Marina Forti: Bombe a Bali. A Kuta Beach torna il terrore
Le indagini degli ultimi tre anni hanno permesso alla polizia indonesiana di risalire a una rete di ‟militantismo” islamico con diramazioni nell'arcipelago indonesiano e nell'intera regione - tutti o quasi vengono da scuole islamiche e/o hanno affiliazione con i gruppi più ‟militanti” dell'islam radicale. Ma cosa sia la Jemaah Islamiyah (letteralmente ‟comunità islamica”) è meno facile da stabilire. Il suo fondatore, l'anziano teologo Abu Bakar Ba'asyir, nega perfino che esista un'organizzazione con questo nome. Esiste, questo è certo, la scuola coranica in cui aveva cominciato a predicare negli anni `70, prima di andarsene in esilio in Malaysia dove ha stabilito rapporti stretti con altre scuole di quella corrente islamica che vorrebbe creare uno stato musulmano dalla Malaysia alle Filippine meridionali passando per Java. È accertato che molti dei dirigenti della rete (che esiste, eccome), sono passati dai campi di addestramento in Afghanistan - chi all'epoca della guerriglia antisovietica finanziata dalla Cia, chi negli anni `90 quando al Qaeda era gradita ospite del regime Taleban. Ma l'uomo indicato come ‟delegato” di Osama bin Laden in sud-est asiatico, Hambali, l'unico non arabo nella cerchia ristretta del leader di al Qaeda, è stato arrestato nell'agosto del 2003.
È anche certo però che le correnti dell'islam ‟jihadista” (nel senso di militante e armato) non hanno grande appeal in Indonesia, dove pure il 90% dei 210 milioni di abitanti sono musulmani. Esistono sì correnti favorevoli a modificare la costituzione laica del paese e trasformare l'Indonesia in uno stato confessionale: esistevano ai tempi della lotta per l'indipendenza, hanno trovato espressione nel movimento Darul Islam che aveva tentato una sollevazione islamista negli anni `50, si sono reincarnate negli ultimi anni in gruppi di attivisti come quello che fa capo a Ba'asyir - o anche in un partito perfettamente legale e pacifico come il Pks, Partito della giustizia e della prosperità, astro nascente della politica indonesiana, che combatte l'ingiustizia sociale e propugna la shari'a come fondamento della convivenza civile. Ma tutto questo non ha strettamente a che fare con il terrorismo.
Il fatto è che provare il nesso tra l'anziano teologo e gli esecutori della strage di Bali o dei successivi attentati è risultato difficile per gli investigatori indonesiani, e il processo a Abu Bakar Ba'asyir è assomigliato molto a un processo alle opinioni: tanto che l'anziano teologo è stato infine condannato a 30 mesi per reati amministrativi e per una vaga ‟complicità morale” nel terrorismo.