Gianni Riotta: La Cia scruta il futuro: sviluppo e libertà contro il terrore

24 Gennaio 2005
Anno 2020, Said Muhammad bin Laden, nipote del fondatore di Al Qaeda, riflette deluso "il nonno sarebbe frustrato". Nello stesso anno il mercante di armi nucleari "Marco" scrive un messaggio preoccupato, via telefono cellulare, "Temo mi iniettino un microprocessore sotto pelle per pedinarmi". Il segretario generale delle Nazioni Unite ricorda nel suo diario "il catastrofico attentato terroristico che nel 2010 ha devastato l’Europa" e l’ex governatore della Banca centrale Usa riceve la lettera di un amico "Il mondo globale ha un volto asiatico, non più americano". Le quattro storie immaginarie vengono dal rapporto ‟Mapping the global future”, la mappa del futuro globale, redatto dagli esperti del National Intelligence Council, il centro studi della Cia. Dopo la débâcle sulle armi di sterminio di massa di Saddam Hussein, pronosticate e mai rinvenute in Iraq, la Cia torna al lavoro di analisi, "intelligence", e ricostruisce le tendenze del domani, 2020, in quattro possibili esiti. Il più positivo, "Il mondo di Davos", dalla località svizzera dove la prossima settimana si riuniranno i cervelli economici, vede il mercato globale emancipare dalla povertà miliardi di esseri umani. Il secondo, "La pace americana", intravede un pianeta Terra meno opulento, dove il blocco Stati Uniti-Europa garantisce la stabilità, ma gli Usa restano superpotenza solitaria. Nel terzo caso, "Il nuovo Califfato", il problema nasce dall’unità della "umma", la comunità musulmana, in una grande nazione, come al tempo d’oro dell’Islam. Non è un’armata di ribelli fondamentalisti, ma al suo interno i terroristi si incistano, mentre altri giovani preferiscono guardare al mondo libero, ai suoi valori e ai consumi. Il Califfo scopre con sorpresa che lo "scontro delle civiltà" era una bubbola e che governare miliardi di cittadini musulmani di diversa etnia, lingua e costumi, è difficilissimo. Volta a volta i vecchi Paesi, l’Iran, l’Iraq, gli creano guai e il nipote di bin Laden è depresso. L’ultima ipotesi della Cia è agghiacciante. Nel 2020 una serie di attentati nucleari semina morte e distruzione e gli Stati reagiscono con leggi repressive, eliminando le libertà civili in nome della lotta alla criminalità politica e della sicurezza. Il rapporto immagina due mercanti di materiale nucleare, uno ha un nome italiano, "Marco", che via telefono si scambiano sms per trattare i traffici del racket, corrompere le autorità e darsi conto delle misure liberticide che ingabbiano i cittadini, ma che loro son capaci di aggirare. Il governo autoritario, modello Grande Fratello di George Orwell, farà rimpiangere le ingenue volgarità del ‟Grande Fratello” televisivo del nostro tempo: gli ordigni atomici spacciati in valigetta per ogni causa violenta si rivelano incompatibili con la libertà di stampa, movimento, organizzazione politica. L’ultimo, e più feroce capitolo, ha un titolo macabro, "Il cerchio della paura". Completato alla vigilia del giuramento per il secondo mandato del presidente George W. Bush, il testo di "Una mappa per il futuro" illustra quel che gli uomini della Cia pensano della situazione corrente, la filosofia che offriranno alla Casa Bianca nei prossimi anni e testimonia del nuovo stile al quartiere generale di Langley, dopo la crisi che ha portato all’uscita del direttore George Tenet. Ogni testo è presentato con grafica accattivante, i messaggi dei mercanti di morte appaiono sullo schermo di cellulari di diverso colore, per mimetizzarsi. Il diario del segretario generale Onu è scritto con elegante calligrafia, su un quaderno all’antica. Le lamentele del nipote di bin Laden si aprono con l’invocazione canonica ad Allah. Le due analisi centrali del testo scoraggiano e incoraggiano a un tempo la politica dell’amministrazione repubblicana. "L’Islam diventerà una grande potenza" e "le radici che hanno diffuso il terrorismo internazionale non saranno recise nei prossimi 15 anni". Le madrasse, le scuole islamiche, e le "hawalas", i banchi di mutuo soccorso religiosi, diffonderanno, via Internet, la guerra santa jihad. Al Qaeda lascerà il posto a un nugolo di organizzazioni terroristiche legate solo dalla rete informatica, spesso semplici individui che non conosceranno di persona nessun altro dell’organizzazione, ma si terranno in contatto via computer e telefono satellitare. Tutte le cellule lavoreranno alle armi nucleari, chimiche o biologiche per terrorizzare i nemici e ridurli ad abrogare le libertà civili instaurando regimi autoritari. I quattro scenari, spiegano gli esperti dell’Intelligence Council, possono sovrapporsi, realizzarsi in parte, coesistere. Le buone notizie vengono dall’economia, con il mondo globale che diventa "la forza centrale, capace di forgiare ogni altro aspetto della storia". La tecnologia e i mercati creeranno "un’economia capace di crescere in modo straordinario: nel 2020 potrebbe essere l’80% più grande di quanto non fosse nel 2000 e il reddito pro capite potrebbe crescere del 50%". Dovete pensare, a una Terra diversa: il prodotto interno lordo della Cina (un miliardo e 400 milioni di abitanti) sarà secondo solo a quello americano, superando tutti i Paesi europei, e anche l’India (popolazione un miliardo e 300 milioni) starà per completare il sorpasso. Il Brasile sarà davanti all’Italia, testa a testa con Francia e Germania, e l’Indonesia starà per far meglio di noi. L’Europa, ammirata per il suo modello sociale, avrà troppi anziani e una grave crisi di natalità, oltre all’angoscia diffusa nel ceto medio per la perdita del posto fisso e dello status, soffiati dalla crescita dell’Asia. Lo Stato nazionale non sarà obsoleto, ma i governi dovranno fare i conti con turboeconomia e ondate migratorie. L’Onu vedrà sconvolti i rapporti di forza nei ranghi e al Consiglio di Sicurezza e dovrà cambiare per restare utile. Ma, ecco il punto di allarme, "governi centrali deboli, economie stagnanti, estremismo religioso e larghe masse di giovani possono creare in certe aree le condizioni per la tempesta perfetta". E’vero però che "la probabilità di un conflitto tra le grandi potenze destinato a degenerare in guerra aperta sarà, nei prossimi 15 anni, più basso che nello scorso secolo". Nel futuro dovrebbe essere raro che "conflitti locali deflagrino in guerre mondiali, come nel Novecento". Nel 2020 Paesi ricchi e poveri attingeranno, sia pure in parti disuguali, a nuove risorse e "nessun Paese avrà la forza militare degli Usa, ma molti Paesi saranno in grado di far pagare forti prezzi agli americani se attaccati, inclusi Iran e Nord Corea nucleari". Di conseguenza, la strategia della guerra al terrorismo deve cambiare radicalmente. Battere Al Qaeda in campo aperto è impossibile, come percuotere il mercurio con un martello. Il terrore "è legato dall’ideologia non dal territorio" e dunque "la strategia antiterrorismo deve avere molti fronti, per contenere e ridurre la minaccia fondamentalista". Non bastano i commandos, ammonisce la Cia, serve "lo sviluppo di sistemi politici aperti, offrendo opportunità economiche, spazio e ruolo ai riformisti musulmani. Queste iniziative saranno interpretate dalle comunità musulmane con simpatia, svuotando l’azione estremistica dei fondamentalisti" stile Osama bin Laden. Il discorso di inaugurazione di Bush, per le libertà e contro le dittature, e il manifesto del segretario di Stato Rice, hanno come retroterra questo rapporto. Mentre si parla di intervento in Iran per ricondurre a ragione gli ayatollah, la guerra in Iraq e tre anni di lotta al terrorismo riportano in auge la lezione migliore della diplomazia Usa: contrastare il nemico in campo, svuotarne con l’economia, la cultura e la tolleranza, le ragioni di combattimento.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …