Gianni Riotta: Semaforo verde ai killer della jihad

27 Gennaio 2005
La vita dei giornalisti è ricca di insidie: ma non so immaginare la faccia dei colleghi Don van Natta e Lowell Bergman, del ‟New York Times”, nel vedere apparire la loro inchiesta "L’Europa si fa aggressiva contro i reclutatori della jihad" nel giorno dell’assoluzione a Milano di una banda di terroristi. Van Natta e Bergman avevano registrato la mano dura dell’Unione contro il transito dei killer, che affluiscono in Iraq per fermare le elezioni del 30 gennaio. Secondo l’International Institute for Strategic Studies, almeno mille guerriglieri hanno già fatto questo cammino, e sono adesso impegnati contro le truppe della coalizione. Il ‟New York Times” cita un dirigente dell’antiterrorismo di Washington: "Fermare il reclutamento di guerriglieri per l’Iraq, dove fanno danni enormi, è il nostro problema numero uno e i governi europei stanno collaborando". La sentenza della dottoressa Clementina Forleo contraddice questo spirito di intesa e i risultati dell’inchiesta del ‟New York Times”. Ho conosciuto i problemi creati dalle leggi speciali ai tempi delle Brigate Rosse e del terrorismo fascista in Italia, e ho visto con amarezza la felice libertà di New York affrontare i controlli dopo l’11 settembre. Ricordo quanto pochi furono i garantisti negli anni di piombo, e credo che anche la stagione acre della guerra al terrorismo si debba fronteggiare senza deporre le armi del diritto e della democrazia. Niente demagogia dunque, niente isterie: ma con il rispetto sempre dovuto al difficile compito istituzionale della magistratura va detto che la decisione della dottoressa Forleo è sbagliata de jure e de facto. Scrivere che "le attività violente in contesti bellici non possono essere perseguite a meno che non coinvolgano civili" significa ignorare la realtà del conflitto in Iraq, dove il fronte principale dei ribelli è la popolazione civile. A cadere sotto le lame dei pugnali, gli ordigni improvvisati montando una mina con la sospensione di un’auto, sotto le autobomba e crivellati da colpi di Ak 47 sono i civili iracheni, che si vogliono terrorizzare prima del voto. Comprendendo che la sua sentenza può essere letta come un’assoluzione per la strage dei militari a Nassiriya e la morte del maresciallo Cola, e dimenticando l’esecuzione dei poveri Baldoni e Quattrocchi, la dottoressa Forleo si appella all’articolo 18/2 della Convenzione Onu del 1999, per cui "le attività violente o di guerriglia poste in essere in contesti bellici non possono essere perseguite", a meno che non degenerino in azioni di "terrore indiscriminato verso la popolazione civile". Ho visto a Bagdad le rovine dell’ambasciata di Giordania, ho visitato il quartiere generale dell’Onu pochi giorni prima che lo facessero brillare, uccidendo il messo di Kofi Annan, Sergio de Mello. È saltata la Croce Rossa. Hanno colpito bus, ospedali, università, luoghi di culto. La mattanza contro la popolazione inerme, protetta dalla Convenzione delle Nazioni Unite, non è un’eccezione sporadica. È il cuore della strategia di al Qaeda, di Zarqawi, della rivolta sunnita e fondamentalista. Ai tempi di Renzo Tramaglino e dell’Azzeccagarbugli, Internet non esisteva, oggi sì e lettrici e lettori potranno di persona confrontare la lettera e lo spirito della Risoluzione Onu con la filosofia giuridica della dottoressa Forleo. Altro dominio resta, poi, quello della politica ed è un peccato che i leader moderati della sinistra abbiano perduto l’occasione per ribadire che le stragi di civili non sono coperte da un sofisma. Quanto alla dichiarazione tv di Gianni Vattimo che "al Zarqawi è da paragonare ai partigiani della Resistenza", chi ha letto a suo tempo i bei saggi di estetica del professor Vattimo lamenta che non si tratti di un caso di omonimia.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …