Gianni Riotta: Pensaci, Italia

12 Ottobre 2004
La volata della campagna presidenziale Usa appassiona chi ha a cuore la democrazia, minacciata da lobbies, videocrazia, indifferenza, corruzioni e terrorismo. Aizzati dai trucchi di consulenti ed eminenze grigie che più grigie non si può, il presidente repubblicano George W. Bush e il rivale democratico, senatore John Kerry, si stanno affrontando in un'emozionante serie di dibattiti tv, affiancati dai loro vice, Cheney e Edwards. Alle corde per le troppe incertezze, Kerry è andato alla carica nel primo faccia a faccia, richiamando 80 milioni di cittadini alle ragioni morali del partito che fu di John e Bob Kennedy. A sorpresa ha rimontato, riportandosi in parità. Allora è sceso in campo il corrucciato Dick Cheney che ha ribadito la necessità della guerra a Saddam Hussein e al terrorismo, contrastato dalla bonomia di Edwards. In un momento straordinario, i due nemici si sono scambiati simpatia, per la vicenda della figlia di Cheney, omosessuale in un partito spesso antigay. Venerdì notte toccava di nuovo ai numeri uno, interrogati da cittadini comuni, l'informatico con gli occhiali techno, la massaia col pullover a stelle e strisce, il signore con la giacca di tweed, la ragazza con la permanente "da tv". Domande sincere, aguzze, migliori di quelle felpate dei mezzibusti americani. I pochi minuti concessi alle risposte hanno costretto Bush e Kerry alla concretezza, le loro personalità son venute fuori, nel bene e nel male, come sono davvero, Kerry cerebrale e cosmopolita, Bush testardo e texano. La scelta degli elettori parte dal match tv, viene analizzata dai giornali, i blog, diari di bordo di mille siti Internet, la frammentano in un caleidoscopio grande quanto l'America, e si tirano poi le conclusioni al lavoro, in famiglia, al bar. Chiunque vinca, gli elettori andranno alle urne più coscienti. Niente macchina del consenso, niente trionfo dei, pur potenti, maghi dell'immagine. Chi vuole decide a ragion veduta. Invidiamo l'opportunità offerta all'opinione pubblica Usa. Viviamo ormai dal 1993 in un sistema maggioritario, eleggiamo degli individui, non dei partiti, da Palazzo Chigi, ai governatori regionali, ai sindaci di città e villaggi. Ma i faccia a faccia, anziché diventare tradizione si vanno estinguendo, sostituiti da siparietti con cronisti in livrea e parterre di attivisti. Nel 1994 Achille Occhetto e Silvio Berlusconi si affrontarono, interrogati da Enrico Mentana, Ferruccio de Bortoli, Mino Fuccillo e Gad Lerner. Il debuttante Berlusconi prevalse sul più esperto Occhetto, e l'inedita sfida tv annunciò la sua prima vittoria. Già nel 1996 però, niente dibattito diretto, il match tra Berlusconi e lo sfidante Romano Prodi venne diluito nel match a squadre davanti a Lucia Annunziata, che vide brillare la Giovanna Melandri. Nel 2001, il dibattito per decidere tra Berlusconi e Francesco Rutelli non ci fu neppure. Il fondatore di Forza Italia lo rifiutò, forte del vantaggio cospicuo nei sondaggi e fu occasione perduta di confronto. Sarebbe ora di lanciare, in modo equanime, i dibattiti del 2006 tra i leader di destra e sinistra, per evitare il fiasco di quattro anni fa e duplicare l'energia dei duelli Bush-Kerry. In America gli incontri sono organizzati da una Commissione ad hoc, e un negoziato tra i partiti, stavolta guidato per Bush da James Baker e per Kerry da Vernon Jordan, definisce modi e tempi della discussione. Chi è in testa nicchia, ma nessuno ha la faccia tosta di sottrarsi al confronto davanti alla pubblica opinione. Non mancano negli schieramenti italiani uomini capaci di stabilire il campo da gioco e le regole di un incontro sereno, da Gianni Letta a Enrico Letta, da Enzo Ghigo e Domenico Fisichella a Andrea Manzella e Pier Luigi Bersani. I giornalisti per domande croccanti ci sono e un format con i cittadini alla ribalta metterà i leader sulla terra, fra di noi, almeno per due ore. La democrazia nell'era globale ha i suoi pericoli, la tv costa troppo, le lobby pesano e Internet mischia idee originali a propaganda iniqua. La corsa alla Casa Bianca 2004 dimostra che, malgrado tutto, gli elettori hanno ancora diritto a votare con gli occhi aperti. È responsabilità di chi ha a cuore il confronto italiano, tra i media e tra i politici, darsi da fare da subito perché emozionanti, ruvidi, spettacolari faccia a faccia alimentino anche da noi la riflessione dei cittadini, uomini e donne attivi prima del voto.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …