Riotta Gianni: Epidemia e confusione. Il mondo rischia di cadere nelle fauci del pollo

20 Ottobre 2005
C’è voluto un po’di fegato per presentare ai lettori del ‟Corriere”, ancora in spiaggia quel 18 agosto, un editoriale sullo ‟spettro dell’influenza aviaria”. Rischio epidemia, vaccini e farmaci in forse, il virus che viaggia sulle ali dei cigni, scenari apocalittici se la malattia passasse dai polli agli esseri umani. Rompere l’indifferenza dei media comportava accuse di allarmismo, catastrofismo, scandalismo. Il ministro della Sanità, Francesco Storace, reagì minimizzando, l’Italia seguiva con ‟attenzione e ottimismo l’evolversi della situazione”. ‟Siamo tranquilli - rassicurava l’ex governatore del Lazio -. Non importiamo volatili da cortile da quelle zone e neppure carne dai Paesi dell’ex Unione Sovietica in quanto abbiamo una produzione addirittura eccedente. I viaggiatori provenienti da quelle zone sono sottoposti a controlli accurati in porti e scali aeroportuali”. Quant’è lontano Ferragosto. Oggi il virus H5N1 è arrivato in Grecia, il Congresso americano stanzia fondi per l’emergenza, la Thailandia ammette di avere solo 70.000 dosi di vaccino per 62 milioni di cittadini, sappiamo che la temuta metamorfosi del virus dagli animali agli uomini ha già scatenato l’epidemia di spagnola che decimò nonni e bisnonni nel 1918. Il silenzio d’estate cede a una campagna tardiva ma onnipresente. Europa e Usa ammettono il tempo perduto, nelle scuole si ricorda che, dopotutto, il pollo discende dal Tyrannosaurus Rex e il ministro Storace, con piroetta da veterano, ora drammatizza: la pandemia è inevitabile.
Il lettore raziocinante sa che non ci sono più ragioni di tremare che non in agosto, ma che il pericolo resta micidiale. Che dalla Russia il virus sarebbe arrivato fino a noi era scontato, la questione è come prepararsi. Le scorte di farmaci antivirali, il Tamiflu della Roche, sono indispensabili e male hanno fatto quei Paesi, come l’Italia, che le hanno ignorate. Adesso è però giusto che la Roche conceda il brevetto del Tamiflu ad altre marche, così da disporre delle dosi necessarie a fronteggiare la pandemia, se mai venisse. L’azienda nicchia e sostiene che per un altro laboratorio ci vorrebbero almeno tre anni per confezionare il farmaco. La contraddice, e gli crediamo, il senatore di New York Charles Schumer, consapevole che molte aziende, in pochi mesi, sono in grado di riempire le farmacie di Tamiflu. La Roche andrebbe compensata per il brevetto, ma la salute globale viene prima di un bilancio mancato. H5N1 non ha ancora lasciato i polli, che stermina senza scampo 100 su 100, per contagiare gli umani, e l’influenza aviaria già denuda le nostre fragilità. Lo scarto tra ricchi e poveri: anche se il vaccino venisse realizzato in fretta e di Tamiflu fossero pieni i magazzini, solo 500 milioni di persone, il 14% della popolazione mondiale, avrebbero accesso alle medicine. L’Africa e le zone rurali dell’Asia e dell’America Latina sarebbero devastate. Michael Osterholm, direttore del centro salute al ministero per la sicurezza Usa, non ha dubbi: ‟L’epidemia fermerebbe l’economia globale”. Viaggi, comunicazioni, flusso delle merci si arresterebbero in un giorno, i sistemi sanitari travolti dai pazienti. Morale della favola che non volevamo ascoltare in agosto: il pianeta è talmente piccolo che un virus lo attraversa come avesse gli Stivali delle Sette Leghe, l’economia è unica, dobbiamo tenerci strette le malmesse organizzazioni multilaterali che abbiamo e lasciar perdere gli egoismi aziendali. Con previdenza, generosità, raziocinio, un po’di fortuna e tanta modestia supereremo la tragedia della pandemia, se scoppiasse. Menefreghismo, cupidigia e panico ci porteranno dritti nelle fauci del pollo.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …