Marco D'Eramo: Iraq. I duemila caduti

26 Ottobre 2005
Per coincidenza, due notizie dall'Iraq s'intersecano nello stesso giorno: da un lato il macabro conteggio dei soldati americani uccisi ha toccato la simbolica quota di 2.000 caduti (in realtà i militari della coalizione periti sono 2.198 e 274 i mercenari morti); dall'altro si è avuta infine notizia del desaparecido referendum sulla costituzione irachena del 15 ottobre: dopo tanti sussurri e silenzi, ieri ci hanno comunicato che la costituzione non è stata respinta per un pelo.
Perché decadesse, era necessario che almeno tre province la respingessero con due terzi dei voti. Ora tre province l'hanno sì bocciata, ma in una, quella di Ninive, con opportunamente solo (sic!) il 55%. Una percentuale davvero tempestiva che richiama la vittoria di George Bush contro Al Gore nel 2000. Dalla stanza di Manhattan in cui mi trovo non vedo però fluire giù per strada cortei esultanti per la vittoria della democrazia a Baghdad, per il fulgido futuro che questo voto dischiude alla società irachena. Come non vedo manifestazioni di protesta per il sempre più alto, e sempre più insostenibile, prezzo umano ed economico della guerra.
Oltre ai 2.000 caduti, vi sono infatti 15.220 feriti, mentre - secondo l'Institute of Political Studies - i contribuenti Usa hanno sborsato per l'Iraq già 204 miliardi di dollari, e continuano a versare 4,7 miliardi di dollari al mese; e si calcola che sarà dell'ordine dei trilioni di dollari il costo delle pensioni e delle spese sanitarie per i veterani della guerra da qui al 2050 (i soldati che oggi hanno 20 anni saranno allora 65enni).
Il fatto è che, angosciata soprattutto dal prezzo della benzina, l'opinione pubblica americana continua a subire questa guerra imposta dall'alto senza né gioia per i successi parziali, né dolore per le ferite inflitte: niente suscita emozione, né scandalo. Come Mitridate si assuefaceva poco a poco ai veleni che di proposito assorbiva, così gli statunitensi si acclimatano a tutto, ai torturatori di Abu Ghraib, alle celle di Guantanamo, alle cannonate contro le case civili, ai veterani con una gamba sola, alle bare che tornano. Neanche i propri figli morti destano più pietà.
È l'apatia l'elemento inaspettato, la nuova variabile nell'equazione politica Usa. Nessuno aveva previsto che il paese avrebbe accettato così supino un tale pedaggio di caduti. Negli anni '90 si pensava che gli statunitensi attribuissero un valore persino spropositato alla vita degli statunitensi e che avrebbero accettato di combattere solo guerre con zero morti, guerre dal cielo come in Bosnia e Kosovo: a Beirut bastò un attentato e in Somalia un'imboscata per ributtare a mare i marines. E, paradossalmente, l'11 settembre 2001 confermò quest'opinione quando 2.700 morti deflagrarono un'apocalittica carica emotiva. Allora sarebbe parsa inaudita la mogia indifferenza che accoglie oggi l'inesorabile ticchettare del ‟mortometro”.
A tanta catalessi contribuisce l'encefalogramma piatto dell'opposizione democratica da cui non si leva nessuna voce di dissenso: l'unico a denunciare le torture è stato il povero Al Gore che nessuno si fila più. Dilaniati dai propri dissensi, incapaci di elaborare una pur timida risposta all'offensiva ideologica della destra repubblicana, i democratici sembrano attendere che questo regime si squagli da solo, che il vicepresidente Dick Cheney sia condannato per il Cia-gate, che la candidata di Bush, alla Corte suprema, Harriet Miers, venga respinta.
Certo, tutto fa pensare che siamo all'autunno del bushismo; ma il crepuscolo può durare a lungo. Così l'unica speranza che resta ai democratici è un inverno rigido, l'unico evento che potrebbe mettere K.O. i Bush, Cheney, Rumsfeld e Rice facendo salire alle stelle il costo del riscaldamento: che questa sia l'unica speranza è una prospettiva che fa venire i brividi, in tutti i sensi, non solo termico.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …