Marco D'eramo: Doppia agonia

29 Marzo 2005
Ormai le immagini si confondono: è il sorriso neurovegetativo di Terri Schiavo a benedirci da Piazza San Pietro; mentre i fondamentalisti cristiani manifestano per non staccare la spina a Karol Wojtyla e si battono perché possa ancora protrarsi il suo urlo ammutolito, tremante. Nel colossale Blob della nostra civiltà, dieci volte al giorno, martellanti i notiziari tv replicano queste due esibizioni incrociate di morte imminente. I loro rantoli vanno a ruba nel mercato delle news. Colti da una furia necrofila, i mass media non ci risparmiano nessuna minuzia clinica. L'apparato informatico globale masterizza instancabile l'indecenza di queste agonie sciorinate su set. Da un basilisco a 24 pollici, l'attenzione del pianeta è ipnotizzata su due vite defunte, su due decessi sospesi.
Per coincidenza, i genitori di Terri Schiavo non sono tipici integralisti del protestantesimo statunitense, ma rappresentano invece il conservatorismo cattolico, lo stesso in nome del quale fu eletto e governò Wojtyla; ieri la homepage di Netscape così titolava l'ultima ora: ‟I genitori di Terri ottengono vittoria: consentita la comunione” (in che senso? inghiottendo quale ostia, dopo quale confessione?). Sempre per coincidenza, i due apparati ideologici che ci controllano sovrani - da un lato l'impero mondiale, unica superpotenza planetaria, dall'altro il papato, che si vuole proconsole vicario della trascendenza su questa terra - diffondono a sudditi e fedeli lo stesso messaggio parossistico in soccorso di due umani in necrosi. Sia il presidente Usa George Bush, sia la Curia vaticana si ammantano di un Cristo, di cui, altra coincidenza, proprio in questi giorni si celebra la morte non rifiutata, non procrastinata, ma accettata (mentre dalla cerebrolesa e dal pontefice ci è comunicata una stupefacente sfiducia nei confronti della resurrezione).
E queste coincidenze finiscono per non essere più tali perché, al posto della causalità, il sistema di comunicazione di massa ha assunto la compresenza come principio esplicativo della storia. Nella narrazione del presente, la simultaneità in un palinsesto tv, la sincronicità in un menabò di prima pagina funzionano come fattore di correlazione causante. La cronologia ha unito Schiavo e Wojtyla nell'isteria mediatica della loro agonia; perciò, accoppiati, i loro due trapassi preannunciati si combinano in una sola immagine della nostra società.
Mettiamo da parte i retroscena, gli intrighi, che pure s'intraleggono dietro questi melodrammi da real tv: a Washington i calcoli politici di Karl Rove per il voto degli integralisti cristiani in vista delle elezioni di mezzo termine (ottobre 2006); a Roma le manovre del clan polacco per assicurarsi posizioni di forza nel prossimo conclave.
Resta comunque soverchiante un senso di decomposizione. Questi due poteri forti, fortissimi, sembrano aver perso contatto con la vita vera. Ormai sconnessi da miliardi di umani in carne, ossa e nervi, non sono più in grado di rivolgersi alle loro disperazioni reali e speranze concrete. Di fronte a guerre, carestie, catastrofi ambientali, ingiustizie che gridano vendetta al cielo, loro che fanno? Allestiscono produzioni kolossal di agonie soap, si rifugiano in improbabili sceneggiati da intubazione e accanimento terapeutico che neanche Medici in prima linea. Per gli antichi, saper morire era un'arte da coltivare; e il bilico con l'infinito nulla, con l'eterno silenzio costituiva il momento della verità di un carattere. Oggi la strumentalizzazione istrionica e sguaiata della morte da parte della Chiesa e dell'Impero ci rivela un'altra verità del nostro tempo: in un odore dolciastro di fiori marci, la tragedia si fa caricatura e il melodramma precipita nell'umorismo nero.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …