Gianni Rossi Barilli: Sei gay? Niente espulsione

07 Febbraio 2005
Se sei gay e arrivi da un paese in cui gli omosessuali sono perseguitati non puoi essere espulso. Afferma questo principio, per la prima volta in Italia, una sentenza del giudice di pace di Torino Giuliana Bologna, che ha annullato un decreto di espulsione emesso nell'ottobre scorso nei confronti di un ragazzo senegalese di 24 anni. Il provvedimento di espulsione, ha spiegato il giudice Bologna nell'ordinanza di annullamento, non poteva essere preso perché la normativa vigente in materia di immigrazione vieta espressamente l'espulsione dello straniero verso stati in cui possa essere oggetto di persecuzione "per motivi di razza, di sesso, di lingua , di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali". L'orientamento sessuale non è incluso in questo elenco, ma l'omosessualità, sempre secondo il giudice, rientra certamente tra le "condizioni personali e sociali" che possono motivare persecuzioni. Visto poi che in Senegal è previsto il carcere da uno a cinque anni per i rapporti omosessuali e che il soggetto ricorrente aveva dichiarato la propria omosessualità anche a concittadini senegalesi, l'espulsione l'avrebbe quasi sicuramente esposto a serie conseguenze penali in caso di forzato rientro in patria. Ma, come si è maliziosamente chiesto il deputato leghista Luciano Dussin, "in base a quali prove il giudice decide se uno è omosessuale davvero oppure si dichiara tale per rimanere nel nostro paese"? In questo caso sono bastate alcune testimonianze e alcune tessere di associazioni gay sottoscritte dal giovane senegalese poco dopo il suo arrivo in Italia, circa un anno e mezzo fa, parecchio tempo prima che si presentasse la necessità di fare ricorso contro un provvedimento di espulsione.
Il protagonista della vicenda non ha voluto parlare con i giornalisti perché, ha fatto sapere attraverso un nastro registrato, "se i miei connazionali scoprono quelle cose lì possono denunciarmi nel mio paese. E se nel mio paese si venisse a sapere che sono gay mia madre verrebbe ripudiata con la motivazione che non mi ha educato come si deve, che non mi ha insegnato a essere un uomo". Al suo posto comunque hanno parlato in molti, pro e contro l'inedita sentenza torinese. Paolo Hutter, esponente dei Verdi e militante storico del movimento gay che ha seguito da vicino il caso del giovane senegalese, lancia un appello perché enti locali e associazioni pubblicizzino tra gli immigrati la possibilità di chiedere asilo o ricorrere contro l'espulsione in quanto gay perseguitati. E il presidente di Arcigay, Sergio Lo Giudice, invita esplicitamente "le persone omosessuali che sono venute nel nostro paese per fuggire da situazioni di persecuzione e repressione a rivolgersi alle nostre sedi". Considerato che i paesi che vietano per legge i rapporti omosessuali sono un'ottantina e che si trovano in particolare in Asia e Africa, si capisce che gli xenofobi professionisti siano già in allarme rosso.
Letteralmente in crisi di panico il ministro leghista Roberto Calderoli, che là dove il collega di governo Tremaglia aveva preferito l'espressione "culattoni", preferisce stranamente il meno dialettale "finocchi" e declama alle agenzie di stampa: "Povera giustizia, povera Italia, un tempo decantata come terra di santi, di poeti e di navigatori e oggi, invece, trasformata in terra di terroristi e di finocchi iregolari". Illustrato il suo umorismo da statista europeo, Calderoli dice che, "battute a parte", interverrà presso il capo dello stato e il ministro della giustizia per "difendere l'immagine di un paese che rischia di cadere veramente nel ridicolo". Che abbia intenzione di dimettersi?
Decisamente più interessante degli argomenti di Calderoli, su cui si scherzerà cameratescamente nel prossimo consiglio dei ministri, l'analisi del sociologo Raffaele Lelleri, esperto di problemi dell'immigrazione. A suo parere la sentenza torinese "è figlia della parziale bocciatura da parte della corte costituzionale della legge Bossi-Fini. La consulta ha infatti imposto che agli immigrati sottoposti a provvedimento di espulsione fosse garantita la sentenza di un tribunale. Il governo ha disposto che il compito spettasse al giudice di pace. Questo è un primo importante pronunciamento". Per la serie: avete voluto la bicicletta?

Gianni Rossi Barilli

Gianni Rossi Barilli, nato a Milano nel 1963, giornalista, partecipa da vent’anni alle iniziative del movimento omosessuale, come militante, scrivendo, discutendo e anche litigando. Ha lavorato a “il manifesto” dal …