La diagnosi del dottor Aswani. Un colloquio con l’'autore di Palazzo Yacoubian

14 Dicembre 2005

Allo Yacoubian, tutta questa pubblicità comincia a stare stretta. E per questo che il portiere, un vecchio bawab nubiano, sdrucita galabyia celeste e turbante bianco immacolato, blocca i curiosi alla base della scala. Nella penombra, su in alto, c'è un mondo sconosciuto. Quello di un palazzo degli anni Trenta nel pieno centro del Cairo. Downtown, per la precisione. Il quartiere in cui occidentali ed egiziani vivevano insieme ai tempi del protettorato britannico, senza che vi fossero ghetti dorati per i colonizzatori.
Il palazzo Yacoubian è ormai da tre anni la mèta di uno strano pellegrinaggio letterario. Chi ha letto Imaret Yacoubian, il bestseller di ‘Ala al-Aswani che prende il nome da quell'edificio di nove piani voluto da un businessman armeno (traduzione inglese: The Yacoubian Building) non può fare a meno di allungarsi sino al numero 34 di viale Talaat Arb, a due passi dalla sinagoga del Cairo, dalla mitica pasticceria Groppi e dal cafè Riche.
‘Ala al-Aswany continua a dire che il suo palazzo Yacoubian, i suoi personaggi, tutto l'impianto del libro non c'entrano niente con chi, in quell'edificio, ci abita veramente. Qualcuno dei residenti, però, pensa il contrario, tanto da averlo citato in tribunale per danni, e aver minacciato anche i produttori del film che si sta girando proprio in questi mesi. La pellicola con il budget più alto della già prolifica storia del cinema egiziano.
La curiosità morbosa non riesce, da sola, a spiegare i motivi dell'incredibile successo che Imaret Yacoubian ha avuto. Prima presso il pubblico arabo, che ha già esaurito la quinta edizione. E ora presso i lettori anglofoni, che - nei pochi mesi dall'uscita della traduzione di Humphrey Davies per i tipi deli' American University of Cairo Press - hanno deciso che l'opera seconda di ‘Ala al-Aswani diventerà un film e sarà proiettita negli States. Appuntamento già in agenda: estate 2006, quando la prestigiosa Harper Collins pubblicherà il paperback.
Imaret Yacoubian, il Palazzo Yacoubian, parla di un Egitto in crisi d'identità. Un luogo di sofferenza, umiliazione e debolezza, nei cui lunghi corridoi sfilano come in un catalogo i nuovi volti del Paese.
Busayna, la ragazza che per mantenere la famiglia si prostituisce con il suo boss, un commerciante d'abbigliamento. E che poi, invece, sposerà un uomo cortese, anziano ed elegante Zaki bey, nostalgico e decadente amante della Cairo che fu. Taha, un tempo il fidanzatino di Busayna; diventerà un islamista radicale, e poi un terrorista perché il suo sogno di diventare poliziotto è stato bruciato in pochi minuti. Solo perche suo padre era un portiere. E Souad, la donna che sposa con un matrimonio privato (quello urfi) Hagg Azzarn, il simbolo del businessman corrotto che diventa deputato ed entra nell'ingranaggio del regime. E infine Hatim, il giornalista gay e la sua tragica storia d'amore con Abduh.
Hatim è la vera novità sociale, più che culturale, del romanzo. ‟Da noi- spiega Aswany -, gli atteggiamenti sono solo due. O non vediamo gli omosessuali, cioè non li identifichiamo come tali. Oppure non ci piacciono. Io ho tentato di fare quello di cui la letteratura è capace. Di renderci solo esseri umani, più tollerati e anche più comprensibili agli altri”.
L'umanità dolente sta tutta lì, stretta sul palcoscenico del Palazzo Yacoubian. Il ‟luogo come personaggio”, insomma, nel solco degli scrittori che hanno influenzato Aswani. Da Gabriel García Márquez all'Ivo Andric del Ponte sulla Drina. Sino, ovviamente, a Naguib Mahfouz, cantore della Cairo pre e postnasseriana.
Se qualcuno lo appaia a un novello Mahfouz dell'Egitto contemporaneo, Aswani si schernisce. Lui, che ha conosciuto l'unico Nobel arabo per la letteratura quando era un bambino perche Mahfouz era amico
di suo padre. Lui, che considera Mahfouz "il professore". Lui, che come il suo maestro non fa solo lo scrittore. Nella vita normale è un dentista, e il suo grazioso studio è in un altro palazzo, meno affascinante dello Yacoubian, ma pur sempre inserito in uno dei quartieri storici della capitale, Garden City.
È convinto che il suo mestiere di medico lo abbia aiutato a scrivere. ‟Vede - dice - negli Stati Uniti mi sono specializzato in istologia. La microanatomia aumenta la capacità di osservazione e, poi, insegna che - avvicinandosi al soggetto si vedono altre cose. Cose di cui non si ha nemmeno la percezione”.
L'Egitto di Aswany non è certo quello che noi sogniamo. È un Paese più conservatore, dopo che per 20 anni un quarto della popolazione è emigrato in Arabia Saudita. E l'influenza negativa" del wahabismo saudita è stata forte. ‟Tanto importante - osserva lo scrittore - quanto la sconfitta del 1967. Noi egiziani avevamo invece la nostra propria corrente interpretativa dell'islam, quella - liberale - nella quale peraltro io sono cresciuto”. Ora, però, il sistema di valori egiziano non riesce più a contenere la complessità del presente e la "terribile crisi" che attanaglia il Paese. ‟In medicina - spiega Aswani - abbiamo una regola d'oro: ‟rimuovere le cause”. Per far questo, bisogna distinguere tra i sintomi e la malattia. Nello Yacoubian Building c'è, sì, un mondo di valori che cambia pelle. Ma questi sono i sintomi. La nostra vera malattia è la mancanza di democrazia. Questa è la causa che dobbiamo rimuovere al più presto possibile. Per guarire”.
Democrazia. Una parola che, in questi mesi, riempie l'aria del Cairo. Anche se sinora, sembra interessare solo movimenti elitari Aswani, conosciuto dal pubblico anche come opinionista, non è d'accordo. Secondo lui, ‟il popolo egiziano ha un suo modo molto speciale per praticare le proprie opinioni”. Un movimento d'opposizione trasversale e in ascesa, come quello di Kefaya (Abbastanza, in arabo), ‟non avrebbe avuto tutto questo successo se molta gente della strada non avesse pensato che Kefaya stesse parlando anche per loro”. Perché, dice, ‟la situazione in Egitto è inaccettabile, per chiunque 24 anni di regime sono troppi. E in questi 24 anni abbiamo perso tutto dal calcio all'economia”.
Perdere tutto, al Cairo, fa andare la memoria al 1967, la sconfitta, il triste risveglio dal sogno nasseriano di un Egitto forte e orgoglioso. Eppure, per l'autore di Imaret Yacoubian, il 2005 è addirittura peggiore ‟Basta paragonare la nostra economia del periodo immediatamente precedente la morte di Gamal Ahdel Nasser, nel 1970, con la nostra situazione attuale. Guardi i numeri su disoccupazione e povertà, e po tragga le conclusioni. Persino l'umiliazione è, oggi, più profonda di allora. Non sei più un cittadino. Il regime, la polizia non ti rispetta. Neanche se sei malato. E se se malato e povero, puoi morire”.
La crisi di cui parla Aswani è, in Occidente, simboleggiata dai giovani che si sono uccisi per uccidere dei turisti, nello scorso aprile. Taha uno dei personaggi di Imaret Yacoubian, diventa islamista radicale poi terrorista. Il confronto tra la fin zione letteraria e la realtà viene spontaneo. ‟Sono identici - conferma Aswani -, e il libro è stato scritto tre o quattro anni prima che questo accadesse. I ragazzi sono disperati, e non sono neanche consapevoli di esserlo. Sono tristi, sono contro tutta la società e vogliono vendicarsi”. I motivi? Tanti. Ma per il dentista-scrittore ai tempi di Nasser ‟vigeva una sorta di contratto non scritto tra lo Stato e i giovani. Che diceva: ‟se lavori, avrai un'opportunità”. E non aveva importanza se eri povero o ricco. Se, come nel caso di Taha, eri il figlio del bawab. Ora, invece, questo contratto non viene più rispettato”. Non è un caso che proprio il personaggio di Taha sia nato da un incontro reale. ‟Avevo visto questo ragazzo in un bar - ricorda Aswani -. Era uno studente, voleva diventare un giudice, non ce l'ha fatta perché era il figlio di un meccanico. Era disperato. ‟Odio questo Paese”, mi disse. E da quel momento non ho più potuto liberarrni di lui”.

Palazzo Yacoubian di ‘Ala al-Aswani

“Il più sensazionale e controverso bestseller del mondo arabo” Corriere della Sera Costruito negli anni trenta da un miliardario armeno, Palazzo Yacoubian contiene in sé tutto ciò che l’Egitto era ed è diventato da quando l’edificio è…