Marco D'Eramo: Primarie 2008. La penultima spiaggia di Hillary

11 Gennaio 2008
Oggi nel piccolo stato del New Hampshire si tengono le primarie democratiche e repubblicane per la nomination a candidato presidenziale. Da cinque giorni fa, quando si sono tenuti i caucuses dell'Iowa, la dinamica elettorale è cambiata. Allora sembravano favoriti tra i democratici la senatrice di New York, Hillary Clinton, e tra i repubblicani l'ex governatore del Massachusetts, l'uomo di affari mormone Mitt Romney.
Oggi, grazie alla vittoria in Iowa del senatore democratico dell'Illinois, l'afro-americano Barack Obama, e quella dell'ex governatore repubblicano dell'Arkansas, il pastore battista rockettaro Mike Huckabee, la situazione si è capovolta in ambedue i campi, ma non in modo simmetrico. L'unico elemento comune è che il piombo della precedente sconfitta ha appesantito le ali sia della Clinton, sia di Romney, che i sondaggi danno per sconfitti, e in seconda posizione, anche qui nel New England. Ma mentre in campo democratico a profittare dell'indebolimento dell'avversario è il vincitore dello Iowa, cioè Obama, tra i repubblicani invece, a profittare non è il vincitore dello Iowa, Huckabee, che i sondaggi danno solo terzo posto al 13 %, bensì il senatore dell'Arizona ed ex prigioniero di guerra in Vietnam, John McCain (34%).
Va detto che, proprio per le minuscole dimensioni dello stato, i sondaggi non sono molto attendibili, tanto è vero che su quattro sondaggi, due danno Obama vincente su Clinton con un margine di più di 10 punti (fino a 13) intorno al 40% contro 30%; uno lo dà vincente per soli due punti (33 a 31), un altro dà in testa di due punti la Clinton (32 a 30). Ma questi sondaggi hanno un margine di errore di ± 3%: ovvero, se il sondaggio dice 30, potrebbe essere 27 o 33.
La mossa che si è rivelata vincente per Obama è l'aver puntato sulla parola «cambiamento», termine di cui non può facilmente fregiarsi la Clinton, sia per l'età (ha compiuto 60 anni contro i 47 di Obama), sia per essere stata per otto anni first lady (dal 1992 al 2000) ed essere già al suo secondo mandato in senato. Poco importa che nell' oratoria di Obama il verbo «cambiare» diventi intransitivo, cioè senza oggetto, e che nei suoi discorsi la parola «cambiamento» sia abbastanza vuota; è tuttavia qualcosa contro cui Hillary non può competere.
Perciò in questi giorni lo staff della campagna della Clinton ha cercato altre linee di sfondamento. La principale è che Obama è davvero elusivo sulle sue posizioni. Ma è una tautologia dire che è quasi impossibile inchiodare sull'elusività un elusivo. Consulente elettorale di Hillary, e a suo tempo di Bill Clinton e Tony Blair, è Mark Penn, presidente e amministratore delegato della quinta agenzia al mondo di public relations - la Burson-Marsteller - che cura l'immagine delle grandi del tabacco. Ora Penn può avere ragione quando accusa Obama di essere un voltagabbana (flip-flop), quando fa notare per esempio che Obama si è detto contro il Patriot Act ma poi al Senato ha votato a favore; si dice per l'ambiente ma ha votato per la legge sull'energia formulata da Cheney; propone la riforma sanitaria, ma ha votato al Senato contro l'assistenza sanitaria universale; ha basato la sua campagna sull'opposizione alla guerra in Iraq ma ha votato per lo stanziamento dei fondi per proseguire la guerra. Tutto vero: ma è proprio quest'ambiguità a piacere ai centristi indecisi, e poi non convince un attacco tardivo, percepito quasi come una mossa disperata dai giovani fans di Obama, che della sua elezione fanno una questione quasi generazionale, indipendentemente dai contenuti. Ieri poi Hillary è stata costretta a smentire di aver pensato di ritirarsi dalla corsa: lo aveva scritto Drudge Report, sito web noto per gossip e veleni. Per concludere con i democratici, l'ex senatore del North Carolina John Edwards è dato terzo al 16-20%, mentre il governatore del Nuovo Messico Bill Richardson è dato al 3-6 %.
Per quanto riguarda i repubblicani invece, paradossalmente la vittoria di Huckabee ha rilanciato la campagna di John McCain, che languiva da mesi sia in termini di popolarità nei sondaggi, sia di raccolta fondi. Questa sorta di rentrée dipende dalla totale insoddisfazione della base repubblicana per i candidati che finora le sono stati proposti. Non li convince l'ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, che dall'11 settembre 2001 si definisce «il sindaco d'America», perché troppo favorevole a gay, aborto e poi perché newyorkese (specie animale odiata in tutto il resto degli States); non li convince Mitt Romney perché la sua religione mormone, con i suoi riti segreti, esala un odore sulfureo, e perché con la sua avvenenza plasticosa sembra sempre di più un opportunista, pronto a cambiare bandiera a seconda degli umori popolari.
Neanche il vincitore dello Iowa, Huckabee, risulta in grado di farsi eleggere il 4 novembre, nonostante ieri sia stato avallato in un intervento sul New York Times dall'alfiere dei neoconservatori, William Kristol. Per quanto comunicativo, suonatore di chitarra (nella sua band Capital Offense), fanatico di Chuck Norris (il protagonista del serial Texas Ranger), per quanto sia il beniamino dei conservatori cristiani, difficilmente Huckabee potrebbe sbarrare il passo a un Obama o una Clinton. Già è meno impresentabile un McCain, per quanto insoddisfacente per l'età (71 anni) e per un'intransigenza che sfiora e rasenta il cattivo carattere.
Ma l'aspetto più curioso delle primarie di oggi è che McCain e Obama pescano nello stesso bacino degli elettori che si sono registrati come «indipendenti» e che in uno swing state come il New Hampshire sono particolarmente influenti. Il problema è che ogni indipendente può votare per una sola primaria: o democratica o repubblicana.
Così ogni voto indipendente dato a Obama favorisce Romney tra i repubblicani, mentre ogni voto indipendente dato a McCain favorisce Hillary tra i democratici. Alle ore piccole di questa notte sapremo come è andata.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …