Marco D'Eramo: California. Contro Bush, ma con Schwarzy

26 Ottobre 2006
Il sette novembre uno degli stati più filodemocratici, la California, rischia di essere il solo a dare un dispiacere al partito democratico. A livello nazionale tutti i sondaggi danno infatti i repubblicani in caduta libera. Per il complicato sistema elettorale statunitense però, questo crollo generale può anche non tradursi in un tonfo nel numero dei seggi, anche se ormai le cifre sono tali che almeno uno dei due rami del Congresso (la Camera dei deputati) ha molte probabilità di passare in mano ai democratici, per la prima volta da 12 anni.
Ma in California, dove l'attenzione è concentrata sul voto per la carica di governatore, nei sondaggi il candidato democratico Phil Angelides si trascina con più di 20 punti di svantaggio rispetto al governatore uscente repubblicano, il divo cinematografico dei film di azione Arnold Schwarzenegger. Per fiutare l'aria che tira e il contrasto tra la brezza californiana e il vento contrario in tutto il resto del paese basta citare la battuta che (l'ex) Terminator ha detto in uno show tv quando gli hanno chiesto se è legato al presidente George Bush: ‟Sono collegato a lui tanto sono vicino all'Oscar” (premio che notoriamente non riceverà mai), come se il giovane Bush fosse un lebbroso. Per vincere l'interprete di Conan il barbaro deve prendere tutte le distanze possibili dal presidente. Non era così quando l'ho ascoltato 2 anni fa, nell'agosto 2004, alla Convention repubblicana a New York: allora il divo del body building era bushiano sparato.
E pensare che solo un anno fa Schwarzy - come viene chiamato qui - era, almeno politicamente, un cadavere ambulante e veniva dato per sicuro sconfitto nelle elezioni di quest'anno. Allora come ha fatto a compiere questa rimonta straordinaria?
Giro la domanda ad Allan Hoffenblum. È stato per anni direttore di campagna elettorale, ma ora pubblica un suo annuario: ‟Il direttore di campagna deve aiutare a raccogliere i fondi, definire la strategia, pianificare le mosse, ripartire i soldi nei vari canali (giornali, tv, volantinaggio, lettere, telefonate, comizi...). È un lavoro durissimo, così nel 1996 ho smesso e ho lanciato una pubblicazione, California Target Book, il cui abbonamento costa 1.950 dollari, che consiste ogni anno di un libro che contiene tutti i dati politici della California, circoscrizione per circoscrizione, e poi di un aggiornamento mensile di questi dati (ma durante l'ultimo mese di campagna l'aggiornamento è quotidiano). Lo posso pubblicare perché ho una fittissima rete di contatti e di fonti d'informazioni in tutti e due i campi. Faccio tutto da solo e ho 300 abbonati tra cui grandi giornali come il Los Angeles Times, agenzie come l'Ap, corporations come At&t, Boeing, Hewlett & Packard, catene di ospedali, università, politici, sindacati, banche”.
Reduce dal Vietnam (in aviazione), decorato al valor militare, sulla sessantina, grassottello, capelli candidi, dita curatissime che ostentano un anello con diamantino, Hoffenblum personifica le ambiguità degli spartiacque politici negli Usa: è infatti insieme repubblicano, ebreo e dichiaratamente gay.
‟I repubblicani si erano alienati due componenti fondamentali del voto californiano: i latinos e le donne. Molti latinos sono contro i gay, sono contro l'aborto perché cattolici, fautori dei 'valori familiari', conservatori anche sui temi della politica economica. Se il partito repubblicano li avesse trattati un po' meglio, non avrebbero votato in massa contro di noi. Lo stesso avviene con l'elettorato femminile: agli occhi delle donne, noi repubblicani siamo rappresentanti di commercio della National Rifle Association (l'associazione dei fabbricanti di armi) che mettiamo in mano pistole e mitra a quei matti che vanno poi nelle scuole a sparare ai loro figli. I democratici parlano di eguaglianza retributiva tra uomini e donne, di congedi familiari pagati, tutte cose che i repubblicani combattono. Agli occhi delle donne, i repubblicani sono sempre il club dei maschietti che quando ci sono in ballo cose importanti fanno uscire le donne. Se guardi ai californiani che si sono registrati come elettori, tra i democratici sono in maggioranza donne, tra i repubblicani uomini. Lo stesso che per gli ebrei: io sono ebreo e, quando 35 anni fa entrai nel partito repubblicano, mi accorsi che solo il 10% degli ebrei era repubblicano. Eppure ebrei, in particolare i fondamentalisti come gli hassidim, avevano posizioni assai vicine alle repubblicane. I miei compagni di partito si stupivano. Ma io dicevo loro: ‘Se aboliste il linguaggio antisemita e la smetteste di vietare gli ebrei di diventare membri dei vostri club, forse vi aborrirebbero di meno’.
Nel 2002 infatti i democratici avevano vinto tutte le cariche: e cioè governatore, lieutenant governor, tesoriere, attorney general, controllore, sovrintendente scolastico, commissario alle assicurazioni. Le due senatrici che rappresentano la California a Washington sono democratiche: Barbara Boxer, più di sinistra, e Dianne Feinstein, più moderata. Poi però vinse un referendum che obbligava l'appena rieletto governatore democratico Gray Davis a rimettere in ballo la propria carica. E fu qui che Schwarzenegger si presentò imprimendo una svolta di 180 gradi alla politica del partito repubblicano che allora qui in California era in mano alla destra radicale e conservatrice. Schwarzy si presentò come politico aperto ai gay, favorevole all'aborto, sensibile ai temi verdi, ma assolutamente liberista e privatista in politica economica. Su questa piattaforma ‟moderata” l'interprete di Conan fu eletto con una valanga di voti, ma dovette fare i conti con tutto il parlamento californiano (camera e senato) e con tutte le altre cariche dello stato in mano democratica. ‟E allora commise un errore politico, credette che la sua popolarità gli consentisse di fregarsene dei democratici, si mise a definirli 'femminucce'. Non era questo Scharzenegger che gli elettori avevano votato e glielo ricordarono respingendo tutte le sue proposte. In più si mise contro i potentissimi sindacati del personale pubblico, degli insegnanti, e il sindacato degli infermieri. Insomma un disastro, la sua popolarità andò in picchiata. A quel punto andò in tv a scusarsi con i californiani: "Ho sbagliato. Chiedo scusa. Ho imparato la lezione". Da quel momento ha lavorato a stretto contatto con i democratici, ha emanato leggi volute dai democratici e contrastate dai repubblicani, come l'aumento del salario minimo o la riduzione di emissioni di anidride carbonica. E, miracolo, è ritornato popolare. E poi il candidato democratico Angelides è debolissimo. Non ha l'appoggio neanche dei sindacati che con Schwarzy hanno avuto una buona cooperazione quest'anno. La California è la patria del cinema: secondo te tra un divo di statura mondiale e un ragioniere, un contabile (Angelides è ora tesoriere dello stato), i californiani chi eleggono? Ecco spiegata la risalita nei sondaggi”.
Uno dei simboli di questa rimonta è il sostegno pubblico che è venuto a Schwarzy dal regista e produttore hollywoodiano Steven Spielberg, da sempre filo- democratico.
Perché è vero che almeno dal 1958 la California vota in maggioranza per i democratici al Congresso di Washington, ma è anche vero che Ronald Reagan cominciò la sua folgorante carriera politica come governatore di questo stato e che l'ideologia reaganiana nacque qui, in particolare nella Orange County dove prese corpo quel fenomeno che poi fu definito come i ‟Reagan democrats”, operai che però erano machisti, antifemministi, antiaboristi, antigay, anti-liberal. Sono gli elettori californiani che votano democratico ad aver approvato il referendum sull'infame legge dei Three strikes: se sei condannato tre volte, non esci più di prigione per tutta la vita: questo fa sì che quello delle ‟Correzioni” (qui si usa questo termine assai foucaultiano per descrivere l'industria carceraria) sia il settore economico in più rapido sviluppo in questo stato.
La California esprime perciò tutta l'ambiguità dell'elettorato statunitense: vi sono americani che votano democratico perché sono a favore dei temi liberal (gay, femminismo, aborto, ecologia), ma sono in realtà assai reaganiani in politica sociale ed economica, spesso perché molto agiati (e quindi favorevoli ai tagli fiscali). Al contrario vi sono elettori, come la maggioranza dei neri, che votano democratico perché sono a favore di uno stato sociale, di tasse più alte, di migliori servizi (sanità, scuola), meno discriminazione, ma sono invece assai spesso anti-gay, anti-femministi e se ne fregano dell'ambiente, come gli operai del Michigan, accaniti cacciatori, democratici ma contrari alla limitazione delle armi.
Perciò, vista dalla California la crisi del bushismo non è dovuta tanto a una controffensiva democratica, quando a una rivolta dei moderati contro l'estremismo di quest'amministrazione, contro la sua bigotteria, contro una guerra sempre più impopolare. Su questi moderati fonda le speranze repubblicane Hoffenblum: ‟Sapendo che Schwarzenegger vincerà a valanga, molti democratici non andranno a votare, resteranno a casa e potrebbero così favorire la tenuta repubblicana in quei due o tre distretti che sono davvero in bilico” (in tutti gli altri i deputati uscenti saranno rieletti di sicuro anche perché le circoscrizioni elettorali sono state ridisegnate in modo da garantire la rielezione sia dei democratici, sia dei repubblicani). Dissente da questa previsione il saggista Marc Cooper che tiene due rubriche politiche su due settimanali, The Nation e LAWeekly: ‟La base politica del bushismo ha collassato, anche perché l'amministrazione ha giocato troppo pesante sull'11 settembre. Gli elettori democratici non si asterranno. I democratici vinceranno. Così sarà finalmente sgonfiato il mito, tutto di sinistra, dell'invincibilità repubblicana. Io non ne posso più dei progressisti che fanno di Carl Rove (il consigliere politico di Gorge Bush) un genio del male. Sono contro gli adoratori di sinistra di Rove. Queste elezioni saranno perciò importanti per finirla con la mitizzazione di Dick Cheney-Satanasso. Ma saranno importanti anche perché mostreranno che i democratici non costituiscono un'alternativa reale”.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …