Marco D'Eramo: Il nostro fantasma

26 Settembre 2006
Nell'era della comunicazione, l'interstizio tra trapasso ufficiale e morte fisica si dilata fino a durare anni: e la sua virtualità non ne attutisce i pesanti effetti politici, anzi. Si era visto con il generalissimo Francisco Franco (1975), la data del cui decesso ignoreremo per sempre, perché, per facilitare la transizione, la sua vita ufficiale fu protratta al di là di ogni decenza. Anche il gerocrate sovietico Leonid Breznev sopravvisse a se stesso per lo meno nei tg (1982).
Finora però quest'effimero aldilà spettava solo agli autocrati di lungo corso. Ma la guerra al terrore sembra conferire lo stesso ‟antetomba” anche al latitante più ricercato del mondo, Osama bin Laden. Ieri una fuga di notizie dallo spionaggio francese annunciava, in base a un'informativa dei servizi sauditi, la morte del fondatore di al Qaeda che sarebbe perito di tifoide in Pakistan il mese scorso.
Il presidente francese Jacques Chirac non ha né smentito né confermato la notizia, ma ha subito ordinato un'inchiesta nella Dgst per appurare la fonte della fuga. Vladimir Putin, a Parigi per un vertice, ha evocato possibili manipolazioni: ‟Ogni fuga di notizie è mirata”, ha detto il presidente russo che da ex colonnello del Kgb di disinformazione se ne intende.
Queste indiscrezioni dicono infatti il contrario di ciò che sembra. Forniscono la ‟prova” che fino al mese scorso bin Laden fosse vivo. Non è la prima volta che la sua morte viene ‟rivelata”. E le successive smentite insufflano per mesi ancora una vita virtuale al leader di al Qaeda, proprio come i notiziari sull'agonia mantenevano in vita mediatica il caudillo spagnolo.
Secondo alcuni bene informati, Osama bin Laden sarebbe infatti già morto da anni: la tesi più accreditata lo vuole defunto per insufficienza renale dopo che i bombardamenti statunitensi sull'Afghanistan avevano ucciso il suo medico personale che gli somministrava le indispensabili dialisi. Magari però anche questa è intossicazione. La sua vita o la sua morte evolvono nella nebbia del può darsi e del si dice. Le uniche cose certe sono due.
1) Nessuno ha interesse a un bin Laden morto: la sua scomparsa priverebbe ‟l'asse del bene” del suo Principe della Notte, del suo Satana privato, e minerebbe la risoluzione dei popoli americano e inglese a combattere la ‟guerra la terrorismo”. Meglio continuare a immaginare questo Belzebù rintanato negli antri dell'Hindukush.
2) Nello spazio virtuale bin Laden è vivo e vegeto. Conciona solo da video sulla cui veridicità nell'era del ritocco digitale nessuno può giurare (persino le foto non costituiscono più prova nei processi americani). E in questo spazio forse continuerà a predicare la guerra santa quando le sue ossa saranno ormai ridotte in polvere: il vicepresidente Dick Cheney ci ha promesso infatti una ‟guerra dei 50 anni” al terrore.
Ps. Per un morto che viene mantenuto in vita annunciandone periodicamente il decesso, l'attualità ci propone un vivo defunto suo malgrado: accade al linguista Noam Chomsky che il suo ammiratore sfegatato, il presidente venezuelano Hugo Chavez, si è rammaricato di non aver potuto conoscere in vita. Il 77enne Chomsky avrebbe potuto rispondergli come Mark Twain quando lesse l'annuncio della propria morte: ‟È una notizia grossolanamente esagerata”

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …