Gianni Riotta: Referendum in Francia. Se parigi dice no all'Europa

15 Aprile 2005
Se non cambia d’umore entro il 29 maggio, la Francia boccerà la Costituzione europea. Le conseguenze della decisione saranno storiche, fermando il processo di unificazione del nostro continente aperto nel 1945 e circondando di incertezze l’euro. ‟La moneta comune è un progetto politico” vaticinò il ministro tedesco Joschka Fischer: se la Costituzione cade a Parigi, gli euro continueranno a circolare, perdendo però il valore simbolico e con il futuro economico appannato. I no sono, secondo il quotidiano Le Monde, a quota 53% e oggi il presidente della Repubblica Jacques Chirac butta il suo residuo prestigio in favore dei sì, in una diretta tv che ha pochi precedenti. Ricorderà quel che l’aristocratico ex presidente Valery Giscard d’Estaing ha ammesso, davanti a seicento alti ufficiali della Scuola militare di Parigi: ‟Se vince il no è la crisi!”. La crisi di che cosa, e perché la capitale madrina d’Europa, medita di cancellare la carta costituzionale che proprio Giscard ha per primo firmato? Deragliato da una delle nazioni fondatrici, il progetto europeo perderà smalto e fascino, mentre l’Unione si candida come ‟contrappeso” sociale e culturale degli Stati Uniti e la Cina, rivendicando il ruolo di leader in Asia contro il Giappone, appare già potenza del futuro. Il dilemma francese condensa i guai della Costituzione, un testo arido, redatto a tavolino da pochi politici, incapace di evocare la ricchezza sociale, culturale e ideale del continente. La Costituzione esangue permette ai suoi nemici, a destra e a sinistra, di affondare i colpi con efficacia. Così l’ex ministro gollista Charles Pasqua, conservatore, impreca contro il tomo ‟federale, ultraliberale, atlantico”, mentre a sinistra il socialista Henri Emmanuelli incita a votare no contro ‟l’economia anglosassone che erode i diritti dei lavoratori”. È la difesa del piccolo mondo antico, di un’Europa ‟sociale” che annegherà rapidamente nelle correnti tumultuose del mondo globale, ma che i Tartarini del ‟no” evocano alla nostalgia degli elettori come presepe di virtù distrutto dalla ‟Costituzione all’americana”. C’è chi predica il no usando la Turchia come spauracchio e chi profetizzando licenziamenti di massa. Ecco il dramma in corso a Parigi. Quali che siano i difetti della Costituzione, e non sono pochi, una bocciatura in odio al futuro, costerà l’impasse del progetto Unione. I padri costituenti hanno creduto di poter aggirare la stesura di un testo nutrito di cultura continentale e si trovano adesso a rischio, davanti a cittadini che diranno di ‟no”, ossessionati dal futuro ‟all’americana”. Il fronte del sì non trova nella Costituzione i principi per una campagna di entusiasmo e i delusi di Maastricht si moltiplicano. ‟Se dite di no distruggete l’Europa!” ammonì Francois Mitterrand nel 1992, per far passare il Trattato di Maastricht e ce la fece, per un pugno di voti. Il motto dell’antico presidente vale ancora. Olanda e Danimarca possono permettersi una maggioranza di no, ma se è la Francia a non credere più all’Europa, sfioriscono le speranze di mezzo secolo. E infatti la cruciale discussione sul modello di unità europea scade a deprimente referendum sull’American way of life, con destra e sinistra coalizzate nell’esorcizzare ‟il mercato anglosassone”, e i fautori del sì ridotti a pigolare che il miglior modo di essere ‟antiamericani” è approvare il Trattato. Se, d’un soffio, la Costituzione sopravviverà alla ghigliottina del referendum dovremo dire grazie ai francesi: ma, dal giorno dopo, capire come raffinare l’interpretazione della Carta per varare un’Europa dove ‟sociale” non significhi stantio, conservatore, decadente.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …