Gianni Riotta: Papa Benedetto XVI. La scelta di farsi missionario contro il pensiero dominante

21 Aprile 2005
Scegliendo come nome Benedetto XVI, il cardinal Joseph Ratzinger tiene fede alla fama di intellettuale, nata quando il professor Hans Küng lo prescelse per la cattedra della Facoltà teologica di Tubinga, senza la tradizionale competizione con gli altri studenti. È infatti San Benedetto a rompere con la regola ‟celtica” degli eremiti e prescrivere, nel VI secolo, la sua aurea Regola, lavoro e preghiera per i monaci, che da Monte Cassino vanno missionari ad evangelizzare l’Europa delle tribù selvagge. Papa Paolo VI sceglie San Benedetto come ‟Patrono d’Europa” , per ricordare alla nascente Comunità europea il monaco che cristianizzò il continente. L’ultimo papa Benedetto, il XV, governò la Chiesa dal 1914 al 1922, dallo scoppio della Prima guerra mondiale, alla rivoluzione russa e l’avvento del fascismo, l’inizio di quella che lo storico inglese Barraclough definisce ‟la guerra civile europea”, chiusa nel 1989 dalla caduta del Muro di Berlino. Benedetto XVI si propone come il pontefice missionario in un’Europa dove solo un italiano su quattro, e un francese su dieci, vanno in Chiesa, dove i musulmani crescono più rapidamente dei cattolici, e dove, al seminario francese di St. Sulpice, il reverendo Jean Luc Védrine ospita appena 52 aspiranti sacerdoti e guarda malinconico le 148 celle vuote per la crisi di vocazioni. Il Santo Padre indica a un miliardo e 27 milioni di fedeli che la guerra civile delle ideologie europee è finita, lasciando però la Chiesa ‟barca che fa acqua e talvolta sembra affondare”, come ha pregato, in toni tragici, lo scorso Venerdì Santo. Nella messa per invocare lo Spirito sui cardinali che lo hanno eletto, Ratzinger denuncia il relativismo culturale” , che considera epidemico fin dal 1968. In quell’anno, il chierico progressista di Küng e del cardinal Frings, l’entusiasta giovane ‟peritus” , teologo del Concilio Vaticano II, resta ‟orripilato” dalla rivolta degli studenti, secondo il suo biografo John Allen. Non esita quindi a rigettare l’insegnamento di Küng e, chiamato a Roma da Wojtyla, ( ‟quella di Ratzinger fu la scelta più personale dell’intero pontificato di Giovanni Paolo II” ama ripetere il portavoce del Vaticano, Joaquín Navarro Valls) a predicare contro ‟il femminismo radicale” , la ‟teologia della liberazione” di Leonardo Boff in America Latina, l’omosessualità ‟intrinseco male morale” , a discutere se i politici favorevoli all’aborto possano ricevere la Comunione, e bollare come ‟autoerotismo spirituale” il Buddhismo. Nell’autobiografia Pietre miliari 1917 1977, Ratzinger parla commosso del padre Giuseppe e della madre Maria, nomi simbolici, dell’amore per Sant’Agostino, ‟il mio maestro, cui ho dedicato la tesi di laurea del 1953”, e della diffidenza per San Tommaso, ‟ho sempre trovato la sua logica cristallina troppo chiusa in se stessa ‟. Benedetto XVI crede nella Chiesa come ‟granello di senape”, lievito che, ‟anche se in minoranza” , sfida il pensiero dominante. È persuaso che i cattolici siano ‟minoranza creativa” malgrado le folle di Giovanni Paolo II e che solo predicando la propria fede vinceranno il nichilismo. A Tubinga meditava sulle Confessioni di Agostino, in interiore homine habitat veritas , e da allora non ha smesso di ricercare e imporre la verità nella Chiesa. Da anni in Vaticano gira una storiella: quando il teologo progressista Küng va da San Pietro, in Paradiso, discute a lungo le sue tesi, poi esce piangendo, ‟come ho potuto sbagliare tanto!”. Il dissidente Boff affronta l’esame celeste davanti a Pietro e conclude in lacrime, ‟come ho potuto sbagliare tanto!”. Infine tocca a Ratzinger, e quando l’arduo esame teologico si conclude, San Pietro esce singhiozzando ‟come ho potuto sbagliare tanto!”. Questo, dalla dottrina al sorriso, è Benedetto XVI, l’uomo che la sera della morte del Papa arrivò a piedi in San Pietro, nascosto da un gran basco nero e al fedele che lo chiamava confuso ‟Monsignore!”, rispose commosso ‟Preghiamo!” benedicendo.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …