole, anzi ferina, di darwinismo sociale, di militarismo espansionista (per "diffondere nel mondo la libertà"), d'intolleranza integralista, di fanatismo antiabortista e antigay, di voglia di abbattere la separazione tra stato e chiesa.
Ora, sono parecchi giorni che gli osservatori più acuti (tra cui il ‟Wall Street Journal”) notano che George Bush e il suo principale consigliere, e capo dello staff della Casa bianca, Karl Rove, stanno adottando una strategia non convenzionale, che va contro tutti i dogmi più triti della politica bipolare. Uno dei mantra del bipolarismo dice che vince quella coalizione che conquista il centro, e che quindi occupa meglio le posizioni di centro-centro-sinistra, o centro-centro destra, che cioè modera e diluisce il proprio messaggio politico. Invece, titolava il quotidiano finanziario espressione più autorevole del capitalismo Usa: "La grande priorità di Bush: mobilitare la base cristiana conservatrice. Un'insolita strategia minimizza l'importanza del voto indeciso". Cioè, Bush e i suoi hanno deciso che è più decisivo mobilitare la sua ala estrema che convincere il centro. Non è proprio una novità: già Ronald Reagan e Margaret Thatcher ci avevano mostrato che nei sistemi bipolari le elezioni si vincono portando gli elettori di centro a destra (o a sinistra, nel caso della vittoria di Mitterrand in Francia nel 1981) e non portando la destra (o la sinistra) al centro. I "democratici di Reagan" furono conquistati da un messaggio di destra radicale, non da una marmellata moderata.
Dietro la decisione di Bush c'è un volgare conto aritmetico. Gli integralisti cristiani costituiscono il 14 % dei votanti, ma, secondo i sondaggi, il 19% degli aventi diritto al voto: mancano cioè all'appello 5 milioni di votanti. Poiché le indagini all'uscita dei seggi mostrano che l'89% dei cristiani conservatori vota repubblicano, ben 4 di quei 5 milioni voterebbero Bush garantendogli sicura vittoria negli stati indecisi (Ohio, Pennsylvania, Missouri) a forte densità fondamentalista. L'altro retropensiero alla base di questa strategia in apparenza stravagante è che i repubblicani moderati e laici appartengono a quelle classi agiate che hanno ricevuto munifici regali fiscali da Bush e che quindi sono pronti a ingoiare un po' di fondamentalismo pur di mantenere gli sgravi tributari: un po' come i nostri nazionalisti italiani di An (N come nazionale) masticano un po' di separatismo leghista pur di restare al potere.
Per mobilitare la sua base integralista, il partito repubblicano ha steso un programma (qui si dice "piattaforma") sdraiato sulle tesi dell'estrema destra, sia economica sia religiosa. In economia, la piattaforma vede di buon occhio lo smantellamento della Social security, si oppone a un servizio sanitario pubblico, vuole rendere permanenti i tagli fiscali (per ora validi fino al 2010), vuole rendere ancora più "libero" il Trattato di libero commercio nordamericano (Nafta), auspica che si proceda alla costruzione di nuove centrali atomiche e allo sfruttamento del petrolio nella riserva naturale dell'Alaska e del gas nelle Montagne rocciose, appoggia le leggi di Bush che hanno stravolto le misure anti-inquinamento. Poi sostiene il diritto a possedere armi senza limitazioni e si oppone a un porto d'armi nazionale. Vuole emendare la Costituzione per rendere incostituzionali l'aborto e il matrimonio tra partner dello stesso sesso.
A tanta sollecita premura della Casa bianca e del vertice del partito, i fondamentalisti rispondono da un lato alzando il tiro (pretendono ora che venga smussata la separazione tra chiesa e stato, per permettere per esempio allo stato di finanziare scuole religiose), ma nello stesso tempo esprimono gratitudine per questo presidente "che ha fatto tanto per noi" (usando così la stessa identica espressione adoperata dai grandi finanzieri): in un albergo vicino alla Convention, una ditta indipendente di produzione cinematografica, Grizzly Adams Productions, sta proiettando un film tutto consacrato a esaltare le credenziali di George Bush come sincero cristiano evangelico e a criticare la separazione tra stato e chiesa.
Ma un terzo elemento emerge da questo doppio binario dentro/fuori, ed è la passione per la segretezza, per il sottobanco. Ieri l'oratore più atteso era il vicepresidente Dick Cheney che della segretezza ha fatto la sua regola, il suo vangelo. Tiene segreto il suo stato di salute, ha tenuto riunioni segrete con gli inquinatori per decidere la politica ambientale, e altri incontri segreti con gli speculatori energetici per decidere la politica energetica. Appare il meno possibile e tace il più possibile. Si è costruito un proprio apparato burocratico, una propria rete di spionaggio e informazione. Vive spesso nei nascondigli segreti che il servizio segreto gli appronta: lui non ha bisogno di portare scritto sul giubbotto Secret service, lui la vocazione al segreto ce l'ha scritta in fronte. In economia e politica internazionale è all'estrema destra di Gengis Khan, ma poiché sua figlia è lesbica e lui l'appoggia, si è attirato le ire dei conservatori cristiani. Ha parlato ieri notte alle 4 e 30 ora del mattino italiana. Ne potremo rendere conto solo domani.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …