Efraim Medina Reyes: Lo scherzo

17 Ottobre 2006
Ezequiel ed Ezequiel, due amici inseparabili, andavano tutte le sere in un piccolo bar chiamato Puerta del sol, alla periferia di Madrid. I due erano bassi di statura, avevano la pelle olivastra e gli occhi grandi e scuri. Erano entrambi sordomuti. In realtà più che amici sembravano fratelli gemelli.
Si sedevano sempre allo stesso tavolo, di fronte al vecchio televisore, e rimanevano assorti a guardare il telegiornale; a uno piaceva il vino, l'altro preferiva le bibite gassate. Lavoravano come muratori e dividevano un minuscolo appartamento a pochi isolati dal Puerta del sol. Nessuno li aveva mai visti in compagnia di altre persone.
L'Ezequiel che beveva vino aveva un neo in mezzo alla fronte e non sorrideva mai, l'altro sorrideva sempre. I clienti del bar provavano curiosità e simpatia nel vederli conversare ore e ore con il linguaggio dei segni. In realtà nessuno conosceva i loro veri nomi: Ezequiel ed Ezequiel erano stati chiamati così dal padrone del bar. Anche il luogo da cui venivano era un mistero. Quando qualche cliente cercava di avvicinarli usando il loro linguaggio, loro lo guardavano perplessi e poi facevano segno di non capire.
Lo scorso 15 luglio la tranquilla routine del Puerta del sol è stata interrotta bruscamente da diversi spari; i clienti seduti ai tavoli e al bancone si sono gettati a terra terrorizzati mentre altri correvano verso l'uscita. Il padrone del bar e sua moglie si sono nascosti dietro il bancone.
Il ragazzo che aveva sparato è uscito tranquillamente, con l'arma in mano, ed è sparito in lontananza. La moglie del proprietario è stata la prima a rialzarsi e a vedere i corpi di Ezequiel ed Ezequiel stesi sul tavolo, uno sopra l'altro, sanguinanti. L'Ezequiel con il neo respirava ancora, l'altro era stato colpito da un proiettile al cuore e il suo eterno sorriso si era trasformato in una strana espressione d'incredulità e di dolore.
Quando finalmente è arrivata l'ambulanza l'Ezequiel con il neo era morto. Tutto il bar conosceva il nome e l'indirizzo del ragazzo che aveva sparato, conosceva i suoi genitori e i nonni. Tutto il bar era colpevole di quella morte, tranne l'assassino.
Il ragazzo si chiama Manolo, ha ventitré anni, è alto un metro e sessanta, pesa ottantacinque chili, gli piacciono i film di azione e le gare di motocicletta. Non ha la patente e la sua mente è come quella di un bambino di quattro anni. La pistola era del nonno, Manuel Kalmanozviz, un ex venditore di sciroppi per la tosse di origine ebrea, che era solito venire al bar per prendere un caffè mentre il nipote si piazzava davanti ai videogiochi.
A volte Manolo riusciva a eludere la vigilanza del nonno e veniva al bar da solo. Il proprietario gli dava dei gettoni per giocare e il ragazzo telefonava al nonno che poi passava a riprenderlo. I clienti, che lo conoscevano da sempre, si divertivano a fargli degli scherzi.
Poiché i sordomuti incuriosivano tanto Manolo, il quale non faceva che domandare chi fossero, i clienti inventavano delle storie; una volta gli avevano detto che erano extraterrestri e per questo comunicavano con le mani, poi che erano due samurai usciti dallo schermo del videogioco, mentre l'ultima versione descriveva i due Ezequiel come terroristi islamici che cercavano un ebreo di nome Kalmanozviz per vendicarsi degli attacchi contro il Libano. Non avevano mai immaginato che i loro ripetuti scherzi potessero avere un esito tragico.
Alla polizia, con l'innocenza di chi non capisce la gravità delle proprie azioni, Manolo aveva spiegato che voleva solo difendere il nonno.
"Quelli, i terroristi", aveva detto senza scomporsi, "cercavano il nonno per fargli del male".
Guidata da Manolo, la polizia interrogò diversi clienti del bar che avevano bollato come terroristi i due sordomuti. I clienti affermarono di non ricordare quello che avevano raccontato a Manolo, che stavano solo chiacchierando e scherzando tra di loro e molto probabilmente il ragazzo, a causa del suo "problema", aveva capito male.
Il padrone del bar li appoggiò dicendo che fare scherzi non era un delitto e incolpando la famiglia di Manolo per non aver tenuto la pistola in un posto più sicuro. "E comunque", aveva aggiunto la moglie del barista, "con gli arabi non si sa mai". "Arabi?", chiese infastidito il poliziotto. "Chi le ha detto che erano arabi? Le due vittime venivano dal Sudamerica, uno dal Perù e l'altro dall'Ecuador".
Ricordo che alcuni anni fa una casalinga di Toronto denunciò alla polizia di aver ricevuto minacce di morte per aver chiamato Maometto un furetto che teneva come animale domestico. Decise allora di ribattezzarlo Budda, ma le minacce cambiarono solo d'accento.
Non so come finì per chiamarsi il furetto, il fatto è che dietro a uno scherzo si può nascondere molta robaccia: razzismo, odio, meschinità, xenofobia. In certi tipi di scherzi il desiderio di ferire e umiliare è evidente; essendo io extracomunitario, meticcio, colombiano con sangue e cognome arabo per parte di padre, li sento spesso durante i miei viaggi e non li trovo affatto divertenti.
Anch'io conosco un sacco di battute stupide, ma prima di aprire bocca preferisco ricordare che dal ridere si può anche morire.

Efraim Medina Reyes

Efraim Medina Reyes è nato nel 1967 a Cartagena e vive tra la Colombia e l’Italia. Nel 1995 ha vinto il Premio nazionale per il racconto con la raccolta Cinema …