Gianni Riotta: Con la Turchia super Europa

27 Settembre 2005
La Turchia ha bussato per la prima volta alla porta d’Europa nel 1959: lunedì venturo, 3 ottobre, busserà per l’ultima volta. In palio l’apertura dei negoziati per accettare 70 milioni di turchi come cittadini dell’Unione. L’esame lungo mezzo secolo non può durare in eterno, la decisione finale resta lontana ma è arrivato il tempo di scegliere se aprire o no una vera discussione. La maggioranza dei turchi, classe dirigente e lavoratori, è consapevole che restare oltre il confine asiatico non permetterà il completamento del lento e laborioso processo di formazione dello Stato laico e democratico cominciato dopo il crollo dell’impero ottomano. E passi in avanti sono stati fatti per ottenere il placet europeo: abolita la pena di morte, introdotta nelle scuole la lingua della minoranza curda (14 milioni di persone), rivisti i codici militari e penali. Le forze che ad Ankara resistono all’assimilazione sono però bellicose: animano la polizia che picchia le donne in piazza a Istanbul, i magistrati che incriminano lo scrittore Ohran Pamuk, i burocrati che angariano i curdi. Per sabotare i colloqui, alimentano subdoli la propaganda antiturca in Germania (la signora Merkel detesta l’idea di Ankara nella Ue) e Francia. Ostacolo dirimente resta il riconoscimento di Cipro, che la Turchia sa obbligatorio per entrare nell’Unione, ma tiene di riserva come fiches nel poker diplomatico. La posta in gioco è storica, per l’Europa e per la Turchia. È giusto che il 3 ottobre sia appena l’inizio del processo e che non un solo paletto dello slalom democratico venga risparmiato ai turchi. È però altrettanto giusto, come ha ricordato sul Sole 24 Ore il padre della mancata Costituzione europea Giuliano Amato, che non ci siano trappole ipocrite e l’animo europeo sia davvero aperto. Se sono, infatti, evidenti i vantaggi che il passaporto Ue darà ai turchi, dall’ingresso in un mercato formidabile alla scelta occidentale senza equivoci, altrettanto palmari sono le difficoltà, dalla mole della nazione candidata, tra dieci anni più popolosa della Germania, all’arretratezza di molte aree, all’emigrazione da integrare. Quel che il dibattito sembra ignorare, ed è miopia che può inficiare tutto, sono i vantaggi dell’Unione nello schiudersi alla Turchia. Negli anni a venire, di guerra al terrorismo e attrito tra culture, frapporrebbe un formidabile bastione (anche militare) sul confine più delicato. E smentirebbe, nei fatti, i suoi critici più acerbi, anche di parte americana, che dipingono l’Ue come snervata, decrepita, priva di etica. A chi teme lo scontro delle civiltà, un’Europa con una componente islamica laicizzata proporrebbe un possibile, e diverso, modello di convivenza, capace di destare ammirazione a Occidente e a Oriente. La morte precoce della Costituzione Europea, sulle forche elettorali di Francia e Olanda, ha lasciato il continente senza una frontiera di maturazione ideale, facendo stagnare risentimenti e cinismi. Questi umori maligni corrodono le migliori speranze turche e persuadono molti leader don Abbondio a barricare l’Unione dietro i muri di dazi ed esclusioni. È un errore. L’Europa ha il diritto di controllare con severità la crescita democratica della Turchia, ma se riuscisse ad ampliare la propria presenza sul Bosforo darebbe al mondo una fantastica dimostrazione di forza, ideali, capacità di trapiantare le tradizioni nel futuro, di confermare le proprie storiche identità a petto di nuove sfide e tradizioni. Sarebbe un’Europa superpotenza politica, economica e morale.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …