Gianni Riotta: Cardinal Martini. Il discernimento, un dono non relativo

12 Maggio 2005
Viva ‟l’Avvenire”, viva il ‟Corriere della Sera” ed evviva il sito ‟www. chiesadimilano.it” che ci informano, un po’isolati, dell’omelia che il cardinale emerito di Milano, Carlo Maria Martini, ha pronunciato domenica in Duomo in occasione del XXV anniversario dell’ordinazione episcopale. Martini parla di ‟tenerezza di Dio”, riportandoci con semplicità a una fede calorosa, da parrocchia, dove ognuno trovi conforto alle difficoltà della vita quotidiana e alla complessità feroce del mondo. Raccontando delle meditazioni a Gerusalemme, dove si è ritirato dopo Milano, Martini ci invita nella sua cella: ‟Dalla mia finestra riesco a intravedere il Monte degli Ulivi... lo guardo e penso " Gesù tornerà". L’angoscia di sentirsi perduti, in preda alla solitudine, ci sconvolge e il teologo Sergio Quinzio, negli ultimi giorni di vita, si chiedeva smarrito se Gesù mai sarebbe tornato oltre la morte. Inviato da questo giornale al seguito di Papa Paolo VI nel primo, storico viaggio in Terra Santa, il poeta Eugenio Montale prova ad esorcizzare l’ansia negli articoli sui sicomori, che poi diedero vita ai celebri versi ‟Come Zaccheo”: Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro per vedere il Signore se mai passi... Ecco, il cardinal Martini ci esorta a non alzarci in punta di piedi, affaticandoci sul sicomoro, perché ‟Gesù tornerà”. ‟Si dice giustamente che nel mondo c’è molto relativismo, ma c’è anche un relativismo cristiano: leggere ogni cosa in relazione a questo momento in cui il Signore sarà giudice dei suoi. Allora non ci cureremo più degli applausi o dei fischi, ma le opere degli uomini appariranno nel loro valore. Molte cose si purificheranno”. Non pretendo di illustrarvi il passaggio, lo lascio alla vostra coscienza. Vi dico come suona dentro di me: non tutte le verità sono uguali, ma dobbiamo vigilare contro la pretesa che la nostra sia, solo perché nostra, migliore comunque di quella degli altri. Senza cadere in un pantano dove il bene vale quanto il male, evitando l’aridità del nichilismo dominante, ‟Non vale la pena. Chi te lo fa fare? Impara a stare al mondo!”, apprezzare gli altri. ‟Non basta la tolleranza, è troppo poco. Nemmeno il tentativo di convertire subito, perché questa parola in certe situazioni e popoli suscita muri invalicabili. Si tratta invece di vivere insieme da diversi, fermentandoci a vicenda, in modo che ciascuno sia portato a raggiungere più profondamente la propria autenticità, la propria verità...”. A chi propone lo scontro delle civiltà, ‟abbattiamo loro perché noi siamo migliori”, Martini obietta, come pure a chi parla di tolleranza semplice, uno accanto all’altro con un pizzico di paternalismo. E obietta anche a chi cade nel banale ‟l’Occidente ha sempre torto”. Parla, con saggia modestia, di ‟vivere insieme fermentandoci... per superare le diffidenze reciproche”. Davanti ai fedeli raccolti in piazza San Pietro dopo la morte di Giovanni Paolo II, Martini ricorda di avere pregato per il ‟dono del discernimento”. Ecco una preghiera da condividere. Viviamo in un mondo in guerra, dove languono libertà e benessere, i progressi della scienza ci aprono frontiere e schiudono ansie, costringendoci a scelte insidiose, in economia, in politica, in cultura: il ‟dono del discernimento” è davvero manna. Dobbiamo decidere come, e quando, la vita comincia, quattro voti in una scheda, se le truppe a Nassiriya difendono il diritto o l’oppressione, se il mercato globale arricchisce i pescecani o può sfamare le mamme del Senegal. Ogni giorno ci proviamo, con i nostri modesti mezzi e nel clamore degli spacciatori di verità che smaniano per gli applausi e fischiano protervi gli avversari dei loro interessi. Ecco, il ‟dono del discernimento”: la consapevolezza di vivere le nostre verità senza impugnarle come clave contro gli altri, con la forza di lasciarci ‟fermentare” dai valori altrui. Una lezione di umiltà: proviamo ad ascoltarla, se ci riesce nel gran chiasso.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …