Giorgio Bocca: Quella resistenza totale e feroce

18 Febbraio 2005
I veri resistenti in Iraq sono quelli che resistono, caro Fassino, non quelli che la pensano come noi, i ricchi della Terra che, gira e rigira, la pensiamo come gli americani. Dire che i veri resistenti iracheni sono quelli che sono andati a votare significa che a nostro parere i resistenti armati, quelli che guidano le autobombe, che attaccano la polizia collaborazionista non lo sono, sono delle presenze demoniache indegne del nome di resistenti.
Ma questo è un modo di ragionare tipicamente antistorico, colonialista, che appartiene al moralismo del più ricco e del più forte. È evidente che il modo di essere del terrorismo islamico, della resistenza islamica, non può piacere a chi è nato e cresciuto in una democrazia e in una cultura cristiana: non riusciamo a concepire i kamikaze e la loro totale indifferenza per la vita umana anche se nella galleria dei nostri eroi ci stanno combattenti che andarono deliberatamente alla morte, anche se nelle lettere dei condannati a morte della Resistenza ci sono scelte per la morte preferibile al tradimento e alla trattativa con il nemico.
Osama Bin Laden, il suo rappresentante in Iraq Al Zarqawi, i loro tagliatori di teste, i loro torturatori non corrispondono ai nostri modi di pensare e di praticare la resistenza; ma, piaccia o non piaccia, sono la resistenza come è concepibile in quello che chiamano l'integralismo islamico e anche il risorgimento islamico.
Questa resistenza totale e feroce non può essere negata perché non ci piace, perché usa dei metodi e delle armi che sfuggono alle nostre prevenzioni e alle nostre contromisure. Non può essere storicamente negata soprattutto perché, quando faceva comodo a noi, l'abbiamo praticata; perché quando faceva comodo agli americani radere al suolo le città giapponesi con l'atomica, le hanno rase; perché quando gli inglesi volevano terrorizzare la Germania nazista, la terrorizzavano con i bombardamenti al fosforo.
Lo sdegno e la demonizzazione dell'avversario o del diverso fanno parte della propaganda, ma il realismo storico è un'altra e più importante faccenda, e questo realismo storico avrebbe dovuto ricordare ai conservatori imperialisti di Bush che la maggior parte della pubblica opinione araba è per la resistenza totale, che l'11 settembre del 2001 per la maggior parte degli arabi è stata una vittoria e non la vergogna feroce che pare a noi occidentali e cristiani.
Questo nostro modo di giudicare gli altri secondo i nostri valori e il nostro metro è assai poco realistico. Prendiamo ad esempio l'esultanza, il gaudio generale a cui partecipa anche la sinistra italiana per le elezioni in Iraq. Hanno votato e hanno vinto gli sciiti, appoggiati dall'Iran dove il clero sciita è al governo.
Ma per cosa hanno gioito i democratici dell'Occidente? Che vadano al governo dell'Iraq gli stretti parenti religiosi degli ayatollah che hanno soffocato nell'Iran la democrazia, che in pratica abbia vinto un paese che è il primo nella lista americana degli ‟Stati canaglia”?
Nella realtà malamente dissimulata dalle retoriche vien fuori che noi, sinistra compresa, stiamo dalla parte americana, dalla parte degli interessi strategici ed economici degli Stati Uniti. Vien fuori che a noi della democrazia che potrà nascere da queste elezioni fatte in stato di occupazione interessa poco o nulla. Interessa soltanto che nasca un governo docile e subalterno, che normalizzi una buona volta l'estrazione e il commercio del petrolio, dia le concessioni alle”sette sorelle” e anche al nostro Eni, con piena soddisfazione del cavaliere Berlusconi che rivendica i meriti della nostra partecipazione militare.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …