Vittorio Zucconi: Lo scisma dei neo con l’Iraq divide la destra Usa

15 Marzo 2005
Un piccolo scisma dentro la destra americana, tra "paleo con" e "neo con", tradisce il grande dibattito in corso sul futuro dell’America nel mondo e delle sue guerre. Forse ricordandosi delle loro antiche radici trotskyste, i nuovi radicali della destra americana "neo conservatrice" hanno cominciato a bisticciare fra di loro. Nella perenne ricerca di essere più puri dei puri, un gruppo di teorici e pensatori raccolti nella rivista madre del movimento, National Interest, se ne sono andati sbattendo la porta, guidati da quel Francis Fukuyama che acquisì fama mondiale annunciando in un suo saggio scritto dopo il collasso dell’Urss che "la storia era finita". La storia, naturalmente, non finì affatto, e si vendica di chi ne aveva proclamato la fine prendendosi la ironica rivincita del frazionismo, con il consueto corollario di accuse reciproche di tradimento. La fuga dal periodico ‟National Interest” di dieci sui dodici membri del consiglio editoriale, sarebbe stato soltanto un episodio delle "beghe tra frati" che caratterizzano ogni confraternita intellettuale, giornalistica o accademica, se i "neo con" non fossero stati ispiratori e motore delle azioni politiche e militari della Presidenza Bush. E se la notizia dello scisma dentro la rivista fondata da uno dei padri spirituali del neo conservatorismo, Irving Kristol, non fosse arrivata sulle pagine del ‟New York Times”, che racconta del bisticcio con una buona dose di schadefreude, di gioia malvagia per i guai di coloro che tanti guai hanno causato proprio al grande quotidiano di New York, attaccandolo nei suoi momenti di difficoltà editoriale e di scandali interni, sarebbe rimasta chiusa entro il concistoro della nuova destra. È stata proprio la guerra in Iraq, che aveva segnato l’apoteosi e l’affermazione del potere indiretto dei neo con sui vertici della democrazia americana post 9/11, a provocare lo scisma. Nel momento in cui le elezioni in Iraq e i sintomi di movimento nel ghiacciaio arabo sembrano vendicare dottrina e prassi, Fukuyama e i suoi apostoli della purezza ideologica si sono scandalizzati per la vendita della rivista madre al "Nixon Center", un gruppo paleo conservatore, ispirato a quel Richard Nixon che, partito come fiero ideologo anti comunista, passò alla storia come colui che riconobbe la Cina comunista e mise in moto il processo di distensione con il Cremlino. Un caso classico dell’incendiario che muore pompiere, o di un "idealista" che finisce per dimostrarsi un "realista". E il "realismo", cioè il riconoscere i limiti e i rischi dell’interventismo americani, è, per i "duri e puri" del neoconservatorismo, eresia. Sotto la gestione del "Nixon Center" che ha rivelato il periodico assumendosene i debiti, il vice presidente del Centro, Robert Ellsworth, aveva annunciato in un editoriale la nuova linea. Già il titolo aveva scandalizzato i cardinali e i chierici neo con elogiando la "Splendida moralità del realismo" e scrivendo che "l’eccesso di zelo nella causa della democrazia, accompagnato dalla sottovalutazione dei costi e dei pericoli, ci ha condotto a una pericolosa sovraesposizione in Iraq". Per giustificare i loro presunti successi, gli "idealisti" si sono spinti a "una bizzarra disconnessione dalla realtà", in sostanza scambiando la loro propaganda per i fatti. La strategia americana deve essere guidata, concludono Ellsworth e il coautore, Dimitri Simes, dissidente e profugo dall’Urss, "dal senso del possibile". Parole che Nixon, Bush padre, Kissinger e i vecchi conservatori avrebbero potuto sottoscrivere. Ma anche una sconfessione della mistica della "democrazia da esportare" a ogni costo e ovunque, che è il Verbo del neo radicalismo e che, nel suo primo mandato, l’amministrazione Bush aveva fatto propria. I puristi dell’idealismo non potevano digerire una simile abiura e infatti Fukuyama, che pure aveva espresso in passato molti dubbi sull’avventura irachena prima di cambiare di nuovo posizione, Samuel Huntington, autore del fortunato slogan sullo "scontro di civiltà", Midge Decter, autrice di un saggio dal modesto titolo di Always Right (gioco di parole tra "sono sempre nel giusto" e "sono sempre a destra") con altri nove se ne sono andati, svuotando il cervello della rivista dai custodi della ortodossia neo con. Una tempesta in una tazza di tè ideologico, se non fosse il sintomo di qualche malumore di ideologi e di polemisti che temono di dover assistere, nella seconda presidenza Bush, proprio al ritorno, del "realismo" nella politica estera americana. Paul Wolfowitz, il teorico massimo del neo conservatorismo, ha lasciato la seconda poltrona del Pentagono, e la Casa Bianca sta tentando di parcheggiarlo alla Banca Mondiale, una di quelle burocrazie multilaterali che i neo con detestano. Al dipartimento di Stato è salita la dottoressa Rice, che un’adepta della setta neo con non è mai stata e ha fatto carriera sotto la protezione di un altro nemico giurato dei radicali di destra, il vecchio generale Brent Scowcroft, critico della guerra in Iraq. Dal Texas, Bush ha richiamato, perchè si occupi della sua popolarità vacillante, Karen Hughes, la cui sola ideologia è l’assoluta devozione al Presidente. E un personaggio controverso, affine ai neo con ma non riconosciuto dai custodi della vera fede, John Bolton, è stato nominato ambasciatore all’Onu, lontano da Washington. Il mini-scisma dentro l’organo storico dei neo-con è quindi il paradigma di una battaglia già in atto tra le componenti della destra americana, quella tradizionale e realista, e quella radicale e interventista. Una battaglia che, nella previsione di un lungo regno repubblicano, guarda già al dopo Bush per decidere quale direzione dovrà imboccare il colosso americano nella propria quotidiana tentazione di iperpotenza solitaria.

Vittorio Zucconi

Vittorio Zucconi (1944-2019), giornalista e scrittore, è stato condirettore di repubblica.it e direttore di Radio Capital, dove ha condotto TG Zero. Dopo aver cominciato nel 1963 come cronista precario a …