Marco D'Eramo: Una convention dell'altro mondo

06 Settembre 2004
Per fortuna si è appianata l'anomalia che per quattro giorni ha alterato la struttura spazio-temporale del centro di Manhattan: da lunedì a giovedì nel bozzolo del Madison Square Garden abbiamo vissuto in un pianeta lontano almeno 25.000 anni luce dal mondo in cui si respirava nelle strade là fuori. Per ben quattro sere e quattro notti gli oratori repubblicani ci hanno descritto letteralmente cose dell'altro mondo. E il più lontano da quella bizzarra realtà che si chiama Pianeta Terra è stato il "comandante supremo" George W. Bush nel discorso in cui ha accettato la nomination repubblicana alla presidenza e ha concluso la Convention: ma il distacco dalla realtà gioca a volte brutti scherzi, tanto che lo sbrodoloso discorso (quasi un'ora) di Bush è stato molto meno incisivo ed efficace di quello del suo vice Dick Cheney. Fatto sta che per quattro interminabili sedute abbiamo dovuto sorbire le panzane più sfacciate: l'inefffabile signora Laura Bush ci ha detto tranquilla e beata che, grazie agli eroici sforzi del suo beneamato sposo, ora 25 milioni di iracheni vivono in libertà . E suo marito, il "leader supremo", ha paragonato l'impegno americano in Afghanistan e Iraq al piano Marshall in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Non un solo oratore ha omesso di ripetere che, grazie agli sforzi della "fermezza" di George W. Bush, "tutti noi viviamo in un mondo più sicuro e più tranquillo": e ce lo dicono mentre le immagini dei bambini morti nella scuola dell'Ossezia ci percuotono dal teleschermo, mentre gli autobus saltano in aria in Israele, e nel triangolo sunnita si combatte a colpi di mortaio e carri armati. Tanto che nella sala stampa la battuta corrente che ci scambiavamo era: "Ma non ti sei reso conto della fortuna di vivere in un mondo così sicuro e pacifico?".
A volte l'irrealtà ha toccato una triste comicità kafkiana: "Noi stiamo lavorando per far avanzare la libertà nel Medio oriente allargato... E la nostra strategia ha successo (sic). ... L'esempio (della libertà afghana e irachena, ndr) manderà un messaggio di speranza in tutta la regione. I palestinesi sentiranno il messaggio che la democrazia e la riforma sono alla loro portata, così come la pace con il nostro buon amico Israele. Le giovani donne in tutto il Medio oriente ascolteranno il messaggio che sta arrivando il giorno della loro eguaglianza e della giustizia". Già altri oratori avevano affermato che, grazie agli sforzi del presidente, palestinesi e israeliani sono ormai vicinissimi a concludere una pace.... Per di più, in un inciso Bush ci ha fatto sapere che l'America ha portato la democrazia anche in Nicaragua. E, nello stesso spirito, ha lodato l'alleato Silvio Berlusconi.
Non ci ha dato requie il festival delle balle. Ci hanno rivelato veri e propri scoop: che l'America ha il migliore sistema sanitario del mondo (con 42 milioni di americani che non possono curarsi); o che, grazie a Bush, le scuole statunitensi sono ormai su livelli di eccellenza assoluta (quando tra i diplomati i tassi di analfabetismo sono da record e i più alti di tutto il mondo industrializzato); oppure che quest'amministrazione ha trovato l'America prostrata dalla recessione e l'ha resa di nuovo prospera, quando la vicenda è andata esattamente al contrario: l'epoca clintoniana ha visto il maggiore boom economico degli ultimi 30 anni mentre i quattro anni di Bush sono stati depressi.
Nel grande stadio coperto del Madison Square Garden dalla tribuna ci hanno decantato l'occupazione che la politica presidenziale ha creato, quando dall'inizio della presidenza è stato perso più di un milione di posti di lavoro, mentre - solo per far fronte alla crescita della popolazione attiva - avrebbero dovuto esserne creati più di 4 milioni (ne mancano 5 milioni all'appello). E i dati usciti ieri (144.000 posti creati ad agosto), per quanto migliori di quelli dei due mesi precedenti, sono inferiori alle aspettative: per di più General Motors e Ford hanno già annunciato che nell'ultimo trimestre ridurranno la produzione rispettivamente del 7 e 8%, con l'inevitabile conseguenza di licenziamenti (soprattutto nell'indotto) e di abolizione degli straordinari, con la ricaduta di minori redditi per le famiglie degli operai.
La verità è che sul bilancio di questi quattro anni di amministrazione Bush, la Convention ha glissato il più possibile: ha martellato solo sul tema della sicurezza, della lotta al terrorismo; con insistenza perversa ha fatto leva sulla paura dell'opinione pubblica Usa sul tema "nuovi attentati".
Quando Bush ha annunciato il suo programma per il secondo mandato, tutti si aspettavano chissà che, ma è stata una delusione totale. Ha solo ripetuto che vuole: rendere permanente il taglio delle tasse (per ora approvato fino al 2010); procedere a ulteriori sgravi camuffati da semplificazioni del codice erariale; privatizzare in parte la riforma sociale; favorire gli ospedali privati rendendo più difficile intentare cause contro di loro. Il tutto in una vaghezza ialina. Eccone un esempio: nel discorso Bush ha detto: "Chi vuole particolari sul mio programma, può trovarli on line sul sito georgewbush.com". Ma se uno naviga in questo sito e cerca particolari sulla sua promessa "di condurre uno sforzo bipartisan per semplificare il codice fiscale", tutto quello che trova è: "Il presidente Bush lavorerà col Congresso per rendere il codice delle tasse più semplice per i contribuenti, incoraggiare il risparmio e l'investimento, e rendere l'economia in grado di creare posti e aumentare i salari".
Insomma, il discorso di Bush è stato un flop comunicativo. Quattro anni fa alla Convention di Philadelphia la sua performance era stata di gran lunga migliore e più convincente di quella di Al Gore: più comunicativo, più ironico, con il sorriso triste di un ex alcolizzato che è cresciuto con un padre padrone, parlava come uno di noi. Si capiva che avrebbe vinto. Questa volta invece Bush ha dovuto indossare abiti - del guerriero comandante supremo - che non gli si attagliano. Nella vita si comporta più come un damerino, cammina perfino sculettando un po', non può recitare l'Aiace telamonio. Perciò il suo discorso è stato di una noia mortale, molto peggiore di quello di John Kerry, che a sua volta non è un fulmine di guerra quanto a comunicativa personale. In più di un'ora l'unica battuta divertente Bush l'ha pronunciata quando si è autosfottuto per i suoi errori grammaticali e di sintassi: "La gente talvolta mi dice che devo correggere il mio inglese. Ho capito che avevo un problema quando ha cominciato a farlo Arnold Schwarzenegger" (che parla con un pesantissimo accento teutonico).
Giovedì notte (alle 5 e un quarto del mattino ora italiana), uscendo dal Madison Square Garden, lasciandosi dietro la cascata di palloncini blu, rossi e bianchi (no, non è la bandiera francese), il sollievo era perciò duplice. Non solo si era richiuso quel malefico buco dello spazio-tempo, ma le prospettive di sloggiare Bush dalla Casa bianca erano più rosee, o almeno meno nere di quanto apparissero dopo i devastanti attacchi di Giuliani e di Cheney contro Kerry. Ora, per lo meno, la partita sembra ancora aperta.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …