Gianni Riotta: I caschi blu nel mirino

13 Settembre 2006
Il braccio destro di Osama bin Laden, Ayman al Zawahri, rivendica le stragi dell’11 settembre minacciando in un video il contingente multinazionale di pace in Libano. Al Zawahri definisce ‟dannate” le truppe che lavorano a pacificare Iraq e Afghanistan, annuncia l’espulsione degli ‟infedeli” dal Golfo Persico e il loro ‟declino economico”, investe Israele con ‟la guerra santa contro sionisti e crociati”. Quindi al Zawahri condanna i Caschi Blu delle Nazioni Unite in Libano come ‟nemici dell’Islam” e la Risoluzione 1701, che li ha dislocati al confine con Israele, come nuova aggressione occidentale. La dichiarazione di guerra del leader di al Qaeda aumenta l’importanza della missione di pace internazionale, di cui l’Italia e le nostre truppe sono anima, e ne conferma l’impegno militare. E’prima linea, come Kabul, ed è trincea strategica per disarmare il terrorismo e vincere la decisiva battaglia per il consenso tra le coscienze islamiche. Non c’è da stupirsi e nessuno poteva illudersi. Nel tragico dopoguerra in Iraq, quando il mondo provò ad evitare il caos e la guerra civile dopo la caduta di Saddam Hussein, il segretario generale dell’Onu Kofi Annan mandò il suo Alto Commissario per i Diritti Umani, l’ambasciatore Sergio Vieira de Mello, per avviare la transizione alla pace e la fine dell’occupazione. Chiunque a Bagdad sapeva che de Mello e Annan detestavano la guerra del presidente George W. Bush e volevano garantire al più presto l’indipendenza dell’Iraq. Al punto che al quartier generale Onu vennero levati pochissimi cavalli di Frisia, certi che bastasse il prestigio della bandiera blu a tutelare lo staff. Il 19 agosto del 2003 un attentato, lanciato dalla coalizione tra al Qaeda e ribelli sunniti, sterminò più di venti persone lasciando sul campo oltre cento feriti. Sotto le macerie rimase il leggendario de Mello e l’illusione che l’Onu possa fare da terza forza nella battaglia per la libertà e la giustizia contro il terrorismo fondamentalista. Ora la forza di pace, ancora lontana da quel contingente di 15.000 uomini che Annan ritiene indispensabile, deve essere completata al più presto e, come dice il sottosegretario Onu Guehenno, ‟non deve più essere umiliata” come capitava nel passato ai pochi Caschi Blu Unifil. Bene che arrivino i 1000 soldati appena promessi dal parlamento turco, meglio che l’Unione Europea non guardi alla Turchia solo come caserma di reclutamento, ma come partner responsabile. Parlando con cinica ferocia mentre l’America e ogni persona di buona volontà ricordavano i caduti innocenti, a New York e Washington cinque anni fa, al Zawahri illustra la strategia di al Qaeda, capofila dei fondamentalisti. Non gli stanno a cuore, in nulla, la soluzione del dilemma palestinese o la sorte del popolo libanese. Anzi, come già proclamano gli scritti di bin Laden, denuncia i ‟takfiri”, i ‟leader religiosi islamici apostati” che non condividono la lettura totalitaria del Corano. Chi non approva l’aggressione ai Caschi Blu compie un’empietà ‟pari a idolatrare gli infedeli anziché Dio”. Lo si può giustiziare. Le truppe Onu, italiani in prima fila, spiega lo studioso Reza Aslan, sono per al Zawahri ‟il nemico d’oltremare”, mentre la maggioranza dei 1300 milioni di musulmani che non vuole la guerra santa, è con disprezzo considerata ‟nemico in casa”. L’offensiva di al Zawahri ribadisce la nobiltà dell’impegno Onu in Libano e richiede a tutte le forze politiche, in Italia e in Europa, il sostegno franco e leale alla cruciale missione di pace contro il terrorismo.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …