Gianni Riotta: Attenti ai programmi. Sono peggio di una scarica di pallini

16 Febbraio 2006
Il vicepresidente americano Dick Cheney impallina un amico di 78 anni durante una battuta di caccia alla quaglia e la stampa americana impazzisce. I comici a tarda notte danno spiegazioni umoristiche del bizzarro incidente, ‟Quel tipo era rimasto impressionato dal film sui cow boy gay, meglio tenerlo alla larga”, ‟Hey, i democratici si rifiutano di approvare la riforma delle pensioni e ho deciso di risolvere da solo il problema anziani, ok?”, ‟I servizi segreti mi han detto, Sir, dietro il cespuglio ci sono o quaglie o armi di sterminio di Saddam, spari tranquillo”. La rosa di pallini che Cheney indirizza verso il lobbista Harry Whittington in una riserva di caccia del Texas è un po’ la comica (tranne che per il poveretto in ospedale, tra l’altro con un sopravvenuto infarto e varie complicazioni cardiache) versione del fuoco amico ormai tradizionale in ogni democrazia. In Francia doppiette spianate tra De Villepin e Sarkozy. In Gran Bretagna il laburista Gordon Brown tiene nel mirino il suo premier Tony Blair. Negli Usa, Bush è sotto il tiro dei senatori repubblicani Hagel e McCain. In nessun Paese però, la stagione di caccia ai compagni di schieramento è aperta dodici mesi come in Italia, e senza neppure la licenza su cui Cheney s’era dimenticato di mettere la marca da bollo (sarà multato). A destra Casini e Fini non nascondono che la crescita elettorale di Forza Italia, dovuta al grande show personale di Silvio Berlusconi, non li compiace. E Berlusconi, Gesù, Napoleone, ma soprattutto Silvio, li avversa, ‟queste elezioni mi costano un miliardo di lire al giorno”. Gli alleati del centrodestra assaporano l’amaro calice del conflitto di interessi, e ancora ne avranno da bere, sia che Berlusconi vinca le elezioni, sia che le perda. I sondaggi sono fluidi, il presidente Romano Prodi è in testa di circa 5 punti, ma il margine di errore è a 3. Forza Italia non è lontana dai Ds, cannibalizza An e Casini, l’impeto di Berlusconi paga ma la rimonta non è completa. Bene la Margherita di Rutelli. Le fucilate esplose non alla cieca ma puntando con cura gli ‟amici”, usano i programmi come munizioni, e c’è da rimpiangere i pallini di Cheney, qui si parla di 44 Magnum. La Tav manca, quindi non si farà. La barca di D’Alema si può espropriare. Luxuria deve essere ministro della Pubblica Istruzione. Le illazioni si sprecano, i tumulti vanno in onda, gli intellettuali chiosano con il bilancino, ‟Eh no! Il programma ha un milligrammo di troppo di welfare, tagliare tagliare; Urca veh! Si eccede in tagli fiscali suturare suturare; La posizione sulle guerre dell’acqua del Cochabamba in Bolivia, 1999-2000 non è corretta, rettificare, rettificare”. Gli elettori diffidino del fuoco amico e ignorino i programmi. Il presidente Reagan lasciava che gli estremisti conservatori riempissero di slogan la piattaforma repubblicana e poi governava a modo suo, altrettanto faceva Clinton con i militanti radicali. Prodi, se rieletto, farà la Tav o cadrà, perché questa è la sua natura. Berlusconi, se rieletto, sarà Berlusconi, perché questa è la sua natura. Lasciate dunque che le teste d’uovo (‟gente così raffinata da essere inutile a tutto” scriveva Goethe) ricamino sui programmi. Voi badate alla sostanza. Se apprezzate i cinque anni di Berlusconi, rivotatelo, malgrado le leggi ad personam, Previti e Napoleone. Se volete cambiare votate Prodi, malgrado il ringhiare di Caruso, i No Tav populisti e il cerone di Luxuria. E se vi regalassero un programma della sinistra, o uno della destra se mai uno ce ne sarà, usatelo come fermaporte o magari per un falò di primavera in gita.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …