Riccardo Staglianò: Caso Abu Omar. Per il “Washington Post” l’Italia sapeva

01 Luglio 2005
Il "Washington Post" conferma anche le virgole. Ovvero: l´intelligence italiana sapeva che la Cia stava per rapire Abu Omar sul nostro suolo. Era stata avvisata, aveva dato il suo beneplacito. Nessuna sorpresa da ostentare, quindi. Nonostante la solenne smentita di Carlo Giovanardi ieri alla Camera: ‟Sono destituite da ogni fondamento le illazioni del "Washington Post” sulla vicenda dell´imam, ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, si tratta di ‟notizie false e il Governo è in grado di dimostrarlo”. Ma dal quartier generale del giornale che scoperchiò il Watergate non se ne danno per intesi. ‟Sono rispettosamente in disaccordo con il ministro” commenta al telefono il "direttore esecutivo" Leonard Downie: ‟Confermiamo tutto. Per di più l´autrice è probabilmente la migliore reporter degli Stati Uniti in materia di intelligence, non ho il benché minimo motivo di dubitare del suo resoconto”. Niente da aggiungere, fa fede quanto scritto. La stessa, asciutta reazione di Dana Priest, che l´ha firmato: ‟Ribadisco assolutamente l´accuratezza del mio articolo” taglia corto via posta elettronica la cronista che, prima di occuparsi di spie, ha vinto un´impressionante serie di premi "coprendo" l´esercito statunitense.
E allora andiamo a rileggerci cosa diceva il pezzo. Dove ‟tre veterani” della Cia e un quarto agente che ha ‟riesaminato la materia dopo che sono avvenuti i fatti” hanno rivelato che, prima del rapimento, il capo dell´Agenzia a Roma ‟informò e cercò l´approvazione della sua controparte italiana”, probabilmente al Sismi. Con il patto, ovvio in questi frangenti, che se qualcosa fosse andato storto entrambi avrebbero negato qualsiasi contatto, ‟un accordo standard con i servizi segreti stranieri in caso di operazioni clandestine”. Ieri Silvio Berlusconi ha convocato l´ambasciatore americano uscente Mel Sembler. Parleranno oggi ma, nell´attesa, il premier ha detto che quella di Giovanardi è la linea del governo. Pochi in Italia furono informati, prosegue il "Post" (‟Certamente non il magistrato, né la polizia milanese”) ma l´approvazione arrivò ‟a livello nazionale, tra persone ai vertici”. Come è normale, come era già avvenuto un centinaio di altre volte in casi di rapimenti a fine di "consegne straordinarie" di sospetti terroristi in paesi dove possono essere interrogati senza alcuna garanzia. Le stranezze del caso italiano sono ben altre. Che ad agire furono direttamente gli agenti americani, ad esempio, e non quelli locali che poi avrebbero dovuto consegnare loro i prelevati. E che (‟altamente inusuale”) i contatti non avvennero, come di prammatica, ‟da capo del servizio a capo del servizio”, l´allora direttore della Cia George Tenet e la controparte al Sismi Nicolò Pollari.
La vicenda torna a intorbidire le relazioni Italia-Usa dopo il caso Calipari. Per Newsweek il rapimento dell´imam, a un mese dall´invasione dell´Iraq, era motivato ‟dall´interesse della Cia di ottenere al più presto informazioni su quanto sapeva Omar di Ansar al Islam” sperando che ciò desse ‟appoggio alle tesi dell´amministrazione a favore dell´attacco”. Mentre il texano Houston Chronicle usa l´interrogativo retorico chiedendo se il presidente Bush ‟tollererebbe il rapimento di un residente negli Usa da parte di agenti italiani”. Una notizia infine la dà il Chicago Tribune, un cui cronista è stato sentito dal procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro: gli ordini di custodia cautelare potrebbero salire nei prossimi giorni a 25, fra cui ‟quattro sospetti non identificati dalla polizia e due diplomatici dell´ambasciata Usa a Roma”.

Riccardo Staglianò

Riccardo Staglianò (Viareggio, 1968) è redattore della versione elettronica de "la Repubblica". Ha scritto a lungo di nuove tecnologie per il "Corriere della Sera" ed è il cofondatore della rivista …