Riccardo Staglianò: Darfur. Indagine su un massacro

08 Giugno 2005
La Corte dell'Aja vuole la verità sul Darfur e apre un’inchiesta. Ma il Sudan la diffida: ‟Nessun cittadino sarà giudicato da un tribunale straniero”. L’annuncio, ieri, di questo snodo importante per una delle peggiori catastrofi umanitarie di tutti i tempi, si è subito scontrato con la netta opposizione dello stato africano. Che non collaborerà nel tentativo internazionale di appurare le responsabilità che hanno portato a 2 milioni e 400 mila sfollati e un numero variabile tra 180 e 300 mila vittime dal 2003 a oggi. ‟Se vogliono venire a dare un'occhiata - si è limitato a dire Majzoub al Khalifa, capo negoziatore di Khartoum - sono i benvenuti, ma se pensano di mettere sotto processo dei sudanesi, è inaccettabile”. Tanto più se venisse fuori, come sembra probabile, che avessero a che fare a vario titolo con il governo. è stato il procuratore del tribunale internazionale, l’argentino Luis Moreno Ocampo, a dare il via formale all’indagine. Due mesi dopo aver ricevuto l’incarico dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e, dalla commissione d’inchiesta guidata dal professor Antonio Cassese, la lista dei 51 nomi di potenziali "criminali di guerra". ‟L’inchiesta - ha assicurato - sarà imparziale e indipendente”. Nel rapporto della fine di gennaio la commissione Cassese, pur concludendo che Khartoum ‟non ha perseguito una politica di genocidio in Darfur” ha sottolineato che ciò non deve ‟minimizzare la gravità degli abusi”. Secondo Amnesty International le truppe governative, appoggiate dalla milizia paramilitare dei Janjaweed, avrebbero ripetutamente attaccato la popolazione civile. Con lo scopo di piegare gli indipendentisti del Darfur Liberation Army, poi ribattezzato Esercito della liberazione del Sudan. Quello che è certo è che gli scontri tra ribelli e le milizie proseguirono in modo molto cruento sino al cessate il fuoco firmato a N’djamena, capitale del Ciad, l’8 aprile del 2004. Un primo stop alla mattanza, cui sono seguiti i colloqui di pace di Addis Abeba e le due risoluzioni (luglio e settembre 2004) in cui l’Onu minacciava il ricorso a sanzioni economiche, per arrivare al trasloco dei negoziati in Nigeria. Sino a oggi. ‟Questo annuncio nuocerà ai negoziati che riprenderanno venerdì ad Abuja” ha commentato il ministro aggiunto degli esteri Naguib Al Kheir Abdel Wahab, ‟e incoraggerà i ribelli a essere intransigenti”. Il Movimento di liberazione del Sudan, per parte sua, si è ‟congratulato per la coraggiosa iniziativa”. Ma non c’è pace neppure tra i ribelli: ieri, in scontri tra gruppi, sono morte 7 persone e 11 sono rimaste ferite.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …