Marco D'Eramo: Londra dopo le elezioni. Assedio a Tony Blair

10 Maggio 2005
L'assedio a Tony Blair è già iniziato. Come per la guerra di Troia, l'unica incertezza è quanto durerà. Pare paradossale, per un leader che ha ottenuto 66 seggi di maggioranza (circa 160 deputati più dei conservatori), mentre nel 1979 Margaret Thacher sembrò solidissima con 40 deputati di maggioranza. Il fatto è che anche in politica conta la dinamica, non la statica: Thatcher passava dall'opposizione al potere, mentre Blair cala da una vertiginosa maggioranza e perde una cinquantina di deputati. Così, mentre i peones conservatori erano grati alla Lady di Ferro, ora quelli laburisti sono imbufaliti. La sinistra del partito chiede che Blair annunci subito che si dimetterà tra 18 mesi (ma è chiaro che, se lo facesse, dovrebbe poi dimettersi molto prima). Il tentativo di Blair è invece quello di restare per tutti i cinque anni (o almeno quattro) del mandato, rimangiandosi così per l'ennesima volta l'ennesima promessa fatta in campagna elettorale al suo eterno compagno e rivale Gordon Brown, il potentissimo Cancelliere dello Scacchiere (superministro dell'economia).
Così è da domenica che si moltiplicano le dichiarazioni dell'opposizione interna. Per l'ex ministro degli esteri Robin Cook, Blair «dovrebbe essere rispettato per aver fatto del Labour il naturale partito di governo, ma dovrebbe andarsene prima delle elezioni comunali della prossima primavera». Per Frank Dobson, ex ministro della sanità, Blair ha costituito un «enorme ostacolo nelle elezioni»: «Gordon Brown è colui che ci ha fatto vincere le elezioni e tu Tony ci sei costato un sacco di seggi». L'ex ministra dei trasporti Glenda Jackson ha detto che a tutti i suoi comizi il pubblico gridava e voleva che Blair se ne andasse. Per Des Turner, del centro del Labour, «sarebbe carino vedere Brown incoronato già nel prossimo settembre, al congresso del partito». La lista potrebbe continuare a lungo.
Ma i cosiddetti ribelli hanno la forza di imporre una scadenza al premier? A prima vista no. Sui 355 deputati della nuova camera, solo in 41 si erano opposti con costanza (nella precedente) alla guerra in Iraq, alla privatizzazione parziale degli ospedali, all'aumento delle tasse universitarie, all'introduzione obbligatoria delle carte d'identità. Non hanno quindi la forza per rovesciare Blair al congresso di Brighton, dal 25 al 29 settembre prossimi. Si tratta allora della classica maretta di partito, una guerriglia parlamentare di cui si potrà misurare la portata solo quando saranno messe al voto leggi controverse.
L'indebolimento di Blair però è apparso chiaro anche nella formazione del nuovo gabinetto, in cui il premier non ha avuto la forza di imporre i suoi diktat a parecchi ministri. D'altra parte, tra i fautori di Blair e quelli di Brown è ormai «guerra di gang», come ha detto un altro ministro. Dopo un solo giorno al suo posto, il nuovo ministro delle pensioni David Blunkett (il cui ritorno nel gabinetto è stato imposto da Blair) è già ai ferri corti con il Cancelliere dello scacchiere sulla riforma delle pensioni. La ministra dell'ambiente si è già opposta formalmente alla costruzione di nuove centrali nucleari, volute dai blairiti. Perciò, se di defenestrare formalmente il premier non se ne parla proprio, invece il logoramento può avere sbocchi informali: gli «uomini in grigio», cioè il consiglio dei saggi, o gli stessi ministri, possono imporgli una partenza anticipata.
Blair però è un combattente e quindi non si arrenderà tanto facilmente, anche se i più maligni tra i suoi oppositori già parlano di suoi problemi fisici. Ma a logorarlo saranno soprattutto altri tre fattori. In primo luogo l'impasse in cui si troverà sotto di lui la politica estera britannica, con un riflesso negativo sulla capacità americana, per esempio, di varare offensive contro l'Iran o la Siria. In secondo luogo l'offensiva che già sta esercitando verso i lui il padronato per strappargli maggiori aiuti e sgravi fiscali. Non a caso il ‟Financial Times” titolava ieri: «Il padronato dice a Blair che deve conquistarsi la sua fiducia».
Il terzo e più grave fronte è quello economico, su cui le notizie sono fosche. A marzo (ancora prima che la Rover fosse chiusa) la produzione manifatturiera è scesa dell'1,6%, il calo più grave del decennio (la produzione industriale generale è scesa dell'1,2%). Le vendite al dettaglio sono calate a marzo e aprile. Il mercato immobiliare è in stallo. La crescita nel primo trimestre è stata solo dello 0,4%, la più bassa degli ultimi due anni. Tanto che la Banca d'Inghilterra ieri non ha alzato il tasso di sconto, e lo ha tenuto al (pur alto) livello del 4,75%. Se la situazione si deteriorerà ancora, ne risentiranno le entrate fiscali e per il governo laburista si preannunciano giorni difficili.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …