Marco D'Eramo: Referendum costituzionale. Un motivo c'è per votare No

28 Giugno 2006
Facciamoci ancora del male. Ecco l'intento profondo che ha animato la campagna referendaria del centro-sinistra: chiede sì agli italiani di votare domani, ma fa di tutto perché dall'urna escano rafforzati Silvio Berlusconi eUmberto Bossi. Mentre infatti c'e almeno una formazione schierata con tutte le sue forze per il Sì - la Lega -, invece nel fronte del No nessun partito si è davvero speso contro la riforma costituzionale leghista. Grandi tenori, leader e leaderini latitano, mentre il campo è stato lasciato, fino quasi all'ultimo giorno, agli spot faziosi, ma efficaci di Mediaset. È come se la vittoria del No l'avesse ordinata il medico agli italiani. Proprio come ad aprile, quando un trionfo del centrosinistra sembrava garantito dal pilota automatico: i voti passano, il masochismo resta. Quando poi, all'ultimominuto, i nostri statisti si decidono a parlare sommessi, ce ne guardi Dio. Ci spiegano forse perché è pessima la riforma costituzionale Bossi-Calderoli?Oci avvertono che è solo l'inizio di una rivoluzione reaganiana? Che la devolution (detta in inglese sembra più innocua) altro non è se non la rivolta dei ricchi contro i poveri? No, nessuno, da Francesco Rutelli aMassimo D'Alema, la attacca perché mina alla base il ruolo redistributivo dello stato, perché è di fatto una secessione della scuola, della sanità, delle infrastrutture. Già oggi il malato non riceve le stesse cure in Veneto, nel Lazio o in Campania.Mada domani questa discriminazione sarà sancita dalla Costituzione. Il federalismo fiscale significa solo una cosa: i ricchi vogliono che le tasse che pagano vengano spese in servizi per sé e non per i disagiati. È per questo, e non per altro, che la devoluzione va respinta, perché codifica l'iniquità, e anzi pone la disuguaglianza a base del convivere (in)civile del nostro paese. Invece il messaggio del centrosinistra è che bisogna votareNo solo perché le riforme istituzionali ‟vanno concordate a larga maggioranza”; anzi, la vittoria del No è il presupposto per sedersi a un tavolo per larghe intese. L'unico contenutodi cui parlaRomanoProdi è il taglio delnumero dei parlamentari, su cui - rasentando il comico - il No è d'accordo con il Sì. La critica è non di merito,ma solo dimetodo: ‟Le riforme costituzionali non s'impasticciano in una notte”. La remissività arriva al punto di risparmiare l'avversario persino nei suoi punti deboli: come fa unpartito che si chiamaAlleanza nazionale a votare per la devoluzione, come fanno uno Storace e un Alemanno a stare dalla parte di chi inveisce contro ‟Roma ladrona”? Noi, come tutte le truppe cammellate, domaniandremo disciplinati a votare No, tenendo amente peròuna battuta di Totò ricordata l'altro ieri da Stefano Rodotà: ‟Anche il limite ha una pazienza ‟. Non se ne può più di questa classe dirigente del centro-sinistra che tratta il proprio elettorato come un primario irreggimenta i degenti del suo reparto. Col risultato che su qualunque argomento, dal referendum ai Pacs, dall'Afghanistan all'età pensionabile, l'evasività è soppiantata solo dalla fumisteria, e i silenzi furbetti sono rotti solo da piazzate di comari. Su tutto, tranne che su un punto, su cui Padoa-Schioppa è inequivocabile: ‟L'Italia è malata grave, (il medico sono io) e non posso curarla con un'aspirina”. L'unica misura concreta che gli elettori di sinistra possono aspettarsi dal governo che hanno eletto è una stangata da lividi, senza compensazioni. I voti si succedono, il masochismo persiste.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …