Nuove povertà. Il rapporto Caritas 2004
26 Ottobre 2004
Un'Italia più povera, dove i fattori di esclusione sociale diventano sempre più complessi, dove la maggioranza dei cittadini si sente a rischio. E accanto alla tradizionale povertà economica da disoccupazione e all'emarginazione grave, per la prima volta compare la povertà relazionale, aggravata dall'indigenza, che frena l'accesso dei malati ai servizi sociali e sanitari. Tra le cause che limitano oggi la piena cittadinanza, figurano infatti anche le difficoltà derivanti dalle conseguenze psicologiche della precarietà lavorativa, dalla depressione, dall'Alzheimer e dalla dipendenza "senza sostanze" dal gioco d'azzardo e dallo shopping compulsivo. È l'immagine fotografata "dal basso", attraverso gli sportelli della rete dei centri d'ascolto parrocchiali della Penisola, frutto di una ricerca della Caritas Italiana condotta sulle 222 Caritas diocesane attive sul territorio nazionale. L'indagine è stata raccolta nel volume Vuoti a perdere. Giunto alla quinta edizione, è stato curato da Caritas Italiana e Fondazione Zancan.
Chi sono oggi i poveri in Italia secondo la Caritas? Disoccupati, emarginati, migranti. Ma anche diplomati, famiglie monoreddito con molti figli, pensionati. Sempre più giovani e sempre più donne, soprattutto tra gli immigrati. Il monitoraggio relativo al trimestre gennaio-marzo 2004 rivela che tre quarti delle persone che si sono rivolte ai Centri di Ascolto avevano difficoltà, spesso interconnesse, legate al reddito, al lavoro e all'alloggio, Riguardo all'età, prevalevano le fasce centrali: l'80% degli utenti aveva tra i 20 e i 60 anni (gran parte tra i 30 e i 40 anni); il 54% era costituito da donne. Molto consistente la quota di coniugati (46%) che ha bussato alla porta della parrocchia. Significativa la presenza di pensionati: circa il 13%, uno su otto. La solitudine, ovviamente, costituisce un'aggravante. Più del 15% degli ascoltati erano senza dimora, un terzo viveva da conoscenti, un quinto da solo. Interessanti i dati sugli immigrati. Il 62% degli utenti non erano italiani e di questi circa il 40% è senza permesso di soggiorno. L'età media dei cittadini stranieri era più bassa rispetto agli italiani (più del 90% ha tra 20 e 55 anni), in prevalenza erano donne (56%), più della metà coniugati e in possesso di un titolo di studio medio-alto. Tre quarti erano disoccupati. Ampio spazio viene dedicato dal rapporto alla galassia dei lavoratori atipici, i "vulnerabili". La Caritas ricorda che "sul totale degli occupati, i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa costituiscono l'11%, quelli occupati a tempo determinato quasi il 10%, quelli che lavorano part time quasi il 9%. Il lavoro nero interessa quasi il 20% delle persone che lavorano. L'allarme della Caritas riguarda le conseguenze immediate e di lungo periodo per chi non riesce a trovare un impiego stabile e adeguatamente retribuito. Anzitutto, la precarizzazione dell'esistenza che spesso impedisce di fare progetti matrimoniali. Secondo, si pone il problema del debito differito contratto dalla società con i lavoratori flessibili: è la povertà che colpirà in vecchiaia chi non riesce a risparmiare perché ha redditi bassi e non accantona contributi pensionistici. Il rapporto inoltre presenta, per la prima volta, i risultati di un'indagine sul rapporto tra povertà delle famiglie e accesso ai servizi sanitari, condotta insieme alla Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg). Ad esempio, in Italia soffrono di Alzheimer più di 500 mila anziani ultra sessantacinquenni e i costi diretti e indiretti della malattia sono stimati in 50 mila euro all'anno per paziente. Problema aggravato dalle condizioni economiche, dalla solitudine e dalla tendenza a ospedalizzare il paziente anziché sostenere la persona e la rete familiare. Sottovalutato infine il pericolo della depressione, che affligge l'8,5% dei pazienti italiani che si rivolgono al medico di famiglia. Questo male spesso è l'anticamera del disagio psichico e delle dipendenze da sostanze. Ma, segnala la Caritas, è sempre più frutto della precarietà esistenziale e lavorativa che fa assomigliare i poveri ad autentici vuoti a perdere.
Chi sono oggi i poveri in Italia secondo la Caritas? Disoccupati, emarginati, migranti. Ma anche diplomati, famiglie monoreddito con molti figli, pensionati. Sempre più giovani e sempre più donne, soprattutto tra gli immigrati. Il monitoraggio relativo al trimestre gennaio-marzo 2004 rivela che tre quarti delle persone che si sono rivolte ai Centri di Ascolto avevano difficoltà, spesso interconnesse, legate al reddito, al lavoro e all'alloggio, Riguardo all'età, prevalevano le fasce centrali: l'80% degli utenti aveva tra i 20 e i 60 anni (gran parte tra i 30 e i 40 anni); il 54% era costituito da donne. Molto consistente la quota di coniugati (46%) che ha bussato alla porta della parrocchia. Significativa la presenza di pensionati: circa il 13%, uno su otto. La solitudine, ovviamente, costituisce un'aggravante. Più del 15% degli ascoltati erano senza dimora, un terzo viveva da conoscenti, un quinto da solo. Interessanti i dati sugli immigrati. Il 62% degli utenti non erano italiani e di questi circa il 40% è senza permesso di soggiorno. L'età media dei cittadini stranieri era più bassa rispetto agli italiani (più del 90% ha tra 20 e 55 anni), in prevalenza erano donne (56%), più della metà coniugati e in possesso di un titolo di studio medio-alto. Tre quarti erano disoccupati. Ampio spazio viene dedicato dal rapporto alla galassia dei lavoratori atipici, i "vulnerabili". La Caritas ricorda che "sul totale degli occupati, i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa costituiscono l'11%, quelli occupati a tempo determinato quasi il 10%, quelli che lavorano part time quasi il 9%. Il lavoro nero interessa quasi il 20% delle persone che lavorano. L'allarme della Caritas riguarda le conseguenze immediate e di lungo periodo per chi non riesce a trovare un impiego stabile e adeguatamente retribuito. Anzitutto, la precarizzazione dell'esistenza che spesso impedisce di fare progetti matrimoniali. Secondo, si pone il problema del debito differito contratto dalla società con i lavoratori flessibili: è la povertà che colpirà in vecchiaia chi non riesce a risparmiare perché ha redditi bassi e non accantona contributi pensionistici. Il rapporto inoltre presenta, per la prima volta, i risultati di un'indagine sul rapporto tra povertà delle famiglie e accesso ai servizi sanitari, condotta insieme alla Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg). Ad esempio, in Italia soffrono di Alzheimer più di 500 mila anziani ultra sessantacinquenni e i costi diretti e indiretti della malattia sono stimati in 50 mila euro all'anno per paziente. Problema aggravato dalle condizioni economiche, dalla solitudine e dalla tendenza a ospedalizzare il paziente anziché sostenere la persona e la rete familiare. Sottovalutato infine il pericolo della depressione, che affligge l'8,5% dei pazienti italiani che si rivolgono al medico di famiglia. Questo male spesso è l'anticamera del disagio psichico e delle dipendenze da sostanze. Ma, segnala la Caritas, è sempre più frutto della precarietà esistenziale e lavorativa che fa assomigliare i poveri ad autentici vuoti a perdere.
Vuoti a perdere di Caritas Italiana, Fondazione Zancan
Il Rapporto 2004 elaborato e curato dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione E. Zancan di Padova è, dopo I bisogni dimenticati, 1997; Gli ultimi della fila, 1998; La rete spezzata, 2000; Cittadini invisibili, 2002 (editi da Feltrinelli) la quinta uscita di un’opera di divulgazione, sensibili…