Marco D'Eramo: Verso le primarie democratiche. Hillary, una donna sola al comando

22 Novembre 2007
‟Hillary Clinton non mi piace, per certi versi la disprezzo, ma se sarà lei la candidata del partito democratico, allora la voterò, non ho dubbi” mi dice Francis Fox Piven, una delle più autorevoli specialiste di scienze politiche della sinistra statunitense. La posizione di Fox Piven è emblematica. L'ascesa della Clinton ha assunto un'aria d'ineluttabilità, la sua nomination sembra inesorabile, a meno di capitomboli imprevisti nelle prime primarie in Iowa il 14 gennaio, New Hampshire (15 gennaio) e South Carolina (29 gennaio), ma queste primarie potrebbero essere anticipate perché altri stati stanno anticipando le proprie per votare prima del fatidico 5 febbraio in cui si terranno primarie in 23 stati tra cui i più popolosi: California, New York, Illinois, Texas.
Alla prudenza invita il ricordo del 2004 quando l'avanzata di Howard Dean sembrava travolgente e invece fu stoppato dall'apparato di partito proprio in Iowa a favore di John Kerry. Ma c'è una differenza tra allora e adesso: nel 2004 a controllare la macchina democratica era Terry Mcauliffe, clintoniano di ferro, che invece ora è il manager della campagna di Hillary.
Ma se la senatrice dello stato di New York procede come una schiacciasassi, è soprattutto per le debolezze dei suoi avversari: il senatore dell'Illinois Barack Obama si è rivelato troppo incerto, prudente e avvocatesco, senza quello che qui è chiamato ‟istinto della giugulare”, la capacità di azzannare il morso letale appena l'avversario si scopre un po'; e l'ex senatore della Carolina (ed ex candidato alla vicepresidenza con John Kerry) John Edwards è riconosciuto da tutti come il migliore candidato possibile, l'unico a porre l'accento sulle ineguaglianze, ma nei sondaggi sta fermo al 14% e non sfonda. Gli altri candidati alla nomination sono per ora molto indietro: il governatore del New Mexico, Bill Richardson, il deputato dell'Ohio Kennis Kucinich, il senatore del Delaware Joseph Biden, il senatore del Connecticut Chris Dodd.
All'inarrestabile avanzata di Hillary contribuisce la sua incredibile capacità di attirare fondi. A fine anno avrà raccolto finanziamenti per ben oltre i 100 milioni di dollari, un record impressionante: anche Obama è un potentissimo aspiradollari, ma bisogna vedere se continuerà a esserlo ora che il suo impulso iniziale, il suo aire, sembra scemato. Inoltre Hillary ha l'appoggio dei pilastri tradizionali dell'elettorato democratico: i sindacati (pur con qualche defezione a favore di Edwards e Obama) e i neri. Hillary è in vantaggio su Obama di una ventina di punti tra gli elettori democratici afro-americani, un distacco che è raddoppiato negli ultimi mesi. Ma l'incedere da divisione corazzata non suscita l'entusiasmo dei democratici, e soprattutto crea una mobilitazione senza precedenti in campo repubblicano contro di lei. La sinistra democratica ha buone ragioni per non amarla.
Hillary è cresciuta all'ombra dei New Democrats, di cui suo marito è stato l'esponente di maggior spicco, quel gruppo di politici - provenienti soprattutto dagli stati del sud - che dal 1985 si aggregano intorno al Democratic Leadership Council (istituzione oggi in profonda crisi), che si erano dati per slogan la ‟terza via”, ma la cui ‟novità” consisteva nell'accettare in parte l'eredità della deregulation reaganiana, così come qualche anno più tardi, in Gran Bretagna, il New Labour di Tony Blair avrebbe accettato parte del retaggio thatcheriano. La sinistra non dimentica inoltre i voti in Senato di Hillary nel 2002 a favore della guerra in Iraq e quest'estate per dichiarare organizzazione terroristica i guardiani della rivoluzione iraniana (a tutti gli effetti un corpo di un esercito di uno stato straniero). Più in profondità è la storia stessa della sua vita che allontana da Hillary l'ala progressista. Contrariamente all'idea diffusa che, poiché era giovane negli anni '60 (è nata nel 1947), fosse fin dall'inizio una proto-liberal, le sue origini sono tenacemente conservatrici.
Nata e cresciuta vicino Chicago, in un agiato suburbio politicamente conservatore, Hillary Rhodam frequentò assiduamente la chiesa metodista di cui era chierichetta e in cui s'imbevve della teologia conservatrice di Paul Tillich e Reinhold Niebuhr (che poi sarebbe stato arruolato in campo liberal), e al liceo divenne un'attivista del partito repubblicano tanto da diventare presidente della sezione giovani repubblicani di Wellesley, e anche Goldwater Girl, cioè sostenitrice del senatore dell'Arizona Barry Goldwater, conosciuto come Mr. Conservative.
Più tardi, laureata a Yale e già avvocato, pensò ad arruolarsi tra i marines, ma ne fu dissuasa dal giovane marine dell'ufficio reclutamento (come se ne trovano in ogni cittadina Usa): almeno così raccontò in un'intervista del 1994, quando però la coppia Clinton aveva seri problemi con gli alti gradi militari per via dello scontro sui gay nell'esercito. Non si sa perciò se quest'intervista corrisponda a verità o servisse solo ad ammorbidire i generali: in ogni caso è sintomatica del suo carattere.
Trasferitasi in Arkansas con Bill Clinton che aveva sposato nel 1975, entrò a far parte dello studio Rose Law Firm che curava gli interessi della potente catena di distribuzione Wal-Mart nota per le sue pratiche anti-sindacali. Quando poi suo marito divenne governatore dell'Arkansas dal 1979 al 1981 e dal 1983 al 1992, pur da first lady dello stato, Hillary continuò a esercitare nello studio legale (specializzandosi in brevetti e proprietà intellettuale) ed entrò a far parte di vari consigli di amministrazione, tra cui quello di Wal-Mart, di Lafarge (la più grande impresa di cemento al mondo), Tbcy (catena in frachise di yougurt surgelato).
I suoi otto anni alla Casa bianca sono di solito ricordati per il clamoroso fallimento della riforma della sanità che il marito le aveva affidato, e per la vicenda Monica Levinski. Da quando arrivò a Washington nel 1992, fece subito parte di un gruppo religioso noto come la Fellowship (ma chiamato anche The Family), un'associazione assai riservata, alle soglie della segretezza, che riunisce politici di tutte le tendenze, finanzieri, industriali, diplomatici, ufficiali superiori, in cellule separate sessualmente, e il cui unico evento pubblico è il National Prayer Breakfast che dal 1953 si tiene ogni anno il primo giovedì di febbraio a Washington e a cui quest'anno hanno partecipato, a 500 dollari a testa, 3.400 commensali-preganti.
La cellula della Famiglia di cui fa parte la Clinton comprende anche la moglie del consigliere di Bush padre, James Baker e la moglie del politico conservatore Jack Kemp. La ‟Famiglia” ha una lunga storia di rapporti con dittatori come l'indonesiano Suharto, il generale brasiliano Costa e Silva, il generale salvadoregno Carlos Eugenio Vides Casanova (condannato per migliaia di torture da un tribunale della Florida), il generale honduregno Alvarez Martinez (lui stesso pastore evangelico). Negli ultimi anni, oratori del Prayer sono stati il re di Giordania, Abdullah II, il cantante Bono, il presidente George W. Bush. Perciò si può capire come i cuori progressisti non battano all'impazzata per Hillary. Però neanche tra i democratici moderati Hillary suscita entusiasmi sviscerati, ma questa volta per un motivo diverso: costoro dubitano infatti che, una volta ottenuta la nomination, lei sia in grado di vincere, la sua electabililty, come si dice qui. In primo luogo per la ragione appena addotta, e cioè per la mancanza di entusiasmo che lei suscita nella parte più motivata e militante del partito, quella che di solito fornisce i battaglioni d'assalto degli attivisti durante la campagna elettorale. Se loro non sono motivati, e se - peggio - si astengono il giorno del voto, le possibilità di vittoria si assottigliano.
Senza tener conto della cabala politica: da 47 anni mai un candidato senatore è riuscito a vincere le elezioni (di solito hanno vinto i governatori: Carter, Reagan, Clinton, Bush), non solo, ma sempre da 47 anni nessun politico rappresentante il nordest atlantico è mai diventato presidente (l'ultimo fu appunto il senatore del Massachusetts John Fitzgerald Kennedy). Hillary è insieme senatrice e rappresentante del nordest.
Per di più, Hillary è assai vulnerabile, per il suo passato e per suo marito. I repubblicani sono specialisti delle campagne sporche e - il minuto dopo la nomination - Hillary si vedrà ricoperta da una montagna di merda tirata a palate da tutti i media e i blog repubblicani. I suoi rovesciamenti di opinione su Iraq, Iran, patenti agli immigrati, fanno di lei un bersaglio perfetto per l'accusa di voltagabbana (flip flop), mentre nuovi amori di suo marito la rendono esposta ai pettegolezzi più luridi. Infine, se non uscita passioni ardenti fra i suoi, in compenso provoca un'ostilità viscerale tra i repubblicani, rischiando di far aumentare la loro partecipazione al voto, in nome dello slogan Anybody but Hillary (Chiunque tranne lei). Se venisse nominata, ai democratici resterebbe solo da sperare che Hillary Rhodam Clinton sia abbastanza spietata, cinica e schiacciasassi da non farsi distruggere dagli attacchi, ma da ribatterli colpo su colpo.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …