Gianni Riotta: Perché Euclide dimostra che si deve andare in Darfur e restare a Kabul

30 Giugno 2006
"Il Foglio” mi prende cortesemente in giro scrivendo che, in politica estera, sono ‟alla destra” del ministro degli Esteri D’Alema, perché sostengo le missioni di pace italiane. Alla sinistra semmai, obietto, e mi meraviglio che il giornale di Ferrara, che ha discusso le tesi democratiche di Berman, Hitchens, Ignatieff, Havel, cada nell’equivoco. La verità è che ragionare nel XXI secolo con il teorema destra-sinistra della guerra fredda è ostinarsi a usare la rigida geometria di Euclide, punto, retta, piano, per studiare pianeti e galassie. Non funziona, occorrono geometrie non euclidee, capaci di riprodurre il cosmo infinito. In Spagna il non euclideo Zapatero ha lasciato l’Iraq, ma ha mantenuto truppe in Afghanistan, dove la Nato si batte per pacificare il Paese, mentre gli americani provano, invano, a stanare Osama Bin Laden. La sinistra radicale italiana, euclidea, chiede invece il ‟tutti a casa” anche da Kabul. Gli argomenti usati son due, uno antiamericano, non permettere agli Usa di usare gli europei da riserva, l’altro etico, ‟mai guerra”. Il primo ragionamento è contraddetto dal 5° Protocollo Nato e il premier Prodi, con Parisi, D’Alema e Rutelli, avranno buon gioco a disinnescarlo. Assai più avvincente, soprattutto tra i giovani, è l’argomento pacifista, in nome della Costituzione, così brillantemente apprezzata dalla maggioranza degli italiani nel referendum. Ma i padri della nostra Carta, ripudiando la guerra, intravedevano già un ruolo per le Forze Armate che fosse di sostegno alla comunità internazionale, mai di sua distruzione, e i presidenti Pertini, Ciampi e Napolitano confermano questa interpretazione. Solo l’equilibrio tra forza morale della pace e sostegno della forza alle sue ragioni è capace di disarmare i violenti. Ieri, su ‟la Repubblica”, Gino Strada di Emergency invocava l’autorità di Albert Einstein contro il collega Rampoldi. Ma, da polemista, Strada non taglia con il bisturi preciso del chirurgo: perché fu proprio il pacifista Einstein a scrivere al presidente Roosevelt la storica lettera che diede via al programma nucleare militare Usa. Einstein, pur consapevole del rischio atomico, non voleva che Hitler arrivasse prima della democrazia alla bomba H, mettendo fine alla civiltà. È il momento in cui le persone di buona volontà mettano da parte le ipocrisie grevi, ‟noi pacifici, voi guerrafondai”, per risolvere il dilemma Kabul. Ahmed Rashid, già severo con Washington nel suo saggio ‟Talebani”, spiega sull’‟Herald Tribune” come le pattuglie Isaf, di cui fanno parte gli italiani, siano ‟immensamente popolari tra la popolazione afghana”, perché riaprono le scuole, difendono le ragazze, riducono la violenza. Andarsene via da Kabul non è ‟di sinistra”, è ingeneroso. Le difficoltà non mancano, al sud i Talebani si riorganizzano, la coltivazione di droga fiorisce, al confine con il Pakistan le tribù son complici di Al Qaeda. Ma ci sono state elezioni, l’area della convivenza si può allargare, donne e gay non vengono giustiziati. Occorrono più truppe e mezzi, per non riportare al potere i terroristi che distrussero i millenari Buddha di Bamyan. In polemica con l’intervento a Kabul, i leader neocomunisti ammoniscono: ‟Perché non si va in Congo? Perché non si va in Darfur?”. Titanic lo chiede da tempo: si vada in Darfur e in Congo (ci sono appena andati 2 mila europei, pochi). Ma, invocare la riduzione del bilancio della Difesa e dire ‟andiamo in Africa”, non è coerente. Anche in Darfur si parla di petrolio e il governo è ostile agli stranieri. Qual è la differenza con Kabul? Se - come credo - è solo l’odiato yankee allora l’argomento morale ha le gambe corte, cortissime.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …