Marco D'Eramo: Presidenziali Usa. "Campagnando" nell'Ohio

20 Ottobre 2004
Ieri ho fatto campagna per John Kerry, insieme a tre volontarie nere. Sono le cinque di un pomeriggio nuvoloso e in un pulmino ci dirigiamo verso un quartiere di villette unifamiliari per fare canvassing, porta a porta. Siedo accanto a Danyell Smith che guida, 32 anni, capelli tinti rossi e grassa assai. La discussione fra le donne scivola verso le spese mediche. Dietro parla Grace Brokens, 45 anni, molto su di peso anche lei: "Come infermiera part-time guadagno 13 dollari l'ora, ma solo perché c'è un bonus per il week-end, altrimenti guadagnerei 5,5 dollari. Lavoro 16 ore a week-end". Faccio un rapido calcolo e sono 200 dollari la settimana. Le chiedo se ha la copertura sanitaria, e lei mi risponde che no: ordinario paradosso americano: un'infermiera che non può farsi curare. "A 14 anni mia figlia ha dovuto farsi operare all'anca. Dopo dieci anni sto ancora pagando il dottore". A 850 dollari al mese (circa 710 euro), con figli da tirare su, mi chiedo dove Grace trovi i soldi per ripagare il chirurgo. Le chiedo quanto paga d'affitto: "300 dollari al mese, in una casa unifamiliare sussidiata dal comune". "Paga meno di me, interviene Danyell, io pago 450 per un appartamento". Che lavoro fa? "Sono assistente al Community College (una sorta di università popolare, ndr) e guadagno 1.300 dollari al mese al lordo delle tasse". S'accende una discussione sulle medicine, si consigliano l'una l'altra indirizzi in cui costano meno. "Io lì il mio farmaco contro la pressione alta del sangue lo pago due dollari - dice Danyell -, invece con la Kaiser (una mega corporation di gestione sanitaria) lo pago 10 o anche 15 dollari". Sono i quotidiani stenti dell'ordinaria ristrettezza americana (benché siano oggettivamente working poors - povere che lavorano - né Danyell, né Grace si sentono "povere", ma pensano di appartenere alla middle class). Da un altro pulmino che incrociamo ci danno una serie di questionari e dépliant (qui i volantini si chiamano "la letteratura"). Fino alla settimana scorsa, venivano dati in dotazione ai volontari anche i moduli per iscriversi nelle liste elettorali, per "registrarsi". Il diritto di voto non è automatico, per poterlo esercitare bisogna andare a "registrarsi" (è il risultato di un'ottocentesca campagna "mani pulite" che, per "lottare contro la corruzione degli apparati di partito", rese più difficile il voto per immigrati e neri).
Ma sabato 10 era la data ultima per iscriversi, così adesso il compito è più limitato. Le tre volontarie con cui mi accingo ad andare a bussare agiscono nell'ambito di un programma varato dalla Seiu (Services employees international union), il sindacato dei servizi. "Abbiamo stanziato 60 milioni di dollari per versare lo stipendio a ogni nostro membro che per fare a tempo pieno campagna elettorale ha chiesto un permesso non pagato dal proprio lavoro. Alcuni "campagnano" (campaign) con l'organizzazione AmericaComesTogether (Act, "AmericaSiUnisce"), gli altri all'interno del nostro sindacato" mi aveva detto Gerry Hudson, che della Seiu è uno dei quattro vicepresidenti nazionali, nero, 53 anni, bel viso, sguardo vivace e intelligente. Il programma si chiama "Seiu's Heroes": già solo il nome rivela i meccanismi concettuali del sindacato americano: poiché dopo l'11 settembre 2001 i pompieri di New York erano diventati i superheroes per eccellenza, anche il sindacato si proclama i propri "eroi". E alcuni di loro sono davvero eroici perché è da marzo che stanno ininterrottamente campagnando.
A rendere tutto più complicato è una legge, presentata dal senatore repubblicano dell'Arizona John McCain e varata un paio d'anni fa, che impedisce al sindacato di fare direttamente campagna per il partito democratico. AmericaComesToghether è un'organizzazione indipendente e può propagandare i democratici presso chiunque, ma la Seiu no: ecco perché la Seiu presta una parte dei suoi "eroi" alla Act. Chi invece fa agitprop all'interno della Seiu deve limitarsi a farlo tra i membri dell'Afl-Cio, la confederazione sindacale. E non è un lavoro da poco, come mi ha spiegato John Ryan, il segretario della Afl-Cio di Cleveland, bianco, alto, paffuto, con gli occhiali, il tipo che parla sempre benissimo di tutti: "La vulgata è che gli iscritti al sindacato votano al 60% democratico e al 40% repubblicano (costoro sono i cosiddetti Reagan democrats, gli elettori democratici che nell'80 assicurarono la vittoria a Reagan, ndr). Ma questo è vero solo in parte. È falso se noi facciamo il nostro lavoro di mobilitazione, che è triplice: da un lato accrescere il tasso di registrazione, dall'altro spingere i registrati a votare davvero, e infine convincere i votanti a votare nel modo giusto. Il nostro obiettivo è di far registrare il 90% dei nostri iscritti; e di questo 90% farne votare effettivamente il 90%, e tra gli effettivi votanti far votare in modo giusto il 90%. Insomma, se otteniamo questi risultati, il 72% dei nostri iscritti voterà democratico. Pensi che alle elezioni del 2000 gli iscritti al sindacato rappresentarono il 36% dei votanti mentre sono solo il 17% dei cittadini in età di voto. E quest'anno la mobilitazione è stata straordinaria, incredibile. Pensi che per le elezioni del 2000, nella contea Cuyahoga (quella che comprende la Grande Cleveland) c'erano state 17.000 nuove registrazioni. Per quest'anno noi ci eravamo posti un obiettivo incredibile, 90.000 nuove registrazioni. E immagini un po' quante sono invece? 161.000, più di otto volte del 2000 (l'820% esattamente). È un risultato fantastico che dobbiamo alla militanza dei nostri iscritti, quest'anno davvero magica. È l'elezione della nostra vita".
Così, viste le limitazioni della legge McCain, vado con le mie "magiche" militanti a fare campagna solo tra gli iscritti al sindacato: i questionari elencano gli indirizzi di case i cui proprietari o locatari sono tesserati. Perciò busseremo solo alle loro porte. Le tre opime "eroine" si dividono e ognuna si prende un pezzo di strada. Io vado con Grace: "Sarò la sua guardia del corpo" le dico; la battuta le piace tanto che la ripeterà in continuazione.
La via che ci è assegnata è Reno street, bordeggiata da casette dimesse, solo alcune in discreto stato, la maggior parte con la pittura screpolata, alcune proprio in malora. Ed è nell'oretta in cui facciamo il porta a porta che mi rendo conto di che razza di lavoro di Sisifo sia fare campagna negli Stati uniti. Il tratto di Reno street che dobbiamo battere comprende una sessantina di casette su ogni lato, quindi a ognuna delle tre attiviste toccano una quarantina di casette. Dopo un'ora, con Grace abbiamo trovato in casa solo 4 persone. Nelle altre o non c'è nessuno, o i precedenti proprietari hanno cambiato casa, o sono abbandonate. Il compito di Grace è porre due domande e poi distribuire la litterature. La prima domanda è "quale tema considera decisivo per le elezioni?", la seconda è "per chi voterebbe se si votasse domani?" (se la risposta fosse "Bush", allora qualcun altro volontario verrà nei prossimi giorni per convincere a cambiare idea). Dei quattro che troviamo in casa, due non vogliono rispondere - uno per motivi religiosi, perché è testimone di Geova, l'altra, pensionata, perché da quando non lavora più "non vuole avere più niente a che fare con la politica". Tra i due rispondenti, uno è un elegante signore nero coi baffetti (il quartiere è a stragrande maggioranza afro-americana) che considera centrale il tema dei posti di lavoro, e sì, voterà per Kerry; l'altra è un'anziana signora dalla voce gracile che risponde da dietro la porta chiusa: per lei è la scuola il tema centrale e sì, voterà per Kerry. E questo è quanto.
In tutto, la nostra squadra ha trovato una quindicina di persone, 8 risposte, solo una per Bush. E per questo risultato c'è voluto a monte tutto il lavoro di mobilitazione, di organizzazione, di archiviazione, e tre ore del tempo di tre persone tra andata, ritorno e canvassing vero e proprio. A valle ci sarà la schedatura dei questionari, la loro valutazione. Quando rifletto su quanto lavoro ci deve essere voluto a questo ritmo per convincere 160.000 persone a registrarsi in questa contea, mi sento già spossato alla sola idea.
Allora penso alla fiumana di energie individuali canalizzate in quest'elezione, alla montagna di passioni, speranze, odi focalizzate nell'esito delle urne: lo sforzo dei sindacati in questa roccaforte democratica è decisivo per le sorti della sfida presidenziale. È infatti opinione comune che l'esito del voto del 2 novembre dipenda da tre stati: Pennsylvania, Florida e Ohio. Ma la Florida sembra pencolare per il repubblicano George Bush, mentre la Pennsylvania pende per il democratico John Kerry. E così tutta l'indecisione pesa su questo stato del Midwest, in cui il nord democratico è compensato da un sud repubblicano, antiabortista, religioso. "Per vincere l'Ohio, dobbiamo avere almeno un margine di 200.000 voti di vantaggio qui nella grande Cleveland" mi dice John Ryan.
Chiedo a Gerry Hudson: come mai fanno, operai e lavoratori, a votare per Bush per motivi etici? Come possono suicidarsi economicamente in nome dei "valori americani"? "A tutt'oggi riesci a convincerli a fatica che il loro interesse economico sta con Kerry, ma non a persuaderli del legame che c'è tra i cosiddetti `valori' e lo sfruttamento compiuto in nome di questi valori. Di questo non riesci nemmeno a discutere con i Reagan democratics. L'unica è continuare a battere il chiodo, a fare canvassing, phone banking (telefonate elettorali centralizzate). Per ribaltare la cultura politica reazionaria che è stata instillata tra i lavoratori ci vorranno anni, è lo scopo di tutta la mia vita di militante. Adesso dobbiamo vincere". Certo che se viene eletto, lo snello miliardario bianco, John Kerry dovrà dire un bel grazie a tutte le povere, nere, obese Danyell Smith di questo paese.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …