Gianni Riotta: Bush il Temerario "uomo dell’anno"

22 Dicembre 2004
Scommessa facile, l’Uomo dell’Anno della tradizionale copertina sul settimanale ‟Time” premia il presidente rieletto George W. Bush. Non solo e non tanto per il bis alla Casa Bianca, ma soprattutto per la natura del successo, ottenuto senza mutare atteggiamento psicologico, personalità, piattaforma politica e leadership di coalizione. La brutta oleografia che, con pennellate da pittore della domenica, riproduce il volto del presidente è stata conquistata da Bush grazie alla risolutezza sulla guerra in Iraq e alla sicurezza in se stesso che i suoi amici chiamano coraggio e i suoi nemici temerarietà. Gli articoli che corredano la copertina di "Uomo dell’Anno" confermano l’immagine cruciale di Bush, "non molla le pistole", non si toglie "il cappello da cowboy". Il carattere di Bush, "prendere o lasciare", lo porta alla storica doppietta, due volte "Person of the Year", polarizzando però l’America. Ha chiamato alle urne milioni di nuovi elettori, che in parte hanno premiato il rivale democratico John Kerry, ma in misura più massiccia gli hanno confermato il mandato di leader della guerra al terrorismo. ‟Time” incorona la politica controcorrente di Bush, era prevedibile che virasse al centro in campagna elettorale, soprattutto con la rivolta in Iraq sempre più sanguinosa e le armi di sterminio di massa di Saddam Hussein introvabili. Invece ha rifiutato di ammettere anche un solo errore veniale, ha raddoppiato la scommessa, fino alla dura replica del ministro della Difesa Donald Rumsfeld alle proteste dei soldati al fronte per la carenza di mezzi, "Farete la guerra con i mezzi disponibili". "Love it or leave it" prendere o lasciare, un messaggio che ha fatto di Bush il presidente americano meno popolare all’estero dai tempi di Richard Nixon, inviso agli europei Chirac, Schröder e Zapatero, trasformandolo di converso in patria in un eroe per la sua base. ‟Time” ha scelto bene, nessuna personalità ha riempito la storia del 2004 con la forza e la foga di George Walker Bush. Gli altri candidati, il capo dei ribelli fondamentalisti in Iraq al-Zarkawi, i bloggers, gli gnomi dei computer che con i loro bollettini sfidano i giganti dei media, il capo dei consiglieri di Bush, l’astuto Karl Rove, i registi di successo Michael Moore con il documentario Fahrenheit 9/11 e Mel Gibson con il kolossal La Passione di Cristo sarebbero stati meno efficaci. Zarqawi avrà diritto di accamparsi sulla copertina di fine d’anno di ‟Time” se e quando i suoi commandos costringeranno il vincitore di quest’anno a ritirarsi da Bagdad con l’umiliazione con cui la bandiera a Stelle e strisce venne ammainata in fretta da Saigon 1975. Fino ad allora gli attentati, comprese le stragi massicce di ieri contro le elezioni, non fanno presumere una imminente vittoria politica. I bloggers, che hanno smentito il leggendario network tv Cbs sullo scandalo del servizio militare di Bush, saranno presto protagonisti, ma per ora giocano di rimessa su televisioni e giornali: il futuro è loro, il presente non ancora. Rove è premiato con Bush, ne è stato lo stratega perfetto, ma se il presidente non avesse interpretato il suo piano con acume avrebbe perduto ed è l’avversario Bill Clinton a spiegare che "i repubblicani hanno vinto perché il loro messaggio era chiaro, il messaggero ottimo e l’organizzazione perfetta". Moore e Gibson incarnano alla perfezione la spaccatura a metà degli Stati Uniti d’America, un progressista polemico adorato dai liberal e premiato a Cannes, un conservatore appassionato, che commuove i tradizionalisti. Sono le due culture del Paese, che il voto di novembre ha lacerato più che mai, ma che l’uomo copertina Bush dimostra non essere pari. I fan di Moore l’hanno bocciato, i patiti del Cristo torturato di Gibson l’hanno sommerso di voti, ma la vittoria di Bush garantisce ai secondi quattro anni a Washington. Il volto su ‟Time” e i giorni di festa dell’inaugurazione a Washington saranno per George Walker Bush culmine della vittoria. Poi comincerà il lavoro: le riforme interne dalla Social Security alle tasse, al bilancio, alla sanità, alla sicurezza, il ritorno al mondo, con la guerra che continua a Bagdad, le elezioni di gennaio, lo storico viaggio in Europa per ricucire i rapporti con gli alleati della Guerra Fredda. Confermato Rumsfeld e insediata la Condoleezza Rice al posto del moderato Colin Powell, confermato il vicepresidente Dick Cheney nel ruolo di filosofo dell’Amministrazione, incassata la copertina di ‟Time”, Bush guarda adesso ai due anni in cui sarà al governo con piena capacità, il 2005 e il 2006. Dopo le elezioni di midterm del 2006, entrerà nel biennio in cui si pensa più alla storia che alla politica. Dovrà avere per allora un Iraq almeno stabilizzato quanto l’Afghanistan post-elettorale, gli alleati meno malmostosi, le crisi nucleari in Iran e Nord Corea disinnescate e in patria la stagione della pensione dei baby boomers, i nati tra il 1946 e il 1964, avviata senza rischiare la bancarotta della previdenza. Nel frattempo il partito che lo applaude chiede guida, la destra rivendica la vittoria e propone valori tradizionali, i moderati vogliono rompere l’egemonia dei conservatori, diretti dal governatore della California Arnold Schwarzenegger con lo slogan "spostiamoci un po’ a sinistra". Se Bush sarà un abile mediatore, la copertina di oggi prelude ai capitoli nei libri di testo dei licei. Se i dissensi si moltiplicheranno tra Bagdad e Washington questo Capodanno resterà il migliore della sua vita.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …