Gianni Riotta: La morte del Papa. Le chitarre, il silenzio

06 Aprile 2005
‟Eccellenza!”, ‟Monsignore!”, il passante, che va in mesto pellegrinaggio a piazza San Pietro, è l’unico nella grande folla a riconoscere il cardinal Joseph Ratzinger, che alle 22 e 35 rientra oltre il portone pesante di ferro battuto in viale della Porta Angelica. Un solo agente di polizia scorta il teologo che ha in mano i precetti della fede, l’uomo cui papa Giovanni Paolo II ha comandato di vigilare perché la tradizione della Chiesa cattolica apostolica romana resista nel tumultuoso mondo globale. Il cardinal Ratzinger non si ferma, la chioma bianca celata sotto un basco nero, mormora appena ‟Preghiamo, preghiamo...”, e non si sa se parli al passante commosso, alla folla ignara che entra sotto il colonnato del Bernini o a se stesso, cattolico tra gli altri anonimi. L’agente ora si ferma, il cardinale teologo tedesco scompare in Vaticano, ‟Va da lui, dal Papa, sembra un pittore con quel basco no? Appena ha saputo, è corso qui”. Le colonne della piazza che è centro della cristianità hanno ispirato ad Andrzej Jawien una sua poesia antica ‟in questo luogo, i nostri passi incontrano la terra da cui sprizzano colonne e muri... ma non devi perderti tra loro, vai avanti a cercare te stesso e il tuo significato... cosciente delle tue debolezze e dei tuoi fallimenti”. Andrzej era Karol. Lo pseudonimo di un poeta in erba, un Andrzej che cela Karol Wojtyla, il futuro vescovo di Cracovia e Papa, l’uomo che adesso la folla tra cui è passato, uno come tanti, anche il potente cardinal Ratzinger, commemora. Le colonne e i muri che sprizzano dalla terra schiacciano i principi della Chiesa, i ragazzi con la chitarra, le mamme con le candele, le suore filippine, i due ragazzi omosessuali che si tengono per mano e recitano il Rosario, senza far scandalo, vestiti da discoteca, in una parrocchia all’aperto tollerante di chi fuma, e tra un’acre boccata e l’altra invoca "venga il tuo regno...sia fatta la tua volontà". Verranno i grandi della terra alle esequie di Giovanni Paolo II, verranno i 117 cardinali ad eleggere il nuovo pontefice, la Roma secolare della politica e degli intrighi tornerà ai suoi traffici indolenti. Non stanotte, stanotte come il papa ha previsto nei suoi versi di un giorno e un mondo lontani, ognuno è qui ridotto alle sue debolezze, dai giovani, al sacerdote inginocchiato sui sampietrini. Gli artifici e i simboli di un mondo che Wojtyla contestò con la stessa foga con cui aveva ribaltato le dittature restano stanotte fuori da San Pietro, la Chiesa trionfante dei grandi raduni in diretta mondovisione è contratta dal lutto alla Chiesa militante, dove tutti si sentono uguali e peccatori, dentro il mondo ma non schiavi del mondo, come ammonisce la "Lettera a Diogneto" dei primi cristiani che una suora tiene nella borsa di canapa. Domani la Chiesa si troverà orfana del Papa che l’ha condotta con mano severa per oltre un quarto di secolo. La suora che recita il Rosario dalla scalinata di San Pietro simboleggia le migliaia di cattoliche che chiedono ora il sacerdozio? I ragazzi gay che cosa imploreranno dal loro nuovo pastore? I giovani delle chitarre, spente le candele, come si concilieranno con i precetti antichi? E il pretino con la tonaca preconciliare saprà parlare ai dissidenti del teologo Boff, discepoli della chiesa rivoluzionaria? Domani le anime dei cattolici romani saranno "tra le colonne sprizzate dalla terra" a confrontarsi, forse a scontrarsi. Non stanotte. Cieca la finestra da cui il papa benediceva i credenti e dava sollievo ai non credenti ricordando che Dio non è morto, ognuno ritorna se stesso. Il custode della fede Ratzinger è un parroco con il baschetto nero, sgomento come il più semplice ex chierichetto di una volta. Il Rosario da San Pietro è recitato da suore e sacerdoti senza paramenti. Le telecamere non sono più petulanti, ma assorte come i rintocchi delle campane. Ognuno considera chi è stato e chi teme, o auspica, di diventare domani. Un bilancio duro per giovani e vecchi, ed è come se ciascuno si affidasse al pontefice defunto, chiedendo indulgenza per quel momento terribile colto dai suoi versi, quando dovremo conteggiare "debolezze e fallimenti".

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …