Gianni Riotta: Il Re, nudo o vestito, ha capito il trucco

21 Ottobre 2004
Per molti anni, dallo scandalo Watergate del 1972 che costrinse alle dimissioni il presidente americano Nixon, i cronisti hanno usato la tecnica del Re Nudo! Come il bambino della favola hanno provato a denunciare le magagne del potere, indicandone meschinità, maschere ridicole, pasticci. Poco a poco, però, il Re ha capito il trucco. E i suoi cortigiani, consiglieri e lobbisti, hanno cominciato a spiegare che non di nudità si tratta, ma di un particolare tessuto, naturale e biodegradabile. E mentre i media, giornali, tv e Internet polemizzano sull'abbigliamento del Re, il Re, nudo o vestito, approva con i ministri leggi che l'informazione non sa come criticare all'opinione pubblica. Il Re è nudo, la Stampa è nuda. La nuova morale mi viene in mente assistendo a un dibattito dell'Aspen Institute, attorno al tavolo il ministro tedesco Otto Schily, il saggista francese Alaine Touraine, l'ex ministro Giulio Tremonti, molti manager dell'informazione, Enrico Ghezzi di Raitre Blob, Ferruccio de Bortoli, amministratore delegato della Rcs Libri, il portavoce del Papa Joaquin Navarro Valls. Non violo la riservatezza della discussione se ne ricordo i termini generali. Un politico osserva che l'eccesso di acido riversato contro i leader non intacca solo le persone ma le istituzioni, logorando la fiducia della gente nella democrazia. Se il potere viene, comunque e a priori, sbeffeggiato come nefasto, la Repubblica è delegittimata. Ribattono i giornalisti, attenti, il rischio è che la stampa, già controllata negli Usa dalle lobby economiche e dai monopoli e in Italia dalla longa manus della politica e del conflitto d'interessi del premier Berlusconi, finisca ancora più addomesticata. Ci sono elementi razionali in entrambe le posizioni. Se la critica dei media si riduce a sarcasmo, irrisione, maldicenza, i politici vincono. Ma se la politica mette la museruola alla stampa, perfino agli eccessi della stampa, la democrazia perde. Internet, i mille diari blog, le trasmissioni pay-tv, hanno allargato il dibattito politico con una ricchezza non immaginabile quando il poeta Hans Magnus Enzensberger predicava l'utopia di un'informazione gestita dal basso. Al tempo stesso però, il caleidoscopio nichilista dei tanti punti di vista relega ognuno in parrocchia, la destra sotto il pulpito della destra, la sinistra nel sagrato della sinistra. I libri in classifica in America sono espliciti: vendono bene titoli che chiamano Bush guerrafondaio al soldo dei petrolieri, oppure tomi che definiscono Kerry l'ultimo comunista, vigliacco, cacciatore di vedove allegre. La straordinaria ricchezza tecnologica, notizie ventiquattr'ore su ventiquattro, giornali arabi letti in video ad Abbiategrasso, antologie dei commenti giapponesi e delle proteste africane, e-mail veloci come il lampo, si avvizzisce il potente se la scremiamo per affinità, leggendo chi la pensa come noi, spegnendo il video alle idee differenti. Il bambino della favola denuncia la nudità del Re per dimostrarne l'ipocrisia, la pompa inutile, la corruzione, non per dichiarare vanesio "il mio blog Internet è il più fico del reame". A tredici giorni dalle elezioni attese in tutto il pianeta, con Bush e Kerry testa a testa, è drammaticamente evidente che siamo ipnotizzati dalla rivoluzione tecnologica nell'informazione e ciechi davanti alla carenza di contenuti. Sola, vera, rivoluzione sarebbe ripartire dai valori, mutando i contenuti. Finché Gutenberg stampò con il suo rivoluzionario torchio Bibbie in latino cambiò poco. Quando cambiarono i contenuti, Bibbie tradotte in tedesco e italiano, giornali, libri, pamphlets, il mondo cambiò. E nel vorticare dei siti brillanti che, come lucciole, si spegneranno domani, i contenuti da cui ripartire sono antichi, giustizia, tolleranza, verità, libertà, rispetto, curiosità, ironia, compassione, generosità. Quando li immetteremo nei new media allora sì che vedrete la rivoluzione. E allora che il Re si metta addosso quel che gli garba, leggi di nascosto non ne farà certo più.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …