Alessandra Arachi: “Quei centri devono diventare un'alternativa all'aborto”. Colloquio con Carlo Casini

21 Novembre 2005
Carlo Casini lei è il presidente del Movimento per la vita: condivide, ovviamente, la proposta del ministro Storace di far entrare i vostri volontari dentro i consultori? ‟Beh, veramente...”. Veramente? Non è d’accordo? ‟Mi sembra una proposta che sintetizza una filosofia, ma non la esaurisce”. Ovvero? ‟Noi del Movimento della vita non vogliamo entrare nei consultori. Sono i consultori che devono diventare dei centri della vita”. Che vorrebbe dire? ‟I consultori devono diventare dei centri di coordinamento di tutta una rete che deve avere come scopo trasparente l'alternativa all’aborto”. E dunque? Una donna che vuole abortire dove va? ‟Nei centri della vita”. Che l’aiutano e l’accompagnano anche nell’iter dell’aborto? ‟Ovviamente no”. E cosa fa una donna che vuole abortire secondo lei? ‟Va in ospedale, direttamente”. Lei vuole stravolgere la legge 194? ‟No, direi che lo spirito della 194 è proprio questo”. Veramente no. I consultori hanno tutta una loro filosofia che, tra le altre, prevede, un importante lavoro di prevenzione, di informazione per la contraccezione... ‟Ma si può modificare la legge quadro statale sui consultori, la 405 del 1975: si revisiona così da rendere chiaro e non equivoco lo scopo dei consultori”. Dunque lei sta dicendo di abolire i consultori per trasformarli in centri per la vita: volete gestirli direttamente voi? ‟Ma no, non ce la facciamo. I consultori sono oltre 2 mila in tutta Italia. Noi siamo pochi e deboli”. Perché, quanti siete voi esponenti del Movimento per la vita? ‟C’è un movimento di simpatia molto ampio attorno a noi, ma i militanti diretti sono circa 20 mila”. E sarebbero pochi? ‟Diciamo che non c’è bisogno che siamo direttamente noi a gestire i centri per la vita. Perché se modifichiamo la legge del 1975 si può inserire il concetto di selezione attenta del personale che deve aver seguito certi corsi...”. Corsi che parlino anche di contraccezione? ‟La contraccezione la possono fare all’Aied, se vogliono”. Dunque tutto quello che la 194 prevede in proposito lo cancelliamo? ‟Ma no. È che la legge 194 è stata mal applicata, fino ad ora: ha ritenuto che l’unica forma di prevenzione all’aborto fosse la contraccezione”. E invece? ‟C’è tutto un discorso importante e molto più ampio di educazione alla sessualità, all’amore, alla famiglia”. Sì, ma quello è un discorso cattolico alla sessualità che, tra le altre, non accetta nemmeno i rapporti prematrimoniali. Però i rapporti prematrimoniali esistono eccome e non si possono ignorare... ‟E chi li ignora”. Dunque dobbiamo parlare di contraccezione... ‟Che se ne parli”. Ma se lei vuole abolire i consultori? ‟Se ne parla altrove di contraccezione”. Ma dove? Si dice che l’Italia è troppo permeata di cultura cattolica, che non si può pronunciare la parola preservativo... ‟Mica è vero, se ne parla eccome. E non vediamo che ci sono i distributori di preservativi nelle scuole?”. Conosce scuole dove ci sono i distributori di preservativi? ‟Beh, veramente no. E del resto non sarei certo d’accordo: sono contrario all’esposizione di un profilattico ad un giovane: è un messaggio contro la vita”.

Alessandra Arachi

Alessandra Arachi, nata a Roma nel 1964, giornalista al “Corriere della Sera”, con Feltrinelli ha pubblicato: Briciole. Storia di un’anoressia (1994), da cui è stato tratto l’omonimo film per tv con la …