Gianni Riotta: Superato l'esame Iraq la sinistra deve impugnare l'arma della democrazia

17 Novembre 2005
La svolta della sinistra sull’Iraq scatta d’estate, con discrezione, al convegno organizzato in Umbria dalle Acli di Luigi Bobba. La signora Flavia Prodi è in prima fila, attenta: davanti a lei l’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi rompe con il ‟tutti a casa unilaterale alla Zapatero” da Bagdad e impugna la formula, saggia, del ‟calendario di ritiro”. Piero Fassino, leader ds, rilancia promuovendo uno sforzo di peacekeeping strutturato che impegni l’Italia alla vera stabilità dell’Iraq, Massimo D’Alema si ricorda di avere la primogenitura nell’avere introdotto l’interventismo umanitario democratico, quando da premier aderì alla guerra contro i pogrom di Milosevic, e Francesco Rutelli annota con soddisfazione di non esser più solo. Queste colonne invitano da sempre la sinistra italiana a completare la maturazione occidentale e un paio di volte hanno financo immaginato i discorsi dell’Onorevole Buonsenso che si appellava ai suoi compagni per non lasciare alla destra il monopolio ideale di libertà e diritti. Ci sono stati mesi, dopo la guerra in Iraq, in cui sostenere che contro le dittature ci si può battere con le armi, al lume della nostra Costituzione, costava l’etichetta di ‟guerrafondai”, in cui dire che i nostri soldati a Nassiriya servono uno scopo nobile faceva passare da ‟boia” e suggerire la democrazia come tonico per i guai del Medio Oriente marchiava da ‟neoconservatori”. Poco male, il tempo è galantuomo anche se adesso vale la pena di ricordarsi che è bene dialogare con gli uomini raziocinanti della destra Usa, Kagan, Fukuyama, e glissare sui soggetti alla Michael Leeden, cui si attaglia il soprannome coniato da Bonolis: Er Penombra. E’giusto richiamare la sinistra ad abbandonare i fantasmi crudeli della guerra fredda e del neopopulismo: quando lo fa, è d’uopo dargliene atto con franchezza, e qui lo facciamo, e ripartire con i problemi in corso. La verità è che la dialettica ‟pace-guerra”, ‟Bush contro Chirac” del 2003 era fasulla, che esisteva una soluzione pacifica alla crisi Saddam Hussein e una bellica, ma che la pace profittando sul petrolio, come rivelato dallo scandalo Onu, e la guerra contro la strategia dei militari, come voluta da Rumsfeld, erano le due peggiori opzioni sul tappeto. Adesso si vota in Iraq, il Medio Oriente è in tensione anche positiva e possiamo dare una mano. Giuliano Ferrara ricorda sul suo ‟Foglio” che Berlusconi ha il merito di avere riavvicinato Italia e Israele e di avere posto l’opzione occidentale come cruciale. Vero, e Titanic l’ha ribadito ‟in giorni che non s’ama ricordare” (‟Ajace”, Cardarelli). Ma Berlusconi non ha poi saputo reinvestire il capitale diplomatico creato anche grazie al sacrificio dei militari in Iraq nel far da ponte tra Usa ed Europa, nel gestire rapporti bilaterali con gli arabi. Questo potrebbe fare una sinistra che difendesse i diritti umani ovunque, dalla Birmania (dove la giunta ha trasferito la capitale da Rangoon pur di sopravvivere!), al Tibet, al Venezuela (dove la libertà di stampa scricchiola), Cuba, Arabia Saudita, Cecenia, Sudan, senza guardare al pelo o al contropelo dei regimi. Una sinistra occidentale, non credulona verso lo scontro di civiltà ma che non beva neppure la bubbola del fosforo che brucia umani e non vestiti o viceversa (un manuale di chimica da ginnasio confuta questa fola, leggete l’intervista di John Pike sul ‟Corsera” di ieri), conscia che a Falluja c’è stata battaglia atroce, che se al Qaeda governasse l’Iraq sarebbe quotidiana. Ora anche il Senato Usa parla di ‟ritiro graduale”. Se convincessimo francesi e tedeschi ad addestrare militari iracheni al peacekeeping, daremmo una mano a chi, in America, si batte contro il nichilismo dilettante del Pentagono. Questo è il prossimo esame della sinistra e come diceva Eduardo, da Napoli a Bagdad gli esami non finiscono mai.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …