Gianni Riotta: Anni di piombo. Cambio di stagione

31 Gennaio 2005
La stagione atroce del terrorismo italiano è già memoria elaborata in racconti, film, opere teatrali, spesso muovendo dallo strazio dei familiari delle vittime o dallo smarrimento di chi vide perdute gioventù e speranze. Gli eredi di quegli anni tumultuosi governano il mondo, dal presidente dell’Unione Europea Barroso al ministro tedesco Fischer, eppure, ovunque, il conflitto tra diritto e storia non si attenua. La Spagna si interroga sulla remota guerra civile del ‘36, il Cile vuol processare il dittatore Pinochet, gli Stati Uniti rinviano a giudizio gli anziani killer razzisti che linciavano i neri nonviolenti. Il Sud Africa ha organizzato una drammatica Commissione per discutere di torture e apartheid. Paesi che soffrono, si dividono, ragionano, pur di comporre le lacerazioni senza candeggiare i crimini nell’indifferenza. Solo l’Italia rilutta davanti alla necessaria maturazione morale, evolvere dall’odio alla riconciliazione nazionale, evitando colpi di spugna per i delitti, e il cinismo volgare che eguaglia boia e innocenti. È il nuovo patto che la signora Gemma Calabresi, moglie del commissario Luigi ucciso nel 1972, ha provato a chiedere in occasione della tardiva commemorazione del marito, ma che pochi accolgono, in politica e nel cuore. Ci sarà certo qualche leguleio capace di giustificare la scandalosa prescrizione che ha messo a piede libero i terroristi di Potere Operaio, colpevoli di aver arso vivi i fratelli Mattei, solo perché aderenti al neofascista Msi. Le persone di buon senso non sanno capacitarsi: senza essere forcaioli, che Achille Lollo, condannato a una lunga pena per quel delitto, possa rientrare in Italia, facendosi beffe della giustizia, amareggia. Gli estremisti di allora, ultimi esempi a sinistra Valerio Morucci e a destra Marcello De Angelis, si limitano alla chiamata di correo per un’intera generazione: tutti colpevoli, nessun colpevole. La storia andò diversamente, la scelta di dare morte come punizione politica venne consumata da individui che vollero disperdere cinicamente le utopie di tanti. L’opinione pubblica assiste perplessa alla messa in scena grottesca di criminali promossi a maître à penser, ultimo il latitante Cesare Battisti, coccolato da snob ed ingenui a Parigi. Il terrorismo si radicò negli anni maturi della Guerra Fredda, quando le ideologie degenerarono in delitto politico, ma i suoi frutti tardivi si diffondono ancora, fino alla morte di D’Antona e Biagi e al network di violenze sottotraccia nelle metropoli. Che fare? Come comportarsi davanti a un meccanismo che manda liberi Lollo e i suoi complici, vezzeggia assassini e riprende ex terroristi sui campi da tennis come starlet a Cannes? Per non ridursi alla farsa rassegnata, occorre che la comunità trovi il coraggio che i reduci del terrore non hanno dentro se stessi, la forza della verità e dell’armonia. I fratelli Mattei, massacrati come gli studenti di sinistra Rossi, Brasili e De Waure, tutte le vittime da una parte e dall’altra, insieme ai caduti di polizia, carabinieri e guardie carcerarie, sono accomunati dal trascorrere del tempo, uccisi dall’ingiustizia e dal rancore, e vanno onorati, ha ragione Gemma Calabresi, non attizzando la vendetta, ma esorcizzando il male con il bene. L’Italia del 2005 è divisa da tante legittime opinioni, ma unita a sufficienza per dichiarare chiuso, con il cambio di stagione di un’amnistia generale, il tempo del sangue in strada. I nostri padri, nel dopoguerra, ci riuscirono presto e l’amnistia politica per i repubblichini anticipò il clima benevolo degli anni del boom. Almeno non vedremo più killer liberi grazie a lungaggini burocratiche, almeno avremo compiuto un passo di comune accordo, dimostrando ai nipotini del terrore che la Repubblica è saggia nella sua giustizia. Con un caveat: ogni condannato che godrà i privilegi dell’amnistia, dovrà vuotare il sacco sui misfatti, mettendo finalmente al bando omertà, menzogne e mezze, vili, confessioni. Non potremo recuperare il sangue allora sparso, ma ricomporremo la memoria condivisa di una tragedia italiana.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …